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Polemiche, rumori e cose da aspettare alla Mostra del cinema di Venezia

Una breve guida ai film più attesi e discussi della 79esima edizione, tra l'ennesimo tentativo di Netflix di produrre un film che vincerà l'Oscar e il ritorno sul Lido di tanti grandi registi.

di Studio

Un'immagine di Rumore Bianco di Noah Baumbach, film che aprirà la 79esima Mostra del Cinema

Durante la conferenza stampa di presentazione della 79esima edizione della Mostra del cinema di Venezia, in programma dal 31 agosto al 10 settembre, il direttore artistico Alberto Barbera detto di voler aprire «una finestra sul mondo» e cercare di evitare «le bolle chiuse che non guardano alla realtà». Immagini che in quell’occasione gli erano servite a spiegare – giustificare? – una certa seriosità – pesantezza – dei film selezionati per l’edizione 2022 della mostra. Perché ci sono così poche commedie, si chiedevano in molti in quei giorni. Questa dovrebbe pure essere l’edizione in cui ci si mette (quasi) definitivamente alle spalle le restrizioni degli anni di pandemia: via il muro anti folla attorno al tappeto rosso, via la capienza ridotta nelle sale (anche se rimane la prenotazione obbligatoria, che sta già dando dei problemi), via l’obbligo di indossare la mascherina. Ci vorrebbe un po’ più di allegria, dicevano in molti in quei giorni a Barbera. E lui rispondeva che ad aprire una finestra sul mondo in questo momento non viene proprio nessuna voglia di ridere, anzi: ci si ritrova costretti a vedere «anche cose che preferiremmo non vedere, come la guerra in Ucraina, gli arresti dei cineasti in Iran [uno dei titoli più attesi è Gli orsi non esistono di Jafar Panahi, che al momento sta scontando una condanna a sei anni in un carcere di Teheran, nda] o la condanna alla produttrice turca a causa di un documentario che non è mai stato realizzato». Alla necessità di vedere anche le cose che preferiremmo non vedere Barbera ci crede talmente tanto da aver deciso che questo era l’anno giusto per portare a Venezia un documentario di Oliver Stone in cui quest’ultimo ci spiega perché sarà l’energia nucleare a salvare il nostro amato pianeta.

Tra quelli che non hanno nessuna voglia di ridere c’è anche Netflix, che a questa Mostra ci arriva con l’esasperazione di chi non sa più come fare per vincere l’Oscar nella categoria “Miglior film”. Siccome Venezia rappresenta anche l’inizio della lunghissima stagione dei premi, quest’anno Netflix vuole mettere subito le cose in chiaro: quattro dei ventitré film in concorso portano il logo della N rossa e tutti sono considerati possibili vincitori. Rumore bianco di Noah Baumbach, con Adam Driver e Greta Gerwig – fin qui una catastrofe produttiva arrivata a costare più di 140 milioni di dollari, compresi i funerali di tre membri della troupe morti sul set –  aprirà la Mostra questa sera: è la prima volta che Netflix riesce ad assicurarsi l’opening slot al Lido. Se Rumore bianco dovesse andare male, ci sono già pronte tre alternative: Blonde, il biopic su Marilyn Monroe con Ana de Armas, trasposizione vietata ai minori di diciotto anni del romanzo omonimo di Joyce Carol Oates; Athena di Romain Gavras, figlio di Costa-Gavras e apprezzato regista di video musicali (“No Church in the Wild” di Jay-Z e Kanye West e “Bad Girls” di M.I.A. erano suoi); e soprattutto Bardo di Alejandro González Iñárritu. Il cineasta messicano torna a Venezia – l’ultima volta ci era stato per la premiere di Birdman – con un film che lo aggiunge alla lista di registi che negli ultimi anni hanno deciso di tornare all’infanzia e/o alla gioventù: lo ha fatto Cuarón con Roma, poi Sorrentino con È stata la mano di Dio, quindi Branagh con Belfast e adesso arriva Iñárritu con Bardo, la storia di un affermatissimo giornalista e regista che torna nella sua casa messicana per risolvere un’improvvisa crisi familiare.

Quello del ritorno è il filo che tiene assieme diversi dei partecipanti e dei film di questa 79esima edizione della Mostra. Darren Aronofsky è un altro regista che torna al Lido – nel 2010 aveva aperto il festival con Black Swan – e torna alla redenzione con un film che a tutti ha fatto immediatamente venire in mente il Wrestler di Mickey Rourke. The Whale è la storia di un professore d’inglese solitario e obeso che cerca di ricostruire il rapporto con la figlia con la quale non ha praticamente mai avuto niente a che fare. Del film si sa ancora pochissimo, pare sia ambientato tutto in una sola stanza e che il protagonista Brendan Fraser regali l’interpretazione che probabilmente rilancerà la sua carriera (si parla già di vittoria scontata agli Oscar come miglior attore). Un altro ritorno è quello di Martin McDonagh, regista di Tre manifesti a Ebbing, Missouri ma soprattutto di In Bruges, piccolo capolavoro del 2008 con Colin Farrell e Brendan Gleeson. McDonagh torna a lavorare con Farrell e Gleeson in The Bashees of Inisherin, racconto di un’amicizia di vecchissima data in un minuscolo paese irlandese, la cui rottura rischia di far precipitare la comunità in una piccola guerra civile. Altro ritorno al Lido è quello di Luca Guadagnino con Bones and all, storia d’America reaganiana, anni Ottanta, adolescenza e cannibalismo in cui Timothée Chalamet, dopo il mullet di Don’t Look Up, sfoggia una nuova acconciatura destinata a rimanere impressa nella memoria.

Quello di Guadagnino è probabilmente il film italiano di cui si è parlato di più in questi giorni di attesa della Mostra, ma quest’anno la selezione dei titoli nostrani è particolarmente varia e stuzzicante. C’è grande attesa attorno a L’immensità di Emanuele Crialese, anche lui autore di un film che è un ritorno all’adolescenza, quindi alla Roma degli anni Settanta e alle canzoni di Raffaella Carrà, attraverso la storia di Clara (interpretata da Penélope Cruz). Poi, ovviamente, in ordine di hype viene Siccità di Virzì, che partecipa alla Mostra fuori concorso con un film dalla premessa assai attuale – una Roma “californiana” in cui non piove ormai da tre anni – e il solito super cast: Monica Bellucci, Claudia Pandolfi, Silvio Orlando, Valerio Mastandrea e Vinicio Marchioni. È in concorso invece Il Signore delle Formiche di Gianni Amelio, film a metà tra i biopic e il legal drama che racconta la storia del processo al poeta e drammaturgo Aldo Braibanti, interpretato da Luigi Lo Cascio.

Nonostante sia stato criticato per i pochi film diretti da donne sia tra quelli in concorso che tra quelli fuori, questa edizione della Mostra ha fatto della presenza di tante protagoniste femminili un punto d’orgoglio. Tilda Swinton in The Eternal Daughter di Joanna Hogg, Cate Blanchett – che per l’interpretazione di Lydia Tàr, prima donna a dirigere un’orchestra in Germania, ha imparato a leggere la musica e a dirigere davvero – in Tàr, Margherita Mazzucco (Lenù dell’Amica geniale) che dà il volto alla Santa Chiara di Susanna Nicchiarelli, Elodie che fa il suo esordio da attrice in Ti mangio il cuore. Anche se, probabilmente, la regista più attesa sul Lido quest’anno è Olivia Wilde con il suo Don’t worry darling. Sono in tanti a voler vedere questo film, per tante ragioni: perché potrebbe essere la consacrazione attoriale di Harry Styles, certo, ma anche – forse soprattutto – per vedere com’è venuto uno dei film dalle riprese più travagliate degli ultimi anni. All’inizio, infatti, il protagonista al posto di Styles doveva essere Shia LaBeouf ma, a causa delle denunce dell’ex fidanzata dell’attore, la cantante FKA Twigs, Wilde ha detto di essere stata costretta a licenziarlo per riportare la serenità sul set. LaBeouf, però, ha detto che non è stato affatto licenziato, se ne è andato lui di sua sponte. Poi è spuntato un video in cui si vede Wilde che, al telefono con LaBeouf, lo prega di tornare sullo stesso set dal quale diceva di averlo licenziato. Nel frattempo la co-protagonista del film, Florence Pugh, si è incazzata moltissimo con Wilde, non ha praticamente mai parlato di questo film sui social – di solito lei è molto attiva su Instagram – e ha detto che, finita la Mostra, non parteciperà a nessun altro evento previsto nella campagna promozionale. Chissà come ha preso, Pugh, la notizia che in questi giorni a Venezia ci sarebbe stato anche LaBeouf, a presentare Padre Pio, biopic sul santo di Pietrelcina diretto dal cattivo tenente Abel Ferrara.