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23:21 mercoledì 24 dicembre 2025
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Si intitola A Chair in the Air e racconta episodi di violenza realmente accaduti nella casa dei Reiner quando Nick era un bambino.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.

Una notte di pattuglia

Seconda puntata del nostro diario da embedded, lungo il confine tra Libano e Israele

26 Aprile 2012

BASE AVANZATA 1-31 (Libano del Sud) –

I ragazzi sono pronti per la pattuglia notturna. Stanotte l’assetto è eccezionale. Oltre ai due Lince, con a bordo sei uomini in tutto, sono stati aggiunti due VM Torpedo, chiamati semplicemente “Protetti”, mezzi blindati scelti stanotte per trasportare i giornalisti. Tra i soldati si avverte una certa tensione. Sono tutti concentrati.
La missione Unifil prevede un’accurata perlustrazione in ogni distretto del Libano meridionale, anche (e soprattutto) di notte. Perché è soprattutto sotto questo spettacolare manto di stelle, traffici di armi, spostamenti di milizie e sconfinamenti.

«Partiremo da Shama e ci sposteremo verso ovest, per seguire la costa fino alla Blue line», ci racconta il capo assetto. «Da qui rientreremo verso il nord, attraversando i villaggi di al-Mansuri e Majda Zun. Punteremo verso Wadi an Nalkhah e infine torneremo alla base». Tempo stimato: tre ore circa. Con la mano il capo indica i punti che la pattuglia toccherà sulla cartina. «Ci sono domande?» No, si parte.

Il caldo del giorni precedenti si è attenuato. E nella notte, oltre alla temperatura più bassa, c’è da contrastare la forte umidità. Il giubbotto antiproiettile non tiene caldo. Siamo tutti infreddoliti.

Ci si muove. Ordine di servizio: osservazione e ascolto dell’area indicata. Ai militari spetta il monitoraggio di eventuali spostamenti in Libano, così come oltre la Blue line. Anche l’esercito israeliano è suscettibile di violare la risoluzione Onu numero 1701. In ogni caso, Unifil deve riferire all’esercito libanese, il quale (in teoria) dovrebbe attivarsi in maniera concreta. «Siamo come un notaio che non può assolutamente intervenire sull’atto, ma solo certificarlo», piegano al comando generale Unifil. Poi, se è necessario adottare provvedimenti, la palla passa ad altri.

Nel “Protetto” c’è puzza di gasolio, poca luce e il fragore del motore. Un contesto usuale per chi scrive dal teatro operativo. Le scomodità vengono compensate dalla condivisione di essere, soldati e giornalisti, sullo stesso mezzo. Basta uno sguardo del bersagliere che mi è a fianco: «Benvenuto nel mio ufficio». Replico con un sorriso.

Dalla base di Shama alla postazione 1-31, ci sono circa dieci chilometri. Li percorriamo in mezz’ora. Una volta arrivati alla base avanzata si scende a terra. I venti uomini della postazione accolgono colleghi e giornalisti come in Italia si accoglierebbero dei parenti arrivati da lontano. Dopo due mesi di quasi isolamento, fa piacere vedere facce nuove. Un giro della struttura, la presentazione dei vari incarichi, infine l’osservazione di Israele. Dall’alto di una torretta di guardia si butta l’occhio al di là della Linea blu. Il silenzio è totale. Le stelle non si fanno scrupolo di illuminare l’uno o l’altro Paese. alle nostre spalle, la terra del Libano appare brulla, incontaminata. Al di là del confine, migliaia di luci. Villaggi israeliani apparentemente assopiti, ma con la mente sempre vigile per anticipare o reagire a eventuali azioni del nemico. Osservando bene la costa, si può arrivare fino ad Haifa. In linea d’aria, tra qui e Gerusalemme ci sono quasi 150 chilometri. Meno che da Genova alla Corsica.

Quel che la macchina fotografica non può inquadrare nel buio – in pattuglia i flash sono logicamente vietati – lo mette a fuoco il cervello. Non servono i visori notturni per capire in che mondo ci troviamo. Dall’alto di Wadi an Nalkhah, la gola scavata nei secoli da un fiumiciattolo appare plumbea. Laggiù in fondo può succedere di tutto. Può essere che stanotte, oppure domani, venga montata una rampa per il lancio di un razzo, come che transitino armi. Da Israele, a quel punto, si alzerebbe il grido: «Allarme Hezbollah!». Anche se non è detto che si tratti dei miliziani sciiti del “Partito di Dio”. Anzi, gli sciiti di Hezbollah da un po’ sono più propensi a darsi alla politica nella capitale, invece che all’azione. Fatto sta che, da quel Wadi, si scatenerebbe un nuovo inferno su tutto il Libano. «Siamo qui per evitare il peggio», mi dice, mormordando, l’ufficiale bersagliere. La luce è poca. Abbastanza però per far emergere il suo Casco blu piumato. Sempre nella penombra lo intravvedo che sorride.

Per il resto, silenzio. Si torna a Shama. Nulla da segnalare.

Potete rileggere qui la prima puntata «Mica vado in guerra»

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