Attualità | Polemiche

Assediati dai tassisti

Cronaca tragicomica di come non sia possibile sfuggire alla categoria più temuta e detestata del Paese.

di Antonio Pascale

Foto di Andreas Solaro/AFP via Getty Images

Alle sei e mezza di mattina, due ore prima di imbarcarmi per Torino, ho ricevuto una chiamata. Non ho risposto perché – ansioso e desideroso di fare le cose con la testa libera da problemi causati dagli imprevisti – ero già in aeroporto e stavo passando i controlli. Poi, mi sono detto, perché dovrei rispondere a uno che mi chiama alle sei e mezza di mattina? Ma le chiamate si sono susseguite al ritmo di una ogni tre minuti e alla fine, dopo il caffè, ho risposto, intenzionato a dire sicuramente hai sbagliato numero ma a parte questo, ma qualunque cosa succede, ti sembra il caso di chiamare alle sei e mezza di mattina?

Non ho avuto il tempo di pronunciare alcunché se non un “sììì!” pieno di astio, perché dall’altro capo c’era l’autista che mi doveva venire a prendere in aeroporto a Torino che in maniera perentoria, come se fossi un sottoposto, mi ha detto, in questa sequenza che poi ho pensato fosse pure logica, che: a) oggi c’è sciopero dei tassisti; b) probabile che non appena arrivo in aeroporto a prenderla ci tirano le uova se non peggio, quindi c) lei deve assolutamente uscire non agli arrivi ma alle partenze; d) dopodiché, mi raccomando, mi chiama e io arrivo ma e) non posso fermarmi, almeno non completamente né a lungo, perché rischiamo che ci tirano le uova se non peggio, quindi lei viaggia con zaino vero? (sì, ho risposto, volevo dire che anche se vado in Perù uso lo zaino e non il trolley perché i trolley mi danno fastidio, e poi mi piace viaggiare leggero, senza pensieri in testa, figuratevi quello di portarmi cose superflue, ma ovviamente non ho detto niente di tutto questo ma solo un sì), quindi f) non appena vede arrivare una lancia blu che procede a velocità moderata lei si prepari, dopodiché g) corra diretto verso la macchina e io h) le aprirò la portiera e lei i) salterà dentro perché, ha concluso, oggi c’è lo sciopero dei tassisti e quelli ci odiano a noi Ncc e vedrà che faranno le ronde per scovarci e tirarci le uova se non peggio. Poi visto che non rispondevo (stavo in effetti pensando al da farsi, se partire o rinunciare) mi ha chiesto di ripetere bene la sequenza delle cose da fare e in quell’ordine, cosa che, devo dire, ho fatto con molta precisione, anche se la lista di ordini di prima mattina mi ha notevolmente appesantito, come se avessi un trolley pieno di cose superflue.

A parte che all’aeroporto di Torino ho dovuto faticare per passare al secondo piano, cioè alle partenze, perché gli addetti mi indicavano le uscite tradizionali. Ma io ero un marine in missione segreta, quindi niente mi avrebbe fermato e infatti a) sono uscito, b) mi sono guardato intorno per vedere se c’era la ronda con le uova c) ho chiamato l’autista, d) ho atteso finché non ho visto la macchina etc. C’era un caldo e un sole che, nonostante avessi solo zainetto leggero per le ragioni sopra dette, sentivo il corpo pesante come se trascinassi qualcosa. Infine mi sono ritrovato in macchina con l’autista che ha detto che come rompono i tassisti nessuno mai e non era la prima volta che scioperavano per la questione delle licenze e che non era la prima volta che lui prendeva le uova, o se non peggio, subiva bucature di ruote, sfregi alla macchina, aggressioni verbali di quelle che si ricordano.

In effetti, passato lo shock per l’impresa, mi sono saliti alla mente dei ricordi: non era la prima volta che i tassisti scioperavano e nemmeno la prima volta che durante le manifestazioni alcuni di loro si erano impegnati a bloccare con cortei la città, sfondare cordoni di sicurezza a presidio dei luoghi simbolo, confermando la diceria che gira sui tassisti, romani soprattutto: che sono una lobby che fa quello che vuole e che proprio non sopporta la concorrenza, creando barriere assurde al mercato, impendendo la concorrenza che ha i suoi vantaggi. Infatti, molte persone che conosco mi dicono: scusa eh, ma io invece di telefonare, che poi a pensarvi bene è un gesto vecchio, cerco autista Uber con apposita applicazione, e mi arriva una bella macchina a prendermi, con uno vestito bene, in giacca e cravatta che non ascolta le radio romane che straparlano di calcio, quindi non devo per forza ascoltare quel mugugno dello sportivo sempre in pena, sempre arrabbiato, sempre astioso che mi rovina e quantomeno mi influenza la giornata (sì, lo capisco, perché durante il viaggio queste cose influenzano). Insomma io con applicazione e non telefonando che è una cosa degli anni ’70 cerco autista Uber e pago pure lo stesso, qualche volta meno, insomma: ma perché non posso scegliere?

E nel frattempo l’autista – anche lui molto nervoso e pure juventino – mi spiegava le obbligazioni che loro Ncc sono costretti a subire per volere dei tassisti, cioè tornare sempre in rimessa dopo un trasporto. Quindi, di fatto, se lui parte da Torino verso Milano per accompagnare un cliente, poi deve tornare a Torino prima di prendere un altro viaggio. Questa tiritera gli impedisce di prendere un cliente a Milano, quindi lui così non fattura o fattura poco e allora lo prende lo stesso, il cliente, dandogli indicazioni sul da farsi, pressappoco come quelle che aveva dato a me. A quel punto, non fatturando, fa nero e non paga le tasse – lui diceva invece che le voleva pagare – e alla fine va in culo a lei (e mi ha indicato), che pure faccio parte dello Stato e tutto, sosteneva, per colpa dei tassisti e di una classe politica che trasversalmente li accontenta. Mica sono solo Fratelli d’Italia e la Lega – lui era leghista – ma il Pd, la sinistra estrema, tutti quelli che vogliono voti e non certo risolvere il problema. Che poi è vero, il problema i tassisti ce l’hanno e si chiama licenza, che hanno pagato, per colpa di un mercato assurdo, fino a 150 mila euro e quindi a fine carriera si devono rivendere anche se magari negli anni hanno ammortizzato la spesa e dunque con la rivendita della licenza contribuiscono a creare un altro mercato assurdo e barriere all’ingresso e nessun politico tranne Bersani che lui, l’autista, seppur leghista, apprezzava, ha provato a rompere il monopolio.

Dopo di che l’autista mi ha fatto esempi di Paesi virtuosi che hanno introdotto la concorrenza, come il Portogallo che ha aperto il mercato anche ad autisti privati che dopo avere sostenuto un corso propongono un determinato servizio di mobilità efficiente e sicuro. Così ha definito il servizio l’autista Ncc, che però a dire il vero in Portogallo non c’era mai stato perché aveva troppo da lavorare con tutte le obbligazioni che doveva rispettare, tipo tornare in rimessa dopo aver accompagnato cliente a Milano.

E questo discorso sui monopoli, sulla difficoltà da parte della politica di affrontare il problema, non pensando ai voti ma alla soluzione, al fatto che non posso usufruire come in Portogallo di un servizio efficiente e sicuro, aggiunto al fatto che il mio autista non mi ha potuto portare a destinazione causa manifestazione dei tassisti che bloccava la via e ricordandomi della possibilità di prendermi uova, mi ha fatto scendere con apposita procedura che ora non vi elenco e dunque mi sono ritrovato con zainetto sotto il sole. Insomma, ho pensato che non ne usciremo mai e saremo sempre un Paese paludato. E convintomi di ciò sono andato al convegno al quale ero stato invitato, e influenzato da tanti cattivi umori, ho fatto un elogio delle innovazioni in agricoltura, forse calcando un po’ la mano e infatti uno mi ha detto ma che lei crede ancora alla magnifiche sorti e progressive? E io ho risposto ma è possibile che di tutto il complicato e tormentato percorso di Leopardi uno ricorda solo ‘sta cosa qua, è possibile che in Italia è impossibile parlare di innovazione che se ne esce uno con Leopardi. Insomma, ho finito per litigare con tutti, un altro po’ mi avrebbero tirato le uova e sono dovuto scappare e siccome non c’erano tassisti mi sono preso un bel monopattino e via con l’innovazione e le sorti magnifiche e progressive.