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L’Unione Europea ha stabilito che sapere quanto guadagnano i propri colleghi è un diritto Lo ha fatto con una direttiva che l’Italia deve recepire entro il 2026. L'obiettivo è una maggiore trasparenza e, soprattutto, contribuire alla diminuzione del gap salariale tra uomini e donne.
Grazie all’accordo tra Netflix e la Nasa ora si potrà fare binge watching anche dell’esplorazione spaziale Il servizio di streaming trasmetterà in diretta tutta la stagione dei lanci spaziali, comprese le passeggiate nello spazio degli astronauti.
Gli asini non sono affatto stupidi e se hanno questa reputazione è per colpa del classismo Diverse ricerche hanno ormai stabilito che sono intelligenti quanto i cavalli, la loro cattiva fama ha a che vedere con l'associazione alle classi sociali più umili.
In Turchia ci sono proteste e arresti per una vignetta su Maometto pubblicata da un giornale satirico Almeno, secondo le autorità e i manifestanti la vignetta ritrarrebbe il profeta, ma il direttore del giornale ha spiegato che non è affatto così.
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.

«Mica vado in guerra»

Diario da embedded. Il nostro corrispondente racconta la sua esperienza con le truppe italiane

23 Aprile 2012

HAMA (Libano) – Si arriva all’alba, ma il caldo comincia già a farsi sentire. «Quest’anno è arrivato prima», dicono alla base di Shama, comando del contingente italiano al seguito di Unifil, le truppe Onu di stanza in Libano, a Nord del confine con Israele. Le prime ore passano incalzanti nel capire chi fa cosa.
Giusto il tempo di sistemarsi negli alloggi, poi prende il via un tour di riunioni. La settimana da giornalista embedded con le Forze armate italiane prevede una prima parte di introduzione – meticolosissima – al teatro di operazioni in cui si è arrivati. Tutto è descritto al dettaglio, per fornire al giornalista un quadro di quello che Unifil sta facendo. L’inviato deve attenersi alle regole del contingente, in questo caso la Brigata Pinerolo al comando del generale Carlo Lamanna. Elmetto, mezzi blindati, scorta. Per sette giorni, la vita si inserisce nella quotidianità di una base militare all’estero.

Embedded, che non vuol dire “andare in guerra”. Mestieraccio da lasciare ai Rambo mediatici degli Stati Uniti. Anche perché in Libano non c’è una guerra. Anzi, le Nazioni Unite sono qui proprio per scongiurare altre escalation, com’è stato nel 2006. Ovviamente la tensione c’è. Altrimenti perché restare in Libano con elmetto azzurro e giubbotto antiproiettile? La procedura è chiara. Il giornalista interessato invia curriculum e profilo professionale alla sala stampa dello Stato maggiore della difesa. Poi ne attende la risposta. Questa arriva come per gli stessi militari: improvvisa. A seconda di interessi e obiettivi, le Forze armate propongono l’embedding in un preciso teatro. Libano? Non solo. I nostri contingenti sono anche in Kosovo e Afghanistan.

E così siamo alla calda alba di Shama. Dopo il briefing sul contesto libanese, c’è l’incontro con il battaglione di supporto, responsabile del funzionamento di tutta la base. Dagli alloggi alla sala operativa, passando per la mensa e le unità responsabili della realizzazione di strutture, anche esterne, utili per l’efficienza della missione. L’obiettivo è multiplo: controllo del contesto locale, efficienza del contingente, incolumità di ogni singolo militare. Viene poi il Cimic (Civil military cooperation), la cellula responsabile delle relazioni tra Unifil e le autorità locali. Il comparto è stato definito nel quadro Nato, ma le Nazioni Unite lo hanno subito fatto proprio. È in pratica la cinghia di trasmissione fra i militari stranieri e il Paese in cui si è intervenuti. Questo perché Unifil è qui – come recita la Risoluzione Onu 1701, del 2006 – a supporto di governo ed esercito libanese, per permettere la “normalizzazione” del Libano meridionale, territorio di milizie dove fino a poco tempo fa le autorità del governo centrale non potevano neppure mettere piede. «La Pinerolo è qui da sei mesi – spiega Lamanna – e prima ci sono stati tanti altri contingenti italiani. Ci siamo conquistati la fiducia del popolo libanese».
Piccoli progetti, molto contatto con la gente. Partecipo all’inaugurazione di una pompa idraulica nel villaggio di al-Himmyah, a pochi chilometri da Tiro. L’impresa ha visto affiancate unità italiane e forza lavoro libanese per dare acqua alla gente del luogo e rendere produttiva l’agricoltura. Per la cerimonia si è mosso l’intero villaggio. La presenza della stampa straniera fa aumentare le manifestazioni di affetto.

Fa tutto un altro effetto, invece, assistere alle operazioni di sminamento. Soprattutto se ti capita di vedere il recupero di ordigno in diretta. Giorni fa, lungo il confine israelo-libanese (che un confine tecnicamente non è, perché i due Stati sono ancora formalmente in guerra) i nostri artificieri hanno rilevato una serie di mine antiuomo. Siamo sulla blue line: un segmento di 118 chilometri ancora in fase di definizione politica. Recentemente, il governo israeliano ha dato all’Onu le carte dei suoi campi minati sparsi nel Libano meridionale. Anni fa, gli italiani si occupavano delle bombe a grappolo che atterrano nelle aree agricole e ne impediscono l’accesso. Oggi questa attività spetta all’esercito libanese. Unifil, da parte sua, si occupa degli ordigni nel sottosuolo: mine anticarro e antiuomo.
Un lavoraccio per l’artificiere. Perché da queste parti si è combattuto per oltre trent’anni e gli ordigni posizionati in passato non è detto che siano rimasti al loro posto. Scontato dire che il rischio è alle stelle.
Rivelata la mina con il metaldetector, il suo disinnesco prevede di indossare una protezione che pesa una trentina di chili e rallenta di molto i movimenti. Ancor più duro è sopportarla se il caldo raggiunge i 30 gradi.
A questo punto però, vengo allontanato. L’embedding non include il disinnesco in tempo reale. Mi dicono che l’operazione sia andata a buon fine.

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