Attualità | Dal numero

Comprare e vendere Nft a New York

Reportage dalla comunità dei cripto-entusiasti newyorchesi, tra quelli che sperano di fare fortuna con un jpeg e chi entra alle feste esclusive grazie a una scimmia annoiata.

di Giulia Ricca

Un dettaglio di "Everydays — The First 5000 Days", Nft di Beeple battuto all'asta da Christie's per quasi 70 milioni di dollari

New York. Lo scorso novembre le persone sulla metro parlavano di Nft. Le pubblicità di Nft.NYC, la più grande conferenza del mondo sui Non-Fungible Tokens, erano nelle stazioni, per le strade e sui social. Anche chi non sapeva cosa fosse un Nft, e magari non era mai stato interessato a saperlo, è stato esposto per qualche giorno all’hype intorno ai jpeg illiquidi che sono entrati in bolla nel corso del 2021 insieme al resto del mercato crypto e che hanno fatto scoppiare la moda della crypto arte. Un amico che lavora per una società di crypto news, Robert, mi aveva invitata a un incontro off della conferenza ospitato da un’importante piattaforma di compravendita di criptovalute in un bar di Chelsea. Per metterci a nostro agio prima che iniziasse il panel, le ragazze che lavoravano per l’exchange dispensavano multipli gettoni da scambiare con altrettanti drink, con cui accompagnavamo i mini hamburger e le alette di pollo in versione gourmet che ci venivano offerti in vassoi d’argento. Si parlava con favore di regolamentazione delle crypto, alcune delle ragazze dicevano che era ora di essere più realisti e di archiviare l’idea romantica di un sistema finanziario senza controllo. In due ore di networking, Robert e un suo collega erano riusciti a individuare le persone meno posh nel locale: due giovani di Toronto che erano venuti a New York apposta per Nft.NYC. Abbiamo deciso di spostarci a Times Square per cercare un evento con cui continuare la serata, Robert era sicuro di riuscire a farci entrare in uno dei party esclusivi della convention grazie al suo pass stampa. Camminavamo e parlavamo veloci, in uno stato di eccitazione ipnotica,  sotto l’influsso delle luci aggressive delle strade intorno alla Quarantaduesima. Mikhail e Josh, i ragazzi canadesi vestiti di maglie uguali con le immagini degli Nft disegnati da loro, avevano la carica di due ventenni in città per pochi giorni che stanno per imbucarsi in un club dove il tema della festa è esattamente quello che sperano li renderà ricchi. Theodore, il collega di Robert, era impaziente di riuscire a parlare con qualche personaggio influente del settore.

Il locale era al piano terra di un grattacielo circondato lungo tutto il perimetro da una fila di gente che indossava felpe bianche e rosa con le scritte «Cool Cats» e «Bored Ape Yacht Club». Quelle erano le persone che avevano fatto un sacco di soldi in pochi mesi comprando jpeg di scimmie e gattini, di cui avevo sentito le storie su YouTube. Alcuni andavano in giro per la fila con aria calma e distaccata, specialmente le donne, quasi tutte della fazione gattini. Ma la maggior parte stava ben piantata a difendere il posto, con lo stesso sguardo avido ed elettrizzato di Theodore. Chi aveva ancora decine di metri tra sé e la porta e più di un’ora di coda alle spalle ci parlava con il tono commosso di chi ce l’ha fatta. Abbiamo provato a convincere qualcuno a seguirci in un party più piccolo (né io né Robert avevamo abbastanza pazienza, e del resto nessuno di noi possedeva un gatto o una scimmia), ma nessuno aveva intenzione di andarsene, quello che sarebbe successo lì dentro sembrava troppo importante. Prima che ci allontanassimo, ci ha fermati un individuo vestito di nero tra l’elegante e il tenebroso, alto e con i capelli neri lunghi tirati indietro col gel e un cappotto di pelle lungo fino ai piedi, che dopo un po’ di networking fitto con Robert ci ha raccontato di come gli Nft lo avessero aiutato a uscire dall’alcolismo, e di come gli avessero dato una nuova speranza per il futuro della sua famiglia. Salutandoci, ci ha lasciato un biglietto da visita con il suo contatto per Twitter e Discord e una riproduzione del suo portafoglio. Ognuno di noi si è ritrovato in mano un cartoncino nero con sopra uno scimmione annoiato con un elmetto marrone da Indiana Jones e un mozzicone spento in bocca, un gattino azzurro con una cresta rosa e dei piercing all’orecchio e una maglietta con cuoricino, un’altra scimmia verde con occhiali 3D e la bocca spalancata e un altro gatto con una maglietta da hippie e una bandana americana e gli occhi a fessura. «Damn, man», ha esclamato Theodore, «questo ha più di 350 mila dollari nel portafoglio!».

Oggi, circa tre mesi dopo, quello stesso portafoglio vale almeno circa 500 mila dollari. Nel momento in cui scrivo (23 febbraio 2022) le Bored Apes, le scimmie, hanno un prezzo minimo di 90 ETH (240 mila dollari), ma alcuni dei diecimila esemplari, quelli con i tratti più rari, sono stati venduti per milioni di dollari l’uno. Al lancio del progetto, prima di finire sul mercato secondario, potevano essere «mintati», cioè «coniati» sulla blockchain, per 0.08 ETH (circa 200 dollari ai prezzi di allora, aprile 2021). Sono tra gli Nft collezionabili più costosi insieme ai CryptoPunks a cui si sono ispirati, una serie di diecimila avatar pixelati creata nel 2017. Recentemente, qualcuno che, nel 2017, aveva comprato un CryptoPunk «alieno» per 1600 dollari è riuscito a rivenderlo per 24 milioni di dollari. Lo scorso agosto, l’immagine di una pietra grigia appartenente alla collezione EtherRocks, una serie di cento rocce creata nel 2017 poco dopo i CryptoPunks, è stata comprata per un milione di dollari.

I fondatori di Bored Ape Yacht Club, Gargamel, Gordon Goner, No Sass ed Emperor Tomato Ketchup, hanno citato i pensieri di Wittgenstein sull’indicibile e la teoria dell’iceberg di Hemingway per rispondere a chi non riesce a capire il valore di un jpeg di una scimmia. I CryptoPunks si sono apprezzati per essere stati i primi Nft collezionabili, nati da un esperimento pionieristico. Le EtherRocks sono nate nello stesso periodo e nello stesso clima. Nel frattempo, però, gli Nft sono diventati infiniti, e le giustificazioni del loro valore in effetti si sono assottigliate. Ho conosciuto gente durante Nft.NYC che non sapeva in cosa stesse investendo. Una disegnatrice professionista che aveva iniziato da poco a trasformare i suoi lavori in Nft mi parlava seria e concitata di un gruppo di investimento in «molti progetti Nft che riguardavano l’arte, la moda e il metaverso». Le ho fatto alcune domande, e ammettendo che in realtà non sapeva rispondermi, mi ha accompagnata da un suo amico nel gruppo che mi avrebbe spiegato tutto, e che invece ha alzato le mani al cielo e mi ha parlato dell’importanza di mantenere un «atteggiamento olistico». Più volte mi sono trovata ad annuire a persone che mi mostravano le loro creazioni sul telefono. Ho visto Nft con immagini animate di una sub sexy che nuota tra le rovine di una città sommersa, carte da poker, tonni, Lamborghini in stile cubista. Ho parlato con alcuni che hanno moltiplicato i loro profitti comprando e rivendendo jpeg vuoti o con sopra uno scarabocchio.

Il valore della tecnologia che sta dietro agli Nft è rappresentato da due parole chiave, proprietà e rarità. Gli Nft usano la struttura della blockchain che fa funzionare anche Bitcoin e le altre criptovalute per provare l’unicità e il possesso di un certo token. Un Nft è governato da un contratto verificato su una blockchain (per i progetti più conosciuti, al momento, quella di Ethereum), cioè non è ospitato da nessuna compagnia come Amazon o Google che controlla la piattaforma che lo contiene, ma da decine di migliaia di computer che formano una rete decentralizzata e devono raggiungere un consenso sulla proprietà del token. Quasi sempre, quando compro un Nft compro i metadati che descrivono le proprietà dell’asset, cioè il token associato al contratto, che puntano all’immagine, non l’immagine in sé (i CryptoPunks sono una eccezione, perché anche la loro immagine è conservata nella blockchain: questo spiega l’estetica pixelata e anche il maggiore prestigio). In ogni caso, questa tecnologia è considerata rivoluzionaria perché introduce un nuovo concetto di vera proprietà digitale di un asset che diventa unico e irriproducibile. È diventato difficile, però, distinguere l’utilità di questo concetto dall’hype che lo ha travolto.

Nei giorni di Nft.NYC, un Irish pub nei dintorni di Times Square aveva messo a disposizione un intero piano per ospitare una intervista ad Alex Atallah, co-fondatore di OpenSea, il più grande marketplace di Nft (le Bored Apes, ad esempio, sono scambiate su OpenSea). Atallah era seduto a un piccolo tavolino di fronte a quattro o cinque bicchieri da drink e da birra vuoti, accanto all’intervistatore che sfoggiava una maglietta con la grossa scritta Wagmi (We all gonna make it, mantra dei criptoinvestitori ottimisti). Lasciando a metà un piattino di patatine fritte col ketchup, e con l’occhio vitreo del giovane miliardario esausto, Atallah cercava di spiegare a un pubblico rumoroso come gli Nft permettano agli artisti di vedere il proprio lavoro valorizzato direttamente dai loro seguaci, senza passare attraverso compromessi con piattaforme terze, e raccontava la genesi del progetto di OpenSea. Vicino a me, nelle prime file, c’era Nick, che aveva fatto l’università a Stanford insieme ad Atallah ma sembrava appena uscito da una puntata di Rick e Morty, e mi parlava con un sorrisino intelligente che non stonava con i larghi occhiali tondi, gli abbinamenti casuali di colori pastello e fosforescenti nei vestiti e la grande borsa-marsupio di paillettes dorate che portava con indifferenza. Osservavamo insieme gli altri spettatori: un tizio galvanizzato alla mia sinistra che filmava l’intera intervista con il cellulare, il resto delle persone evidentemente impazienti che l’intervista finisse per continuare il loro networking o per andare a presentare le proprie istanze direttamente ad Atallah. Anche Nick, alla fine, si è messo nella fila delle istanze, ma ha specificato che era soltanto per andare a salutare un vecchio amico. A quel punto era più chic non avere nulla da chiedere ad Alex Atallah.

Una delle scimmie annoiate di Bored Ape Yacht Club

Qualche giorno dopo siamo finiti su un giornale locale, io e Nick rivolti verso il tavolino in mezzo al pubblico frenetico e distratto, in un articolo intitolato “Ecco dove trovare i giovani cripto-milionari di New York”. Nella confusione che si era creata dopo l’intervista, avevo riconosciuto un amico, non milionario, che parlava con un nuovo gruppetto di ragazzi. Sono andata a salutarlo, mi ha presentato i nuovi, e uno di loro, Scott, tradendo un filo di emozione ha girato il telefono per farmi vedere qualcosa: una Bored Ape con cappellino da marinaio giallo, che aveva messo come sfondo dello schermo. Gli ho chiesto scherzando se non fosse un «right click», conquistandomi la sua fiducia perché sapevo usare correttamente lo slang (qualcuno che fa «right click», cioè salva le immagini degli Nft con il tasto destro del mouse, è uno che non ha capito nulla). Ci siamo messi a chiacchierare, e mi ha detto che essere una Bored Ape a New York durante Nft.NYC era stata un’esperienza unica. C’era stato un party su uno yacht che era salpato da Manhattan e aveva fatto un giro nell’Hudson, e una Ape Fest in un magazzino a Brooklyn. Eventi molto più esclusivi di quello in cui avevo pensato di entrare con il gruppo di Robert, con una capacità limitata e l’ingresso riservato a chi possedeva una Bored Ape o almeno una Mutant Ape (una serie di ventimila scimmie mutanti che potevano essere generate applicando del “Mutant Serum” al proprio Bored Ape, e che ora sono scambiate su OpenSea a un prezzo più basso delle Bored, 18 ETH, circa 50.000 dollari). Non era facile capire da Scott che cosa ci fosse di speciale in questi party eccetto la «vibe». Ma ho iniziato a pensare che Gargamel e Gordon Goner non avessero citato Wittgenstein del tutto a caso, e che il segreto del loro successo fosse nell’aver saputo estetizzare e neutralizzare allo stesso tempo, in modo geniale, la filosofia del «crypto space».

I precursori delle Bored Ape sono stati i CryptoPunks, personaggi disadattati ed eccentrici (umani, ma anche zombie, alieni e scimmie) che esprimevano lo spirito anti-establishment degli inizi del movimento Bitcoin, alludendo alla scena punk della Londra anni ’70 e alla cultura cyberpunk. I creatori delle Bored Ape conoscono bene quella storia e hanno vissuto loro stessi gli anni successivi alla comparsa di Bitcoin e i primi tempi selvaggi delle «altcoins» («monete alternative» a Bitcoin). Gordon Goner si autodefinisce «reformed leverage addict», cioè un investitore degenerato ravveduto che cercava di imitare quelli intorno a lui che facevano «ape in» (espressione del crypto slang che significa più o meno «investire come delle scimmie») e diventavano ricchi e annoiati in poco tempo. Nella fase «degen» delle criptovalute, la degenerazione dei CryptoPunks in scimmie ricche e annoiate è stata naturale e perfetta. Una delle cose più esclusive a cui una Bored Ape dà accesso è «il bagno», un muro virtuale accanto a un gabinetto su cui i possessori dell’Nft possono scarabocchiare dei pixel-graffiti come si fa in un bagno pubblico quando si è annoiati e si ha tempo da perdere. È il bagno del club che si vede nella prima pagina del sito di Bored Ape Yacht Club, un luogo immaginario dove si va per comportarsi da estrosi e degenerare.

Il repertorio primitivo delle Bored Ape risale anche alle EtherRocks che, come dice la presentazione nel sito, sono un gioco, ma «SENZA SCOPO», se non quello di essere comprate e rivendute e di dare un forte senso di orgoglio a chi le possiede. Durante la bull run del 2021, molti criptoinvestitori su Twitter non avevano più granché da dirsi se non «gm»: abbreviazione di «good morning», perché tutti hanno iniziato a sentirsi più felici e gentili. Oggi è il saluto con cui le tribù crypto si riconoscono e «gm», o tweet come «gm a tutti quelli che dicono gm», possono prendere più like di tweet con dei contenuti informativi. Molti di «quelli che dicono gm» esibiscono come immagine del profilo una Bored Ape da quando Twitter ha introdotto la verifica dell’autenticità dei profili Nft. Ripensando alla conversazione con Scott, sono entrata nel Discord di Bored Ape Yacht Club (Discord è il social di riferimento per conoscere una community crypto: gli investitori lo usano per trovare le situazioni più promettenti) per chiedere a qualcun altro come fosse fare parte del club. Una delle tante scimmie colorate mi ha risposto che «le vibe sono piuttosto importanti» e che essere una Bored Ape è «awesomely BORINGGGG». Quando ho riguardato il telefono, un attimo dopo, la schermata della chat era completamente riempita dalla scritta Broe–Broe–Broe. Ognuno doveva dire questa parola almeno una volta. Era un modo per passare il tempo. Altre comunità si esprimono in modo simile, l’immaginario scimmiesco ha influito su altri progetti: i CyberKongz, ad esempio, scimpanzé pixelati oggi venduti su OpenSea a 8.2 ETH, circa 22.000 dollari, di cui Scott possedeva due esemplari e che, tra le varie utilità, permettevano di guadagnare ogni giorno non facendo nulla un token con un controvalore in dollari chiamato $BANANA. Scott era entrato presto nei CyberKongz perché, stando nel loro Discord, aveva capito che la comunità era «bellissima». Avevo sentito dire la stessa cosa da certi influencer sui social, e così ho fatto un giro anche io nel Discord per capire come fosse una comunità bellissima. Ogni frase della chat era introdotta da «OOH AH AH!!» e finiva con «AH AH» e l’emoticon di una banana.

L’anello di congiunzione tra Vitalik Buterin, bitcoiner nerd che a 19 anni ha inventato la piattaforma decentralizzata Ethereum, e Paris Hilton, che ha dichiarato da poco di aver comprato una Bored Ape che le sembrava le somigliasse, sono diecimila scimmie annoiate che stanno nella «vibe». I «laser eyes», un meme usato da chi è «bullish» su Bitcoin ed Ethereum e crede nel loro potenziale di sovvertire il sistema finanziario liberandoci dal controllo di governi e banche, sono a questo punto quasi glamour (69 Bored Ape hanno i laser eyes, un tratto molto ricercato). Molti di quelli che gli occhi laser li hanno davvero, però, non sono interessati a questa nuova costruzione dell’identità crypto. Ho sentito, in certi incontri per hardcore bitcoiners, commenti sul modo di ostentare ricchezza dei possessori di Nft. L’organizzatore di un «New York Bitcoin Information Group», appena tor nato da Art Basel invasa dalla scena Nft, era contento di trovarsi di nuovo in mezzo a gente vestita male, a cui non importava nulla del flex (pur essendo potenzialmente molto più ricca, perlomeno di denaro anarchico, di chi è entrato nel mercato nel 2021 e ha comprato dei jpeg). Eravamo seduti in uno studio fotografico in cui il meeting era stato arrangiato all’ultimo minuto, circondati da foto di sposi sorridenti che facevano da sfondo incongruo a una presentazione sul funzionamento di un nodo Bitcoin. Un programmatore in vestiti scuri dimessi e cappellino di lana, con un portamento dignitoso, ci spiegava in modo elegante e impeccabile gli aspetti tecnici e ci educava su come usare Bitcoin anche come strumento per tutelare la nostra privacy. Non ha voluto dirci il suo vero nome, ma si è fermato a chiacchierare a lungo con me e altri tre o quattro che non se ne erano andati dopo la presentazione. Mi sono accorta che era completamente all’oscuro degli ultimi trend crypto come le Dao («organizzazioni autonome decentralizzate» con vari scopi, ora molto in voga) e gli Nft. Ma mentre discuteva di libertà e Bitcoin, con una luce innocente e quasi infantile negli occhi ci ha mostrato un coltello nero da Rambo su cui un suo amico aveva inciso «Bitcoin», e con maniere gentili e accoglienti mi ha invitata ad andare a una «beefsteak», una cena a Brooklyn in cui si sarebbero mangiate bistecche a mani nude, senza posate o tovaglioli, dove avrei incontrato molta gente perbene (fare cene carnivore, per alcuni bitcoiner hardcore, è un rito anti-establishment). Ci ha detto che aveva appena fatto un viaggio Upstate per lavorare alla manutenzione di un centro autogestito per minare Bitcoin, e ci ha fatto vedere una foto su una chat di Telegram in cui lui e altri due individui imbracciavano degli ASIC (computer per il mining, sostanzialmente per far funzionare il network Bitcoin) come se fossero dei fucili, guardando verso l’obiettivo con una seria espressione guerriera. La didascalia era «Fuck the State». Lui certamente non avrà mai bisogno di un avatar.