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11:17 lunedì 17 novembre 2025
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.
Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.

A che servono i Golden Globes?

Dominati da Netflix e dalle polemiche, storicamente anticipano gli Oscar. E dopo un anno di pandemia cercano di trovare un nuovo senso.

di Studio
04 Febbraio 2021

Mentre le sale in moltissimi Paesi del mondo sono ancora chiuse, e seppur in ritardo sulla tradizionale tabella di marcia della cosiddetta “awards season”, ovvero la stagione dei premi cinematografici, si ritorna a parlare di Golden Globes e, in prospettiva, di Oscar. Ripensandoci, gli Oscar sono stati l’ultimo momento di normalità nella cultura pop prima che la pandemia si abbattesse su di noi, privandoci di concerti, festival e dell’esperienza di andare al cinema. Non abbiamo fatto in tempo a litigare sui sottotitoli di Parasite che, all’improvviso, le case di produzione si sono trovate nella condizione di far uscire tutti i loro film, blockbuster compresi, sulle piattaforme di streaming o a rimandarli a data da destinarsi. Non è un caso, perciò, che a dominare le nomination dei Golden Globes del 2021, che si terranno il 28 febbraio in diretta da Los Angeles con Amy Poehler e da New York con Tina Fey, sia stata proprio Netflix, che ancora una volta conferma lo strapotere di cui gode in un’industria che sta cercando di riconfigurarsi, tanto più dopo l’ultimo, difficile, anno.

Il colosso dello streaming ha infatti collezionato qualcosa come 42 nomination nelle categorie cinematografiche e televisive, grazie a Mank e The Trial of the Chicago 7 che sono entrambi in lizza come Miglior film drammatico, ma anche a The Queen’s Gambit e The Crown, rispettivamente nominati come Miglior miniserie e Miglior serie drammatica. È andata bene anche ad Amazon, che ha ottenuto 10 nomination tra cui Miglior commedia per il sequel di Borat; 10 anche le nomination di Hulu, che ha piazzato i suoi Palm Springs e Ramy. L’altra notizia degna di nota è che per la prima volta, e dopo le innumerevoli polemiche degli ultimi anni (come quella inscenata da Natalie Portman nel 2018, quando disse, al momento della premiazione, “Ecco i candidati, che sono tutti maschi”) la Hollywood Foreign Press Association ha nominato ben tre donne nella categoria Miglior regista. Si tratta di Chloe Zhao per Nomadland (Zhao è anche la prima regista di origine asiatica a ottenere il riconoscimento), Emerald Fennell per Promising Young Woman e Regina King per One Night in Miami. Se la vedranno con David Fincher e il suo già citato Mank, favoritissimo, e The Trial of the Chicago 7 di Aaron Sorkin. È la prima volta nella storia della manifestazione che più di una donna viene nominata nella categoria e, prima di quest’anno, solo in cinque avevano ottenuto la nomination: Barbra Streisand (nel 1984 per Yentl e nel 1991 per The Prince of Tides), Jane Campion (nel 1994 per The Piano), Sofia Coppola (nel 2004 per Lost in Translation), Kathryn Bigelow (nel 2010 per The Hurt Locker e nel 2013 per Zero Dark Thirty) e Ava DuVernay (nel 2015 per Selma). Nel 1977 Lina Wertmüller era stata nominata nella categoria Miglior film straniero per Pasqualino Settebellezze.

Nonostante lo sforzo di puntare i riflettori sulle registe lungamente ignorate dall’istituzione, però, non sono mancate le polemiche neanche questa volta. A dirla tutta, erano già iniziate prima ancora della pubblicazione della lista completa delle nomination: aveva fatto molto discutere, infatti, l’esclusione di Minari, il film diretto da Lee Isaac Chung e prodotto dalla A24 che racconta la storia di una famiglia di immigrati sudcoreani in America. Minari è stato infatti candidato nella categoria Miglior film straniero, nonostante il regista sia americano di origine coreana e il film sia stato interamente prodotto in America. Il motivo? Si parla più coreano che inglese: secondo le regole, infatti, per essere nominato nella categoria di Miglior film, almeno la metà dei dialoghi dev’essere in inglese. Poco male, comunque, dicono gli analisti: Minari è uno dei candidati probabili ai prossimi Oscar, che l’anno scorso hanno rotto gli indugi facendo vincere proprio un film sudcoreano come Parasite, inaugurando di fatto un nuovo modo di guardare (e incasellare) il cinema internazionale e quello hollywoodiano.

Un’altra snobbata è stata Michaela Coel e la sua bellissima I May Destroy You, per i critici una delle migliori serie del 2020: in molti sui social hanno ironizzato sulla sua assenza, e sulla contemporanea nomination di Emily in Paris che, beh, non è proprio un capolavoro, e di Ratched, che ha ottenuto recensioni mediocri. Travolti dallo streaming, privati dei red carpet e della solita fanfara che accompagna l’evento, ancora considerati un traguardo da raggiungere ma allo stesso tempo indicati come vestigia di un’epoca che non c’è più, i Golden Globes si avviano così alla loro prima volta senza pubblico e provano a ridisegnare quello che significano per il settore: operazione difficile, ancor di più in un anno in cui il film che ha incassato di più al botteghino è stato un colossal cinese. 

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