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Demna Gvasalia ha detto che parla sempre di moda con il suo analista

Chiunque abbia provato a fare terapia, sa che il lavoro e tutto quello che ci ruota attorno è spesso una parte fondamentale del percorso di ognuno. Lo è sicuramente per Demna Gvasalia, il 39enne direttore artistico di Balenciaga, che in una bella intervista rilasciata a Cathy Horyn per The Cut, ha raccontato di come, negli ultimi anni, ne abbia discusso frequentemente con il suo psichiatra, in particolare a partire dal concetto di identità, sia a livello personale che a livello artistico: «Parlo di queste cose ogni settimana». «Mi sono liberato delle mie paure. Creativamente, mi ha davvero aiutato: ho smesso di avere paura di ciò che la gente penserà, di quello che dirà. Sono diventato più fedele a me stesso», ha continuato.

Nell’intervista, che Horyn ha registrato sentendo il designer a più riprese durante i mesi di lockdown e quelli della ripartenza, Gvasalia ha anche parlato delle differenze che ha notato nell’industria, e in particolar modo nelle abitudini di consumo, da quando è scoppiata la pandemia: «Non è che le persone non vogliano più acquistare, ma ci pensano molto di più e indagano a fondo prima di farlo. Ecco perché l’innovazione nella creatività è più importante che mai. Ma, ovviamente, l’ostacolo è rendere quella creatività un business. E gli affari si basano solo sul denaro. È molto difficile per i creativi affrontare tutto questo e restare in piedi. Direi che è una battaglia ogni giorno».

Gvasalia, che è arrivato da Balenciaga nel 2015 dopo aver lanciato Vetements nel 2014, è originario della Georgia e si è trasferito in Germania con la sua famiglia negli anni Novanta, quando nel suo Paese è scoppiata la guerra. È considerato uno dei designer contemporanei più influenti e in particolare negli ultimi anni i suoi show hanno fatto molto discutere, da quello dello scorso settembre ambientato in una sala che sembrava il Parlamento Europeo a quello di ottobre 2020 dove i modelli hanno sfilato un teatro semi allagato. A proposito degli show “classici” che si tengono durante la settimana della moda, ha detto a Horyn: «Ormai fanno un po’ 2010, non è qualcosa che si allinea bene con l’idea di futuro. Il digitale è un’opzione, ma credo che possiamo anche creare eventi più esperienziali, dove c’è qualcosa che si svolge per un periodo più lungo, quindi l’investimento nella scenografia ha davvero senso. E l’evento non deve accadere solo a Parigi», ha concluso.