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Perché ci ricorderemo della sfilata di Balenciaga

A conclusione del lungo mese della moda, alcuni articoli per capire uno degli show di cui si è parlato di più.

di Studio
05 Ottobre 2019

È raro che una sfilata arrivi a interessare il pubblico dei non addetti ai lavori, ma quando succede è sempre un fenomeno divertente da osservare. È capitato più volte a Gucci da quando c’è Alessandro Michele, prima con le teste mozzate e poi con le camicie di forza, ed è capitato con lo show di Balenciaga durante la settimana della moda di Parigi, che lo scorso 2 ottobre ha chiuso il lungo mese dedicato alle collezioni femminili per la Primavera Estate 2020, iniziato il 6 settembre a New York. La sfilata era ambientata in una sala della Cité du Cinema di Parigi appositamente ridisegnata per richiamare il Parlamento Europeo, mentre il colore predominante era un blu acceso rinominato “Brexit blue” perché molto simile a quello utilizzato dalla campagna del Leave, ed era accompagnata dalla colonna sonora, bellissima e ansiogena, realizzata dal producer di elettronica BFRND.

Come fa spesso, il designer Demna Gvasalia ha scelto anche modelli non professionisti, di tutte le età ed etnie, presentandoli nelle note alla stampa con la loro professione: erano architetti, ingegneri, analisti finanziari, musicisti, artisti, mamme e studenti, scelti in quanto persone che hanno il potere di rimodellare la società in cui vivono. Il potere e l’opulenza erano i temi centrali dello show, a partire dai completi business fino alle fiabesche uscite finali, che riprendevano i codici classici del marchio spostandoli nel territorio della performance. Dalle protesi facciali indossate da alcuni modelli sugli zigomi agli accessori-meme, come la borsa di Hello Kitty o le magliette con scritto “top model”, la collezione mescola abilmente abilità sartoriale e sensibilità contemporanea. Pur apparendo serissima, infatti, era in realtà pervasa da un’ironia teatrale: sui rapporti e i simboli di potere, ma anche sui ruoli sociali e sulla moda stessa. Per capirne di più, abbiamo raccolto le recensioni più interessanti.

“Balenciaga’s Great Joke”The Cut
«Nessun designer è capace di infilarsi nella pelle delle persone come fa Demna Gvasalia», scrive Cathy Horyn in una delle sue ormai rare, ma sempre acute, recensioni. Lo show di Balenciaga, che ha provocato reazioni contrastanti ed è stato molto commentato e condiviso sui social, metteva in correlazione il concetto di potere con quello di identità – ecco perché era importante che conoscessimo le professioni reali di chi sfilava – che ad Horyn ha fatto venire in mente un saggio di Karl Ove Knausgård, intitolato “Vanishing Point”, in cui l’autore parla delle immagini e di quel meccanismo che trasforma gli individui in una massa, un meccanismo che è straordinariamente ordinario ed efficace. Allo stesso modo, le contraddizioni nello styling della sfilata di Balenciaga – i pantaloni stampati jeans che non sono jeans, i completi sartoriali sempre di qualche taglia in più, come se fossero stati pescati dalla bancarella dell’usato, il badge che diventa accessorio – mostrano «sia l’umorismo che l’orrore di cosa significhi cercare di dare un senso a un guardaroba da lavoro o a un’uniforme da viaggio». «Mi ha fatto ridere», continua la giornalista, «perché Gvasalia è così bravo a cogliere la casualità di tutto quello che ci circonda».

“Balenciaga put engineers, architects and moms on its runway — to make a statement about power in the workplace”The Washington Post
Secondo Robin Givhan del Washington Post, invece, il punto di forza della sfilata di Balenciaga era il casting, che mescolava persone normali con modelli professionisti. Bella Hadid in tuta di velluto era forse la più scontata tra i volti che hanno sfilato sulla passerella a cinque livelli costruita da Gvasalia, ma gli uomini e le donne intabarrati nei loro serissimi completi, così come le ragazze con i vestiti principeschi del finale, davano l’idea di essere sicuri di sé, autonomi, reali. Era una celebrazione del potere e di chi lo detiene, dicevamo, resa come sempre fa Gvasalia con l’esagerazione delle proporzioni e l’elevazione del guardaroba quotidiano. «Ma questa volta il designer ha inserito quelle idee in un contesto diverso. Al posto di situarle nel regno degli alternativi e degli esteti, le ha messo al centro della coscienza di massa. Le ha inserite nel posto di lavoro, durante una giornata lavorativa e nella conversazione globale su cosa significhi oggi essere un lavoratore». E la sua risposta è che non è per niente facile.

“Revolution in the Air at Balenciaga” Business of Fashion
Anche Tim Blanks su Business of Fashion nota che la collezione si muove nell’universo estetico che Demna Gvasalia ha costruito da Balenciaga sin da quando ne è diventato il direttore creativo, nel 2015, e prima ancora da Vetements. Eppure, c’era qualcosa di nuovo: secondo Blanks, dipendeva molto probabilmente anche dal modo in cui il designer l’ha spettacolarizzata. Il parlamento, il blue Brexit, il cast, ma anche i profumi che sono stati vaporizzati in sala e che hanno solleticato il naso degli spettatori. Li ha realizzati su richiesta dello stesso Gvasalia la creatrice di profumi Sissel Tolaas, che ha creato quattro essenze che si inserivano nel discorso sul potere avviato dalla collezione: erano antisettico, sangue, denaro e benzina. Sono state rilasciate durante la sfilata, che è durata quasi venti minuti, un tempo piuttosto lungo per uno show, dal soffitto e da dietro le tende. «L’odore di sangue o di soldi avrebbe aggiunto un elemento potentissimo alla presentazione dei vestiti», scrive Blanks, «Io purtroppo non l’ho sentito perché il mio vicino aveva un profumo troppo forte». Altri, invece, hanno sentito distintamente l’odore di petrolio: per Blanks, il solo fatto che Gvasalia abbia avuto un’idea di questo tipo è ciò che lo distingue dagli altri. Assieme a quella «predisposizione, tipicamente georgiana, per tutto ciò che è dark, una cosa che rende il suo lavoro provocatorio e potente».

“Blood, Money, Oil. And Clothes”The New York Times
Durante il mese della moda, sono stati tanti i designer che hanno riflettuto, tramite le loro collezioni, sullo stato delle cose del mondo, dall’ecologismo alla politica, spesso interrogandosi – com’è successo a Milano – sul senso di disegnare vestiti in tempi come questi. Secondo Vanessa Friedman del New York Times Demna Gvasalia ha preso quei temi e li ha messi sul tavolo, tutti insieme, in una sorta di «tour de force che sembra incitare a mettersi a lavoro prima che sia troppo tardi». Il suo invito all’azione è «tutt’altro che carino e allo stesso tempo impossibile da ignorare», un po’ come i «vestiti campana» o i «vestiti medusa» che hanno chiuso lo show. E come le stecche di balena (le stesse che una volta si mettevano nei corsetti) che sono state usate per allargare a dismisura le spalline delle giacche, tutte removibili come lo erano le crinoline enormi degli abiti da sera: «C’erano delle constatazioni, ma anche delle soluzioni. Gvasalia ha usato l’esplorazione dei volumi tipica di Balenciaga per offrire entrambe le cose».

“Balenciaga turns power, and power dressing, on its head” – i-D Magazine
Che la sfilata di Balenciaga lavorasse sul concetto di “power dressing” era piuttosto chiaro sin dalla prima uscita, anche perché il tema è da sempre caro al suo designer. Ma la bravura di Demna Gvasalia sta soprattutto nel saper bilanciare alla perfezione l’anima commerciale di un marchio con la sua parte più antropologica. La maggior parte delle vendite, si sa, le mette a segno il reparto accessori, per cui in una sfilata così “teoretica”, il direttore creativo ha mandato in passerella anche la borsa con il logo di Hello Kitty, uno dei tanti feticci pop che gli piace ripescare, e anche una nuova sneaker. Dopo la Triple S, che ha rilanciato le “chunky shoes” anni Novanta e le ha fatte diventare mainstream, Balenciaga lancia ora “Tyrex”, che ridisegna la scarpa da ufficio dandole una forte impronta sportiva. Non ci rimane che aspettare per sapere se venderà quanto la precedente.

Balenciaga Primavera Estate 2020: il video della sfilata

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