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Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
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Secondo una ricerca dell’università di Cambridge l’adolescenza non finisce a 18 anni ma dura fino ai 30 e oltre Secondo nuove analisi neuroscientifiche, la piena maturità cerebrale degli adulti arriva molto dopo la maggiore età.
I fratelli Duffer hanno spiegato come settare la tv per guardare al meglio l’ultima stagione di Stranger Things I creatori della serie hanno invitato i fan a disattivare tutte le “funzioni spazzatura” delle moderne tv che compromettono l'estetica anni '80 di Stranger Things.
L’incendio di Hong Kong potrebbe essere stato causato dalle tradizionali impalcature in bambù usate nell’edilizia della città Le vittime accertate sono 55, ci sono molti dispersi e feriti gravi. Sembra che il rogo sia stato accelerato dal bambù usato nei lavori di ristrutturazione.
L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.
Anche quest’anno in Russia è uscito il calendario ufficiale di Vladimir Putin Anche nel 2026 i russi potranno lasciarsi ispirare dalle foto e dalle riflessioni del loro presidente, contenute nel suo calendario
Sarkozy è stato in carcere solo 20 giorni ma dall’esperienza è riuscito comunque a trarre un memoir di 216 pagine Il libro dell’ex presidente francese sulla sua carcerazione lampo a La Santé ha già trovato un editore e verrà presto pubblicato.

Stefano Sollima, il fuoriclasse del cinema di genere

Evoluzione del regista che ha cambiato la serialità italiana: da Romanzo Criminale a ZeroZeroZero, la miniserie presentata in anteprima alla Mostra di Venezia.

06 Settembre 2019

Quando era bambino, Stefano Sollima ha frequentato i set del papà, Sergio Sollima, e ha cominciato a imparare i segreti della regia: come ogni cosa, anche casualmente, finisca per allinearsi, per mettersi in ordine, per rispondere a un disegno più grande. La scintilla, ha raccontato a Malcom Pagani su Vanity Fair, è scoccata quando aveva appena 14 anni, e quando tutto gli sembrava vecchio e solenne, e a modo suo impossibile. Giovanissimo, ha iniziato a domandarsi come veder realizzati i suoi sogni. Poi ha cominciato a lavorare come aiuto, dietro le quinte, finché non si è ritagliato il suo posto nelle fiction Rai come La squadra.

Il vero salto, però, Sollima l’ha fatto con Romanzo Criminale – la serie, il big bang della serialità italiana. Aveva intuito qualcosa, e l’aveva inseguito; aveva messo in scena la storia di un gruppo di ragazzacci emarginati e arrabbiati. E aveva creato un racconto epico, sontuoso, in cui bene e male erano solo parole, due sfumature tra mille. Romanzo Criminale cambiò ogni cosa. E non solo per Sollima, ma per l’Italia intera, per Sky che la mandava in onda, e per Cattleya che l’aveva prodotta.

Da quel momento, Sollima è diventato Sollima, il regista, l’innovatore, l’uomo che ha dato i natali alla serialità moderna in Italia; colui che, prima di tutti, ha avuto una visione e ha deciso di inseguirla. ACAB è stato il suo primo film, e anche qui, come in Romanzo Criminale, qualcosa è cambiato: la prospettiva del racconto s’è defilata, e l’importanza dell’intrattenimento, anche in una storia così seria, così terribile, così drammatica, ha rivestito un ruolo centrale.

Nell’idea di Sollima di cinema – e di televisione – lo spettatore è la prima cosa, il primo ricevente, il primo che, messo davanti allo schermo, deve esaltarsi. Non importano la fama («il mio modello», ha detto a Il Messaggero «è Terrence Malick. Uno che nessuno sa che faccia abbia e all’autorappresentazione di sé e alle parole compiaciute, ha sempre anteposto le idee, la sostanza delle cose e il lavoro») o il successo; quelli, se vengono, vengono dopo. E Sollima è riuscito a costruirsi una carriera di conferme, di storie straordinarie, e di titoli che – poco o tanto, velocemente o lentamente – hanno cambiato il mondo che lo circondava.

Una scena di ZeroZeroZero

Dopo ACAB, Sollima ha diretto Gomorra – la serie, ed è stato capace, anche dopo Romanzo criminale, di mettere maggiormente a fuoco quello che, a livello internazionale, sono le serie tv. Ha capito la necessità di un racconto che non mostrasse i cattivi solo come cattivi, ma che ne raccontasse le ombre e le luci, anche se si trattava di criminali incalliti. Ha transennato un piccolo universo nella Napoli più popolare, e lì ha puntato la sua telecamera; ha scelto attori sconosciuti, e ha insistito per una lingua: il napoletano. Una delle cose che disse subito dopo aver visto uno dei primi montaggi di Gomorra fu: «Abbiamo fatto una cazzata». Perché Gomorra era un fulmine a ciel sereno; era pura rivoluzione, pura innovazione, una cosa che, in Italia, non era mai stata fatta prima: il genere, il crime, la violenza. Il suo secondo film, Suburra, è stato – se possibile – ancora più estremo. Ha preso due attori come Alessandro Borghi e Greta Scarano, e li ha trasfigurati: irriconoscibili, meravigliosi, assoluti. Due maschere di genere. Persino Claudio Amendola, personaggio popolare per eccellenza, in Suburra interprete di Samurai, si è trasformato. Il male, il male vero; e poi l’umanità. E sempre quella regola sacrosanta: bisogna appassionare, bisogna dire qualcosa di interessante; bisogna avere una morale, uno scopo, un’intenzione precisi.

Sollima ha plasmato i suoi film e le sue serie a sua immagine e somiglianza. Ha fatto sempre quello che ha voluto. Anche quando è stato chiamato in America per dirigere il sequel di Sicario, Soldado, è riuscito – col solo talento, con la sua visione – a imporsi ai produttori. All’inizio, ha ammesso, aveva paura di dover scendere a compromessi; ma alla fine quello che ha messo in scena, è un film suo, con la sua firma, con la sua visione. Assolutamente riconoscibile. È un western in cui gli elicotteri si inseguono come cavalli lanciati al galoppo, in cui la polvere avvolge ogni cosa, e in cui Josh Brolin e Benicio Del Toro assumono consistenza.

Ora è il turno di ZeroZeroZero, la nuova serie degli Sky Studios, di Canal+ e Amazon Prime Video, prodotta da Cattleya e da Bartlebyfilm e presentata in anteprima alla Mostra di Venezia. È una miniserie, proprio come voleva Sollima, uno così convinto della necessità di raccontare storie compiute e contenute, che dopo la seconda stagione di Gomorra ha deciso di lasciare. In ZeroZeroZero, che ha creato insieme a Leonardo Fasoli e Mauricio Katz, racconta lo spaccio della cocaina come non era mai stato raccontato prima. Almeno non in Italia. La serie è tratta dall’omonimo romanzo-inchiesta di Roberto Saviano, pubblicato da Feltrinelli Editore nel 2013 e arriverà su Sky nel 2020. I primi due episodi, quelli firmati da Sollima, sono puro intrattenimento di genere. Western, crime, drammi. E dentro ci ritrovi tutta la sua storia:  i colori di Gomorra, la sua estetica, la sua flemma; ci ritrovi Soldado, e ci ritrovi pure ACAB. Più storie, più linee temporali, più personaggi.

Sollima è un’eccellenza italiana, un’eccezione, nel nostro mercato. Un’eccezione che merita più spazio e più visibilità, e che è stata notata all’estero e che viene costantemente reclamata (prossimamente girerà un film con Michael B. Jordan, e Colt, da un soggetto di Sergio Leone). È un fuoriclasse, Sollima. È il nostro fuoriclasse, il nostro campione: non il numero 10, ma il numero 9. Quello che ha visione d’insieme e un piano preciso, che insieme al talento innato può contare sull’intelligenza della pratica e dell’esperienza. È il papà della serialità italiana, ed è il nostro migliore regista di genere.

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