Hype ↓
09:38 martedì 2 dicembre 2025
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La Tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore delle pensioni che si era travestito da sua madre Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.
A giudicare dai nomi in gara, Carlo Conti vuole che Sanremo 2026 piaccia soprattutto ai giovani Tanti nomi emergenti, molto rap e veterani al minimo: è questo il trend di Sanremo 2026, pensato per un pubblico social e under trenta.
I dazi turistici sono l’ultimo fronte nella guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa Mentre Trump impone agli stranieri una maxi tassa per l'ingresso ai parchi nazionali, il Louvre alza il prezzo del biglietto per gli "extracomunitari".
Papa Leone XIV ha benedetto un rave party in Slovacchia in cui a fare da dj c’era un prete portoghese Il tutto per festeggiare il 75esimo compleanno dell'Arcivescovo Bernard Bober di Kosice.
I distributori indipendenti americani riporteranno al cinema i film che non ha visto nessuno a causa del Covid Titoli molto amati da critici e cinefili – tra cui uno di Sean Baker e uno di Kelly Reichardt – torneranno in sala per riprendersi quello che il Covid ha tolto.
La presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan ha nominato il nuovo governo e ha fatto ministri tutti i membri della sua famiglia In un colpo solo ha sistemato due figlie, un nipote, un genero, un cognato e pure un carissimo amico di famiglia.

Stefano Sollima, il fuoriclasse del cinema di genere

Evoluzione del regista che ha cambiato la serialità italiana: da Romanzo Criminale a ZeroZeroZero, la miniserie presentata in anteprima alla Mostra di Venezia.

06 Settembre 2019

Quando era bambino, Stefano Sollima ha frequentato i set del papà, Sergio Sollima, e ha cominciato a imparare i segreti della regia: come ogni cosa, anche casualmente, finisca per allinearsi, per mettersi in ordine, per rispondere a un disegno più grande. La scintilla, ha raccontato a Malcom Pagani su Vanity Fair, è scoccata quando aveva appena 14 anni, e quando tutto gli sembrava vecchio e solenne, e a modo suo impossibile. Giovanissimo, ha iniziato a domandarsi come veder realizzati i suoi sogni. Poi ha cominciato a lavorare come aiuto, dietro le quinte, finché non si è ritagliato il suo posto nelle fiction Rai come La squadra.

Il vero salto, però, Sollima l’ha fatto con Romanzo Criminale – la serie, il big bang della serialità italiana. Aveva intuito qualcosa, e l’aveva inseguito; aveva messo in scena la storia di un gruppo di ragazzacci emarginati e arrabbiati. E aveva creato un racconto epico, sontuoso, in cui bene e male erano solo parole, due sfumature tra mille. Romanzo Criminale cambiò ogni cosa. E non solo per Sollima, ma per l’Italia intera, per Sky che la mandava in onda, e per Cattleya che l’aveva prodotta.

Da quel momento, Sollima è diventato Sollima, il regista, l’innovatore, l’uomo che ha dato i natali alla serialità moderna in Italia; colui che, prima di tutti, ha avuto una visione e ha deciso di inseguirla. ACAB è stato il suo primo film, e anche qui, come in Romanzo Criminale, qualcosa è cambiato: la prospettiva del racconto s’è defilata, e l’importanza dell’intrattenimento, anche in una storia così seria, così terribile, così drammatica, ha rivestito un ruolo centrale.

Nell’idea di Sollima di cinema – e di televisione – lo spettatore è la prima cosa, il primo ricevente, il primo che, messo davanti allo schermo, deve esaltarsi. Non importano la fama («il mio modello», ha detto a Il Messaggero «è Terrence Malick. Uno che nessuno sa che faccia abbia e all’autorappresentazione di sé e alle parole compiaciute, ha sempre anteposto le idee, la sostanza delle cose e il lavoro») o il successo; quelli, se vengono, vengono dopo. E Sollima è riuscito a costruirsi una carriera di conferme, di storie straordinarie, e di titoli che – poco o tanto, velocemente o lentamente – hanno cambiato il mondo che lo circondava.

Una scena di ZeroZeroZero

Dopo ACAB, Sollima ha diretto Gomorra – la serie, ed è stato capace, anche dopo Romanzo criminale, di mettere maggiormente a fuoco quello che, a livello internazionale, sono le serie tv. Ha capito la necessità di un racconto che non mostrasse i cattivi solo come cattivi, ma che ne raccontasse le ombre e le luci, anche se si trattava di criminali incalliti. Ha transennato un piccolo universo nella Napoli più popolare, e lì ha puntato la sua telecamera; ha scelto attori sconosciuti, e ha insistito per una lingua: il napoletano. Una delle cose che disse subito dopo aver visto uno dei primi montaggi di Gomorra fu: «Abbiamo fatto una cazzata». Perché Gomorra era un fulmine a ciel sereno; era pura rivoluzione, pura innovazione, una cosa che, in Italia, non era mai stata fatta prima: il genere, il crime, la violenza. Il suo secondo film, Suburra, è stato – se possibile – ancora più estremo. Ha preso due attori come Alessandro Borghi e Greta Scarano, e li ha trasfigurati: irriconoscibili, meravigliosi, assoluti. Due maschere di genere. Persino Claudio Amendola, personaggio popolare per eccellenza, in Suburra interprete di Samurai, si è trasformato. Il male, il male vero; e poi l’umanità. E sempre quella regola sacrosanta: bisogna appassionare, bisogna dire qualcosa di interessante; bisogna avere una morale, uno scopo, un’intenzione precisi.

Sollima ha plasmato i suoi film e le sue serie a sua immagine e somiglianza. Ha fatto sempre quello che ha voluto. Anche quando è stato chiamato in America per dirigere il sequel di Sicario, Soldado, è riuscito – col solo talento, con la sua visione – a imporsi ai produttori. All’inizio, ha ammesso, aveva paura di dover scendere a compromessi; ma alla fine quello che ha messo in scena, è un film suo, con la sua firma, con la sua visione. Assolutamente riconoscibile. È un western in cui gli elicotteri si inseguono come cavalli lanciati al galoppo, in cui la polvere avvolge ogni cosa, e in cui Josh Brolin e Benicio Del Toro assumono consistenza.

Ora è il turno di ZeroZeroZero, la nuova serie degli Sky Studios, di Canal+ e Amazon Prime Video, prodotta da Cattleya e da Bartlebyfilm e presentata in anteprima alla Mostra di Venezia. È una miniserie, proprio come voleva Sollima, uno così convinto della necessità di raccontare storie compiute e contenute, che dopo la seconda stagione di Gomorra ha deciso di lasciare. In ZeroZeroZero, che ha creato insieme a Leonardo Fasoli e Mauricio Katz, racconta lo spaccio della cocaina come non era mai stato raccontato prima. Almeno non in Italia. La serie è tratta dall’omonimo romanzo-inchiesta di Roberto Saviano, pubblicato da Feltrinelli Editore nel 2013 e arriverà su Sky nel 2020. I primi due episodi, quelli firmati da Sollima, sono puro intrattenimento di genere. Western, crime, drammi. E dentro ci ritrovi tutta la sua storia:  i colori di Gomorra, la sua estetica, la sua flemma; ci ritrovi Soldado, e ci ritrovi pure ACAB. Più storie, più linee temporali, più personaggi.

Sollima è un’eccellenza italiana, un’eccezione, nel nostro mercato. Un’eccezione che merita più spazio e più visibilità, e che è stata notata all’estero e che viene costantemente reclamata (prossimamente girerà un film con Michael B. Jordan, e Colt, da un soggetto di Sergio Leone). È un fuoriclasse, Sollima. È il nostro fuoriclasse, il nostro campione: non il numero 10, ma il numero 9. Quello che ha visione d’insieme e un piano preciso, che insieme al talento innato può contare sull’intelligenza della pratica e dell’esperienza. È il papà della serialità italiana, ed è il nostro migliore regista di genere.

Articoli Suggeriti
Leggi anche ↓
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop

Noto al grande pubblico come vincitore di un Oscar e di un Golden Globe per la sceneggiatura di Shakespeare in Love.

A Sanremo tiferemo per Sayf

Padre italiano, madre tunisina, una vita tra Rapallo e Genova, non riesce a scegliere chi preferisce tra Bob Marley e Fabrizio De André, ma soprattutto è una delle più interessanti novità del rap italiano: la nostra intervista dal numero di Rivista Studio.

La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait

Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

A giudicare dai nomi in gara, Carlo Conti vuole che Sanremo 2026 piaccia soprattutto ai giovani

Tanti nomi emergenti, molto rap e veterani al minimo: è questo il trend di Sanremo 2026, pensato per un pubblico social e under trenta.

di Studio
I libri del mese

Cosa abbiamo letto a novembre in redazione.

La vita vera, istruzioni per l’uso

L'uso dei dispositivi, i social, l'intelligenza artificiale ci stanno allontanando dalla vita vera. Come fare allora a ritrovare una dimensione più umana? Un viaggio tra luddisti, nuove comunità e ispirazioni, nel nuovo numero di Rivista Studio.