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Cosa ha detto Woody Allen nella sua ultima intervista al Guardian

«Dimmi pure, puoi chiedermi qualsiasi cosa». Immaginare che a pronunciare una frase simile sia Woody Allen all’altro capo del telefono è, appunto, qualcosa che la maggior parte dei suoi fan potrebbe solo immaginare. Eppure, è quello che è successo a Hadley Freeman, che ha intervistato il cineasta per il Guardian, «avremmo dovuto parlare del suo ultimo film, e dei suoi 70 anni di commedia. Ma alla fine abbiamo passato un’ora a ragionare sullo scandalo che ha oscurato la sua carriera». «Presumo che per il resto della mia vita un gran numero di persone continuerà a pensare che io sia un predatore. E ogni volta che dico qualcosa a riguardo sembra voglia difendermi. Ho deciso di andare per la mia strada e lavorare. Non mi importa».

Come avevamo ricostruito qui, in relazione alle accuse mossegli anche dal figlio, Ronan Farrow, i numerosi gangli dello scandalo sono stati oggetto di riflessioni sin dal 2014, quando la figlia adottiva del regista, Dylan Farrow, forte del sostegno della madre Mia Farrow, ha accusato Allen di averla molestata quando era una bambina – dando vita a quel cortocircuito iniziato già nel 1992, quando venne alla luce la relazione tra Allen, all’epoca di 57 anni, e Soon-Yi Previn, 21 anni, figlia adottiva di Mia. «Pensavo che la gente si sarebbe accorta subito che qualcosa non andava, e che tutto quello fosse palesemente “ridicola immondizia” che Mia stava gettando su di me, tanto che io all’epoca non la presi nemmeno sul serio», dice Allen. Nonostante non esistano condanne, come ricorda Freeman, il suo nome viene ancora associato a quello di Weinstein, Epstein, Jimmy Saville e Cosby. E allora perché Allen ha preso le proprie difese così poche volte? «Pensa voglia davvero cadere in pasto ai tabloid? Parliamo di un Paese fatto di cittadini ben intenzionati, pieni di indignazione morale, fin troppo felici di apparire tanto nobili prendendo posizione su una questione di cui non sanno nulla».

E sugli attori che hanno deciso di non voler più lavorare con lui dice: «È sciocco. Gli attori non hanno idea dei fatti e si aggrappano a una posizione pubblica e sicura. Chi al mondo non è contrario alla molestia infantile? Denunciarmi è diventata la cosa da fare per essere alla moda, per essere “quelli giusti”». Come Timothée Chalamet. «Timothée all’epoca dichiarò pubblicamente di essersi pentito di aver lavorato con me e di aver dato i soldi in beneficenza. Peccato che abbia detto a mia sorella di aver avuto bisogno di farlo, dato che era in lizza per un Oscar per Call Me By Your Name, e lui e il suo agente sentivano che avrebbe avuto maggiori possibilità di vincere se mi avesse denunciato».

Intanto, nell’ultimo decennio, Allen è stato boicottato dalla critica, considerato “troppo pieno di scandali” anche per i Clinton che hanno restituito la donazione che Allen e Soon-Yi avevano fatto per la campagna di Hillary, molti hanno iniziato ad additare i suoi film come “prove del suo atteggiamento”, con uomini maturi che rincorrono ragazze più giovani. «Ma è una fabbricazione completa, astratta. Come un atterraggio di navi spaziali a New York. E così tutto ciò che posso fare è sperare che un giorno le persone tornino a pensare». E se non fosse così? «Ci sono tante ingiustizie nel mondo, molto peggiori di questa. Basta imparare a conviverci».