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11:19 giovedì 18 settembre 2025
Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.
Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  La procura lo ha accusato di omicidio aggravato, reato per il quale il codice penale dello Utah prevede la pena capitale. 
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.

Come si diventa vittima dei propri tweet

Da Elon Musk a J.K. Rowling, cosa spinga una persona ricca e famosa a litigare su Twitter con estranei è un mistero insondabile.

24 Giugno 2020

Perché siamo sempre più arrabbiati con l’attore, musicista o influencer di turno? Ogni giorno una polemica, del nuovo drama, una celebrity “cancellata”. I fatti degli ultimi mesi non hanno fatto che velocizzare questo fenomeno, per cui è ora di parlarne: come sta cambiando il rapporto tra loro, “le persone famose”, e noi? Qui parlavamo della stan culture.

C’è un vecchio adagio di internet che in questi giorni può tornare utile ripetere: “Never Tweet”. Non twittare mai. La frase si è diffusa, com’è prevedibile, proprio su Twitter, la piattaforma nata per dare un pubblico globale ai prolissi d’ogni latitudine, in cui ogni messaggio può essere un inciampo, un rischio o una figuraccia. Il rischio sembra essere più alto per un certo tipo di utente: una persona (maschia, di mezz’età: un boomer) che ha un nutrito seguito online e non riesce a non commentare i fatti del giorno. A questo punto, ma è veramente solo un caso, ve lo assicuro, parliamo di Beppe Sala. Fino a qualche mese fa il sindaco di Milano era il campione dell’hype meneghino, l’uomo dell’Expo, l’ultimo baluardo della sinistra, il politico che si faceva fotografare con l’obbligatorio Sally Rooney al momento giusto dell’estate 2019; negli ultimi mesi, nel mondo post Coronavirus, la strada si è fatta più scivolosa per il sindaco, rivelando i rischi legati all’esposizione continua sui social. L’ultima polemica è dello scorso venerdì, quando Sala ha pubblicato online il suo video quotidiano con cui richiamava Milano (e l’Italia, va da sé: urbe et orbi) al lavoro, dopo mesi di smart working.

È per ragioni simili che è meglio Non Twittare Mai. O almeno, prima di farlo, specie in tempi pandemici e di crisi, è preferibile farlo dopo aver letto la situazione, aver capito cos’è lo smart working, quanto è possibile concludere lavorando a distanza e, soprattutto, visto poi la situazione del virus in Lombardia, perché è necessario continuare con questa pratica. Read the room, dicono gli inglesi: difficile farlo da Palazzo Marino, in questi giorni. Sala non è solo. C’è una lunga tradizione di potenti andati alla deriva a causa dei social. Il pensiero corre subito a J.K. Rowling, autrice di culto e twitstar indefessa che da ha l’abitudine di riscrivere e aggiustare il canone di Harry Potter proprio su Twitter. Alle volte Rowling risponde a domande dei fan ma altre volte si sente proprio in dover di rifinire la lore della saga, spesso con risultati stranianti: è così che abbiamo saputo il compleanno di Draco (tweet), il numero di produttori di bacchette magiche in Nord America (tweet), o i dettagli su come i maghi espletavano i propri bisogni corporei prima dell’invenzione del bagno (tweet). Per non dimenticare le politiche aperte della scuola di magia di Hogwarts, in cui in cui Albus Silente, omosessuale, non fu mai vittima di omofobia (“ai maghi non importa un accidente”: tweet) e il razzismo non era un problema (tweet). Beati gli studenti di Hogwarts, viene da dire, visto che le recenti posizioni transfobiche assunte dall’autrice su Twitter, che da tempo sembra essersi avvicinata al movimento Terf britannico (Trans-Exclusionary Radical Feminism).

Cosa spinga una persona ricca e famosa a passare tempo su Twitter a litigare con estranei è un mistero insondabile. Qualcuno dovrà risolverlo, prima o poi, perché la lista di persone vittime dei loro stessi tweet è appena cominciata: dopo la scrittrice, passiamo a Elon Musk, imprenditore e patron di Tesla e SpaceX, noto da anni per la sua presenza imprevedibile e caotica sui social. Qui promuove le sue aziende, discute di Rick & Morty (tweet), condivide meme edgy e si diverte a proporre metodi per recensire giornalisti (tweet). Nell’agosto del 2018 Musk ruppe la quiete estiva con un tweet in cui annunciava di voler ritirare Tesla dalla borsa e di avere già i fondi necessari per farlo. Un tweet di sole nove parole che scatenarono un’odissea legale, l’azione della Sec (la Consob statunitense), una multa da venti milioni di dollari e l’obbligo per Musk di far vagliare i suoi tweet sull’azienda a un team legale prima di pubblicarli. Poco meno di un anno dopo, comunque, Musk era già tornato alle vecchie abitudini, twittando cifre non confermate sulla produzione Tesla. Il caso Musk è riesploso lo scorso maggio quando il Ceo, dal nulla, ha invitato i suoi follower a “prendere la pillola rossa”. Il meme della red pill ha una storia lunghissima: si riferisce alla scena di The Matrix in cui a Neo viene offerta la possibilità di tornare alla sua vita normale prima di scoprire l’unica e grande verità; col tempo, alcuni meandri di internet lo hanno trasformato prima in un’immagine antifemminista e poi in un simbolo dell’alt-right, la “nuova” estrema destra americana. Non è un caso che Ivanka Trump, figlia del Presidente in carica, abbia ritwittato Musk con felicità – e che la co-creatrice di Matrix, la transessuale Lilly Wachowski, li abbia mandati al diavolo.

Musk è una figura tragica. Quando nemmeno la SEC e i miliardi di dollari riescono a farti cliccare su “logout”, le speranze sono poche: un tristo destino rappresentato al meglio dal mostro finale della categoria “Potenti Boomer Dipendenti Da Twitter”, l’uomo più potente del mondo e l’uomo più connesso del mondo: il troll di Twitter che si è fatto Commander-in-chief. Agli occhi dei suoi sostenitori, Donald Trump è il suo account Twitter. Non Twittare Mai è però uno spiritello misterioso, in grado di colpire anche chi alberga la Casa bianca: non c’è infatti mossa di Trump che non sia paradossalmente criticata da un suo vecchio tweet, in cui magari se la prendeva con Obama e il Congresso, colpevole di fare qualcosa che oggi, invece, tocca a lui fare. C’è persino un account chiamato There’s Always A Tweet che si occupa di postare vecchi tweet trumpiani che oggi sembrano critiche alla sue stesse azioni. Un problema complesso, quello di chi non riesce a staccarsi dallo schermo nonostante fama, potere e soldi. Un problema con una soluzione piuttosto semplice: Non Twittare Mai. Ve lo dice uno che ha più di settemila tweet sulla coscienza, ovviamente.

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