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Come lo Scotch Egg salverà il Natale nel Regno Unito

Per niente abituati, anche i cittadini britannici sono alle prese con la follia burocratica delle leggi pandemiche: una di queste ha a che fare con un uovo ricoperto di carne.

di Alessandro Busco

Un uomo fuori da un pub di Kilburn High Street a Londra. Foto di Dan Kitwood/Getty Images

Dovreste già sapere tutti, arrivati a questo punto dell’inverno, che il kolossal della stagione 2020 ha fatto registrare un successo fragoroso, sia di critica che di pubblico come sempre più raramente accade. E non c’è da meravigliarsi considerando la struttura innovativa di Operazione Natale, storia finalmente davvero immersiva, di lontananze e di affetti negati, dal respiro talmente internazionale che allo spettatore/attore di ciascun Paese viene concessa la facoltà di diversificare il proprio destino natalizio nello stile di Black Mirror: Bandersnatch o di alcune vecchie storie a bivio di Topolino, e il cui soggetto ricorda una partita di Risiko di quelle interminabili tra amici, ma con i territori a colori invece delle armate.

È emerso in particolare il luminoso talento dello sceneggiatore della versione inglese, che sospetto essere un apostolo in stato di grazia dell’Armando Iannucci di The Thick of It. Dopo aver svolto pratica quotidiana negli ultimi cinque anni trascorsi a scrivere ricurvo da uno studio con vista Downing Street (memorabile quando  un cosplayer di Sbirulino ha trionfato alle elezioni), lo sceneggiatore di Operazione Natale aveva già mostrato un saggio di talento con l’uscita del campione d’incassi primaverile Lockdown I. Sembrava difficile ripetersi, tanto più a seguito del misterioso allontanamento di uno dei protagonisti della commedia, ma a salvaguardia del necessario divertimento generale è arrivata un’intuizione geniale.

Il piano Union Jack di salvataggio del santo periodo è partito oltre un mese fa, quando il governo guidato da Boris Johnson (ormai lontana ombra dell’opinionista di scuola hobbesiana che fu) ha deciso di sospendere il sistema estivo a tre scaglioni territoriali per fronteggiare l’avanzata dell’epidemia con un secondo periodo di lockdown generale. Un mese soltanto, prometteva solennemente lo sciagurato, un piccolo sforzo e sarà compiutamente dicembre, anzi tre volte Natale e festa tutto il giorno, ci incontreremo ancora non so dove non so quando ma certamente sotto un rametto di vischio dove ci innamoreremo di sicuro. Un mese durante il quale è stato toccato un nuovo punto di sublime sprofondo nel ridursi a copiare i fondi di magazzino della premiata ditta Rocco Casalino, almeno concedendo un minimo di verosimiglianza alla letterina del bambino inglese Monti di otto anni rispetto a quella del Tommaso italiano che a cinque anni ha già il poster in camera di Monti Mario. Un mese in cui locali pubblici e negozi non di prima necessità hanno sospeso l’attività, in attesa di disposizioni su come dover interpretare il mese di dicembre: solitamente un imperdibile carosello di luci, spostamenti trafelati, incassi da paura, feste ogni sera, sorrisi e canzoni (che non se la passano benissimo nemmeno loro), frusciante carta da regali e registratori di cassa col jingle, nel 2020 chissà e soprattutto con che spiriti.

La soluzione era poi semplice, no? Le riaperture della ristorazione del 2 dicembre a Londra (a seguito dell’inclusione non senza polemiche nel livello intermedio di contagio), col limite orario delle 22, prevedono gli ormai familiari tavoli distanziati e il divieto di mischiare nuclei abitativi negli spazi interni, ma aggiungendo una regola ad hoc per bar e pub, obbligati a servire assieme al drink un “substantial meal”. Sul pasto più o meno ci siamo, ok. Ma substantial? Un pasto considerevole sì, ma per dimensione, importanza come portata, o magari previa consultazione al momento dell’ordine della app con la tabella delle calorie? Il primo dizionario in cui ci si imbatte online introduce poi i concetti di valore e importanza sociale, con tanti saluti alla pretesa di oggettività della norma.

Non potete comprendere davvero la tenerezza che si schiude nel vedere degli esseri umani completamente spaesati se non avete seguito l’ultima settimana di estenuanti dibattiti sul tale aggettivo e sugli antipasti, sulle patatine (valgono in sacchetto?) e le noccioline, sull’asporto nel pub da fuori e fantasiose proposte di portarsi la schiscetta da casa, sul paté di fegato di pollo sì o no e la mentina dei Monty Python sì o no. Poveri inglesi, eterni fanciulloni pascoliani non abituati in una situazione senza precedenti alle finezze/furbizie del leggere tra le righe legislative, che non concepiscono nemmeno lontanamente che le bozze del decreto possano essere suggerite in anteprima per saggiare le reazioni indignate a questo o quel provvedimento, privi nelle chat in ebollizione due minuti dopo la comunicazione del decreto ufficiale di dottò che consiglino interpretazioni per poter continuare a fare quel che si faceva prima.

Un tale scenario di sopraggiunto delirio nazionale non poteva che essere risolto da un’entità universalmente amata, quasi sovrannaturale, dal cuore caldo, la corazza di carne e l’inconfondibile figura che incuriosisce milioni di persone: non sarà però Santa Claus ma lo Scotch Egg a salvare questo Natale, a conferma dell’assunto che sia ormai impossibile che una questione rimanga seria anche in un periodo che finirà evidenziato pigramente sui libri di storia degli adolescenti futuri. Di base, lo Scotch Egg contiene un uovo sodo a sua volta contornato da un involucro di carne generalmente di salsiccia e da una panatura di pan grattato: all’occhio è pericolosamente simile a una crocchetta in scala gigante. La popolarità dell’Egg sprigiona dalla ricetta molto semplice ma laboriosa, originata due secoli fa non si sa bene come oppure ispirata da chi, ma in seguito adottata principalmente dalla regione a forte impronta agricola dello Yorkshire, sulla cui costa l’uovo viene offerto anche in una variante di pesce.

Scotch Egg tradizionali

Per decenni lo Scotch Egg è stato dignitosissima espressione di cucina povera popolare, per poi cadere in disgrazia negli anni Novanta tra le battute di un personaggio comico quale Alan Partridge, icona della Middle England dove il magico uovo sferico prospera. Lo sviluppo successivo dell’offerta culinaria anglosassone e l’esplosione del fenomeno dei gastro-pub che hanno recuperato in chiave moderna molti ingredienti e piatti storici allontanandosi dalla liturgia wet-led dei pub tradizionali hanno indotto molti locali ad includere via via lo Scotch Egg nel novero dei propri stuzzichini, e anche come autentico antipasto gourmet, liberandolo da un immaginario di confezioni di plastica da sei pezzi, soste in stazioni di servizio, picnic e catene di pastry fast food alla Greggs dove suo malgrado resta ancora un po’ confinato il gemello sfigato sausage roll.

Ed allora ecco il caro uovo fare ormai presenza fissa in prestigiosi manuali di cucina che non s’arrischiano comunque a risolvere il dilemma se esso vada servito caldo o a temperatura ambiente (caldo, appena della mostarda, tanto pepe e molta salsa HP per me, grazie), vengono organizzati tornei con ristoranti da Guida Michelin in lizza per la corona, e poi ci sono le proposte meno fedeli alla ricetta originale tra uova di quaglia per un’alimentazione più sana e carne black pudding dal sapore più forte, o lo Scotch Egg del Bull and Last citato dal tagliente critico Giles Coren come sua alimentazione base e offerto in voucher dal gastro-pub come biglietto da visita del proprio manuale culinario.

Lo Scotch Egg, quindi, in tutte le sue forme sembra quasi un vero e proprio collante emotivo nel dilaniato Regno Unito post-Brexit. Anche per i tanti pub di quartiere attualmente in sofferenza, i famosi proper pub dalla moquette a quadri privi nella maggioranza dei casi di una cucina operativa essenzialmente perché si rivolgono a una clientela anziana e tradizionalista che vede nel pacchetto di pork scratchings dietro al bar la linea del Piave oltre cui si aprono le porte della modernità. La regola del substantial meal sembra creata anche allo scopo di proteggere le fasce di popolazione più deboli, al prezzo però di chiudere fondamentalmente gli anziani in casa e nel rischio di spingere gli esercizi a loro cari verso la chiusura definitiva in quel sottilissimo filo tra salute pubblica, tenuta mentale della popolazione e protezione dell’economia sul quale da mesi cerchiamo incerti un equilibrio miracoloso.

Insomma, nonostante l’atmosfera particolare e gli immancabili dietrofront di ministri e sottosegretari interpellati dai media e lasciati soli a dirimere la questione, il Patto dello Scotch Egg è stato confermato quale compromesso normativo, quasi una versione nella politica d’oltremanica della nostra crostata di memoria dalemiana. La sceneggiatura può giungere a conclusione: la tradizionale pietanza, facilmente reperibile anche già pronta in tutti i supermercati, può così riuscire nell’impresa ultraterrena di tenere assieme e salvare la capra degli straordinari festaioli di dicembre, i cavoli della salute pubblica, la nascita del bambinello e i saluti a tavola a nonno col femore rotto. E Merry Christmas sia.