Cose che succedono | Ucraina

La storia dell’uomo che un anno fa riuscì a bloccare da solo l’avanzata delle truppe russe a Bucha

Un anno fa, mentre le truppe russe cominciavano quella che nelle intenzioni di Vladimir Putin doveva essere una guerra lampo, Valentyn Didkovsky usava per la prima volta il lanciarazzi Rpg-18 che teneva pronto in casa: Didkovsky non aveva dubbi che prima o poi all’orizzonte sarebbe comparsa una colonna di mezzi armati della Federazione, e nelle settimane precedenti all’invasione aveva trascorso quasi tutto il suo tempo a prepararsi per l’occasione. Nei primi giorni di guerra l’avanzata russa sembrava inarrestabile: in appena 72 ore era già arrivata alle porte di Kyiv, lasciando una scia di distruzione nelle cittadine e nei paesi della regione attorno alla capitale. Posti come Bucha, la casa di Didkovsky, che sarebbe poi diventato il luogo di tutti gli orrori della guerra in Ucraina. Didkovsky temeva cosa sarebbe successo se ai soldati russi fosse stato permesso di avanzare ancora: e quindi decise di usare per la prima volta il lanciarazzi Rpg-18 che teneva pronto in casa.

Dopo quel giorno, Didkovsky è diventato famoso in Ucraina. Si è unito all’esercito come volontario – lo aveva già fatto nel 2014, in Donbass, ma non aveva mai combattuto, si occupava solo di trasporti e rifornimenti – e la sua storia è stata raccontata più volte dai giornali, dalle televisioni, su Internet. È diventato l’uomo che da solo, anche se per poco tempo, è riuscito a proteggere la sua città e a fermare l’avanzata dei russi in un momento in cui sembrava impossibile farlo. Gli hanno anche attribuito un soprannome: Did, cioè nonno, perché ha 64 anni, è in pensione e ha la barba e i capelli bianchi. Nomignolo che gli piace ma che ogni volta si premura di ricordare che non è veritiero perché lui nonno non lo è ancora (ha vietato al figlio di arruolarsi proprio perché vuole diventare nonno, come ha raccontato a Politico).

Grazie al suo lanciarazzi, Didkovsky riuscì a colpire un mezzo pesante russo che si trovava in testa al convoglio, distruggendolo: tutti i mezzi che seguivano rimasero bloccati in mezzo alla strada. A quel punto Didkovsky riuscì a contattare un’unità dell’esercito ucraino stanziata non lontano da Bucha: Did riuscì a riferire le coordinate presso le quali si trovavano le truppe russe, e sette minuti dopo i soldati ucraini arrivarono sul posto e le costrinsero a indietreggiare, distruggendo gran parte dei mezzi a disposizione del nemico. Il giorno dopo, Didkovsky decise di fare un sopralluogo in mezzo a quel che rimaneva del convoglio russo. Si riprese con il telefono mentre camminava nel luogo della battaglia, una testimonianza che nei mesi a venire sarebbe diventata virale e lo avrebbe trasformato in uno dei simboli della resistenza ucraina. «Questo è tutto ciò che rimane di quei bastardi. Io ho fatto la mia parte. Questi stronzi sono venuti qui e sono morti. Spero che stiano tutti quanti bruciando all’inferno», lo si sente dire nel video.

A un anno di distanza, Did ha raccontato che quel video, in realtà, lo aveva realizzato per la famiglia. Suo fratello, infatti, vive a Izhevsk, in Russia. «Quando l’ho chiamato e gli ho raccontato cosa era successo, non mi ha creduto, mi ha detto che erano tutte fake news».