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04:06 giovedì 3 luglio 2025
Il Dalai Lama sta per compiere 90 anni e Cina e Tibet già litigano per il suo successore Lui ha detto che il suo successore non nascerà sicuramente in Cina, la Cina lo ha accusato di essere «un manipolatore».
I BTS hanno fatto la reunion, annunciato un nuovo disco e anche un tour mondiale Finita la leva militare, i sette sono tornati a lavoro: in una live hanno annunciato i molti impegni per la seconda metà del 2025 e il 2026.
Il leak del trailer dell’Odissea di Christopher Nolan era ampiamente prevedibile Il piano era di proiettarlo nelle sale americane per tutto il mese di luglio, ma ovviamente qualcuno ne ha fatto un video con lo smartphone.
Le prime immagini della serie di Neuromante le ha fatte vedere William Gibson Lo scrittore ha condiviso su X una breve clip in cui si vede il leggendario bar Chatsubo di Chiba City: «Neuromancer is in production», ha annunciato.
L’Unione Europea ha stabilito che sapere quanto guadagnano i propri colleghi è un diritto Lo ha fatto con una direttiva che l’Italia deve recepire entro il 2026. L'obiettivo è una maggiore trasparenza e, soprattutto, contribuire alla diminuzione del gap salariale tra uomini e donne.
Grazie all’accordo tra Netflix e la Nasa ora si potrà fare binge watching anche dell’esplorazione spaziale Il servizio di streaming trasmetterà in diretta tutta la stagione dei lanci spaziali, comprese le passeggiate nello spazio degli astronauti.
Gli asini non sono affatto stupidi e se hanno questa reputazione è per colpa del classismo Diverse ricerche hanno ormai stabilito che sono intelligenti quanto i cavalli, la loro cattiva fama ha a che vedere con l'associazione alle classi sociali più umili.
In Turchia ci sono proteste e arresti per una vignetta su Maometto pubblicata da un giornale satirico Almeno, secondo le autorità e i manifestanti la vignetta ritrarrebbe il profeta, ma il direttore del giornale ha spiegato che non è affatto così.

Chi è Orbán e perché non è un amico dell’Italia

Ritratto del premier ungherese e della sua bromance con Salvini, che lo incontra martedì a Milano.

27 Agosto 2018

Viktor Orbán è l’uomo delle contraddizioni. Se è diventato quello che è, lo deve anche a George Soros, il filantropo liberale che gli ha finanziato gli studi a Oxford. Eppure uno dei provvedimenti più rappresentativi della sua leadership, che ha trasformato l’Ungheria in un punto di riferimento per i sovranisti, è la cosiddetta “legge anti-Soros”, che limita il lavoro delle Ong che accolgono i migranti, preceduta da una campagna antisemita contro il magnate, che è di origine ebraica. Uno dei cavalli di battaglia di Orbán è infatti la lotta contro l’accoglienza dei profughi, che nel caso dell’Ungheria significa la ridistribuzione dei richiedenti asilo, dai cosiddetti Paesi di primo arrivo (Italia, Grecia e Spagna) alle altre nazioni europee. Eppure il premier ungherese annovera tra i suoi sostenitori Matteo Salvini, il ministro dell’Interno di una nazione il cui interesse è, guarda caso, proprio redistribuire i profughi. Detesta l’Europa, perfida unione di nazioni che farebbero meglio a rimanere tali, eppure sta provando a indebolirla tessendo alleanze transnazionali.

Martedì Salvini e Orbán si incontreranno a Milano: non sarà un vertice istituzionale, hanno fatto sapere dal governo, ma politico. Del resto il leader leghista negli ultimi anni ha dimostrato chiaramente di vedere in Orbán un modello, così come prima lo era stata Marie Le Pen (la differenza è che Orbán è al potere dal 2010, mentre il Front National non ha mai vinto un’elezione). Nel 2017 lo stesso Salvini aveva difeso il governo Orbán davanti al Parlamento europeo: la sua Ungheria sì che pensa al bene dei propri cittadini, questo il succo del discorso, mentre l’Europa «si preoccupa dei Rom e dei finti profughi». A giugno, in occasione della visita del vice cancellerie austriaco Heinz-Christian Strache, Salvini e Strache avevano annunciato insieme la nascita di una “coalizione dei volenterosi” tra Roma, Vienna e, appunto, Budapest. «Mi ha telefonato Orbán, insieme a lui cambieremo le regole di questa Europa», aveva detto il leghista a ridosso di quell’occasione.

Orbán, va detto, è anche una creatura politica più complessa di quanto non si tenderebbe a pensare. Come scriveva il New York Times in un profilo di qualche mese fa, appartiene a una tipologia specifica, che è anche quella del presidente ceco Milos Zeman: quei politici dell’Est che furono dissidenti liberali durante i regimi comunisti, e che in tempi più recenti hanno ripudiato l’idea di società aperta, rifugiandosi nel nativismo. La sua è la storia, riassume il Nyt, di un «accademico liberale che si è trasformato in un populista illiberale», anzi in un vero e proprio «eroe dei populisti» di tutta Europa, e anche americani: Steve Bannon si dice sia un estimatore pure lui. Proprio come Putin, visto da destra Orbán è più un simbolo che un personaggio reale.

Il paradosso più grande, in questa bromance Orbán-Salvini, sta proprio nella questione dei profughi. Non si tratta di posizionamento politico, ma di semplice interesse nazionale, un concetto che, per paradosso, i nazionalisti sembrano avere dimenticato. L’interesse dell’Italia è spingere per una redistribuzione dei profughi: il Trattato di Dublino stabilisce che i richiedenti asilo debbano rimanere, in attesa di ottenerlo, nei Paesi di primo arrivo, e non bisogna avere una posizione anti-immigrazione per rendersi conto che questo grava in modo sproporzionato sui Paesi mediterranei. L’Ungheria ha però messo in chiaro che i profughi che arrivano in Italia, Grecia e Spagna non li vuole, ha chiuso le sue frontiere: come si fa a vederla come un alleato?

Un altro paradosso sta nell’idea di Europa. Da Budapest a Roma, i populisti vogliono affossare il progetto di un’Europa senza frontiere: facciamo un’Europa delle nazioni, dicono, ognuno torni a farsi gli affari suoi e a perseguire i suoi interessi nazionali. Il problema è che, per raggiungere questo obiettivo, devono passare da una dimensione sovra-nazionale, cioè europea, con elezioni europee e alleanze europee. Senza contare che anche il discorso sugli interessi nazionali è zeppo di contraddizioni: se ogni governo riprende a farsi i propri, come la mettiamo quando un nostro vicino di casa, come l’Ungheria, ha interessi radicalmente diversi dai nostri?

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