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Vladimir Nabokov ha immaginato le emoji prima che venissero inventate

Nonostante il primo set di emoji sia stato creato nel 1997 in Giappone, dall’operatore telefonico Softbank, la loro forma più embrionale (e quindi lo smile, ottenuto con due punti trattino e parentesi) ha fatto il suo ingresso nel mondo il 19 settembre 1982, grazie al dottor Scott Fahlman, professore di informatica alla Carnegie Mellon University, di Pittsburgh. Alla base vi era l’idea di evitare alle persone fraintendimenti, permettendo, durante gli scambi via posta elettronica (la cui invenzione risale agli albori di internet, negli anni ’60), di percepire il tono corretto, in questo caso gentile e scherzoso, di un’affermazione. «Propongo la seguente sequenza di caratteri per evidenziare lo scherzo :-)», aveva scritto Fahlman. Necessario, considerando che si tratta di un problema con cui nonostante la vastissima quantità di emoji che abbiamo adesso ci ritroviamo ad avere a che fare (“la faccina che ride appena, passivo aggressivo?”). Eppure, ben 13 anni prima dell’intuizione, a immaginare l’invenzione indispensabile delle emoji, e dello smile, fu il romanziere Vladimir Nabokov.

Come ha raccontato LiteraryHub, nel 1969 il giornalista Alden Whitman inviò a Vladimir Nabokov (di cui è stata da poco pubblicata la sua poesia che parla di Superman) alcune domande per un articolo sul New York Times. Una di queste domande, piuttosto antipatica, era: «Come ti classifichi tra gli scrittori viventi e tra gli scrittori del passato?». Nabokov rispose così: «Penso spesso che dovrebbe esistere un segno tipografico speciale per indicare un sorriso, magari una sorta di segno concavo, una parentesi tonda supina, che ora vorrei usare in risposta alla tua domanda per farti capire quanto mi faccia ridere». Secondo Emojipedia comunque, nonostante l’importanza storica e l’universalità dello smile, l’emoji più utilizzata al mondo sarebbe ancora quella che ride con le lacrime, mentre quella sorridente, con gli occhi chiusi e le gote rosse avrebbe da tempo iniziato il suo lento declino.