Attualità

L’ultimo Divo

È Gabriel Garko, "una Linda Evangelista di borgata", tra red carpet (romano), leggende sessuali, e approcci falliti con Charlize Theron.

di Stefano Ciavatta

Divo, parola che si usa quando hai finito i sinonimi in un pezzo per dire attore. Esisteancora un Divo italiano? “Amedeo Nazzari è morto” dice il Veltroni di Guzzanti. Anche i colonnelli del cinema italiano sono morti. Tutti. Chi rimane? Le superstar straniere quando arrivano ospiti dei festival ci abituano a facce sorprese e divertite, reggono con educazione il nostro entusiasmo. Per loro siamo un pubblico come tanti, europei con alto tasso melodrammatico. E i nostri idoli? Molti attori sembrano spesso a disagio a contatto con la folla nazionale, schivi e snob più per non saper gestire fascino epopolarità che per effettiva voglia di passare inosservati. Non possono osare di più di un sorriso, altrimenti non gli si perdona la vanagloria. Di coni d’ombra non portano traccia. Vanno meglio i mattatori come Proietti e Verdone assediati ovunque dai fan, volti stranoti ma armati di santa pazienza di fronte alla popolarità. A loro gli si vuole bene. Ma non è la stessa cosa di quando un Divo ti passa accanto, padrone del suo territorio, il tappeto rosso del carpet.

L’anno scorso, dopo essere passata ai raggi X del photocall del RomaFictionFest, una sagoma statuaria vestita con un elegante gessato salutava un’attrice stringendola a sé, accompagnandola al fianco con la mano sicura. Così metteva alla prova tutto lo charme della donna decisamente meno famosa, forse facendolo vacillare, forse dandogli insperata fiducia. Quella sagoma si è ripresentata anche quest’anno. Capelli tirati indietro lucidi di brillantina, un paio di occhiali con lenti sfumate, sorriso smagliante, barba rasata, una camicia bianca, pantaloni e stivali e una giacca blu. L’attore si muoveda solo sul red carpet come fosse a casa sua. Non ha bisogno di security ma neanche ha la faccia di chi è capitato lì per caso. Con quella stessa mano sposta la transenna, si fa avvicinare, si mette in posa per essere fotografato da tutti, ragazze e ragazzi lo assediano ma lo spazio lo crea lui, non subisce nessuno, apre le braccia e avvolge insieme due ragazze. Ha il fare del gentiluomo nei modi affascinanti e nella disponibilità ma poi mescola tutto con un’aria sensuale ed esplicita, è istintivo e fisico anche quando firma autografi a raffica.

È Gabriel Garko, è forse l’ultimo dei divi. Il suo mentore, il grande press agent Enrico Lucherini ha detto a proposito della parola divo: «I nuovi divi sono i registi, divo è una parola che agli attori non piace. Valerio Mastandrea è uno dei più bravi attori ma non sarà mai un divo. Gabriel Garko in tv è bello come un divo americano e infatti gira la fiction su Rodolfo Valentino».

Un divo d’altri tempi, anche perché le fiction in cui recita sono prodotti di una televisione poco coraggiosa e vecchio stile («serie che hanno grande successo popolare, eredi dei fotoromanzi e dei film di Matarazzo, dove tutto è al quadrato: passioni, baci, fughe, tradimenti, bocche e seni») ma per l’Auditel sempre piena di soddisfazioni. Non sarà il target di pubblico di True Blood e Misfits ma l’ultima puntata de L’onore e il rispetto trasmessa su Canale 5 ha fatto 6 milioni e seicentomila spettatori. In precedenza Garko aveva già sbancato con il Il peccato e la vergogna di cui ora stagirando il sequel. La conduttrice Antonella Clerici si è scagliata di recente contro Garko colpevole di incantare il pubblico della concorrenza togliendo ascolti ai suoi programmi. «Queste cose la Clerici le dice perché con le mie fiction ha perso tutti gli scontri. Una volta, pur di evitarmi, ha chiesto che la spostassero di giornata. Quando l’hanno messa al sabato s’è scontrata con C’è Posta per Te di Maria De Filippi. E lì chi c’era ospite? Io. Per la cronaca: abbiamo vinto pure quella sera. Mi sa che ormai la Clerici mi sogna pure la notte. Ma come incubo».

Divo maledetto dai colleghi ma non a rischio autodistruzione, tenebroso e cattivo sì ma stakanovista riconosciuto: oltre al film su Rodolfo Valentino Garko ha in cantiere un progetto su Dorian Gray, su Dottor Jekyll & Mr Hide, un altro nei panni dell’imperatore Adriano, in una produzione di Rai Fiction ispirata a Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. Insomma il trentottenne torinese Garko va meglio del ritorno flop di Dallas.

Il “tronista della fiction” ha dalla sua tutte le armi del sex symbol compresa la gavetta: ex “Più Bello d’Italia 1991” col suo vero nome Dario Oliviero («ho vinto il concorso ma ho rifiutato di firmare il contratto per non andare in tv per un anno girando nudo con la fascia e la corona»), fotoromanzi e calendari, pose di nudo integrale. Quando è stato chiamato a fare sul serio non gli è andata bene. In Senso 45 Tinto Brass gli mise addosso una divisa nazista, «stare dentro quegli abiti mi fa ha fatto un grande effetto. Non mi sentivo a mio agio, è stato molto sgradevole». Nel 2002 recita una parte in Callas Forever di Zeffirelli. «Che ci faccio qui?» disse a Ronconi che nel 2003 lo fece debuttare a teatro con un testo di Henry James. Ma Ronconi rispose: «Chi viene a vedere te, si becca me, la Melato, la Lojodice, la Ranzi; chi viene a vedere noi, si becca te». L’altra grande sortita autoriale di Garko sono state Le fate ignoranti di Ozpetek (2001) ma la scelta sadica del regista lo costringe per tutto il film a fare la parte del moribondo. Ovvio allora che Garko si tenga stretto le parti da cattivo da prima serata, «fare il buono mi stucca, meglio l’amante cattivo che stuzzica anche l’appetito» e soprattutto lo tiene in vita. Anche dopo la brutta caduta da cavallo del 2005 che rischiò di farlo finire paralizzato.

Dice di essere poco mondano, è famoso per la sua discrezione: «Faccio vita riservata nella mia villa a Zagarolo, con palestra, sala cinema, mega acquario, tre cani e due gatti. Vado a cavallo sul mio Otello. Ed evito i luoghi di vacanza con paparazzi, come la Sardegna. D’estate non ci sono mai stato, solo una volta a 16 anni» (intervista a Oggi). Ma la sua presenza per eventi in discoteca è molto richiesta. Ha avuto una lunga storia con Eva Grimaldi, poi tante altre storie. In passato la sua sessualità è diventata leggenda metropolitana, a letto lo sognavano in tante e tanti ma non moribondo, si dice fosse il più desiderato della Roma trasgressiva. Chi voleva alimentare la leggenda si vantava della conquista. Una cima di notorietà sessuale (presunta, raccontata, ma non è segno di divismo anche questo?) di cui altri suoi colleghi non si possono vantare. Anche la bisessualità è una leggenda, respinta sempre con decisione e col sorriso. Ma è un gossip che Garko sa padroneggiare. Il suo è un fascino unisex con una lunga fascia digradimento. Anche le nonne accompagnano le nipoti per gli autografi e la richiesta sublimata da penna e carta è la stessa e lui lo sa. C’è anche chi esagera e tra stalking e fake sui social network Garko ha dovuto fare 280 denunce.

Per L’Uomo Vogue è colpevole di autoconsapevolezza estetica, è «il modello aspirazionale per il sesso forte, e la libidine preconfezionata di quello debole»; e ancora, è «una sorta di Linda Evangelista di borgata, al maschile, cambia continuamente taglio e colore di capelli, senza mai arrivare al risultato. E gli abiti e gli accessori, invece? Sempre ‘troppo’: troppo stretti, troppo lucidi, troppo gessati».

In conferenza dice le stesse cose di un Germano, Favino o Santamaria, ma dette da luidiventano “banalità”: non si sbilancia sulle attrici con cui ha lavorato, dice che non si sente bello, che stima Kim Rossi Stuart e ha come idolo Mastroianni. Scherza anche con la sua fama di “bello ma di legno”, dicendo “sono stato a Hollywood, è lì che conosci gli attori quelli veri….”. Ammette il flop da seduttore con Charlize Theron, a lungo desiderata.

Vorrebbe lavorare con Bova e Kim ma «in Italia l’unione non è considerata una forza». Troppi belli insieme? Ad altri farebbero la domanda se gli piacerebbe lavorare con Sorrentino o Garrone. A lui no, perché in fondo sta bene nel suo regno: bel tenebroso, prove d’autore sul curriculum, audience di successo e nessuna ambizione frustrata. Quando gli chiedono se vede eredi in giro risponde che non ce ne sono e se ci fossero «farebbero una brutta fine». È la risposta del divo che marca il territorio in suo possesso. E per Garko è un possesso fisico. Quel tappeto rosso per ora è suo.