Industry | Dal numero

La nostalgia degli anni Zero secondo GCDS

Il fondatore e designer del marchio Giuliano Calza racconta il suo ultimo progetto, una speciale collaborazione con le Bratz, e quali sono le sfide culturali che un brand affronta oggi.

di Francesco Osculati

Giuliano Calza. Foto di Sara Scanderebech

Questo è articolo è tratto dal numero speciale di Rivista Studio tutto dedicato all’app cinese di proprietà di ByteDance, una piattaforma che in due anni sembra essersi evoluta più velocemente di quanto abbia fatto Instagram negli ultimi dieci. Per scoprire il resto del numero, con saggi, interviste e reportage su come TikTok sta cambiando il senso della bellezza e del desiderio, la musica, la moda, la cultura pop e in generale il nostro modo di stare su internet, puoi trovarci in edicola o comprare una copia qui.

Orietta Berti, Dua Lipa, Hello Kitty, Pamela Anderson, Sophia Loren, Tony Effe. Se il cosmo di GCDS diventasse un film state pur certi che tutt* loro apparirebbero tra i personaggi principali. Incontro Giuliano Calza mentre è seduto in attesa di fare le foto che vedete in questo articolo: con lui parliamo del marchio che ha lanciato nel 2015, di cosa significa per un Millennial fondare un brand di moda in Italia e costruirne il successo internazionale, ma anche del rapporto della sua generazione con la moda e di quello della Generazione Z con le celebrity, a cominciare dall’ultimo progetto di GCDS che vede protagoniste niente meno che «le showgirl per definizione», le Bratz. Lo scorso primo dicembre, infatti, GCDS ha inaugurato un pop-up store personalizzato nel cuore di Milano, in via Sant’Andrea 16, per festeggiare la collaborazione GCDS x Bratz, che include due bambole Bratz Collector personalizzate con look GCDS e una collezione unisex di abbigliamento e accessori in edizione limitata. E che è l’ultima incursione del marchio nella cultura pop, di cui Calza è interprete intelligente e genuino. Classe 1988, il fondatore di GCDS è originario di Napoli, dove ha studiato Scienze politiche prima di frequentare un master in Marketing del lusso all’Università Bocconi di Milano, città in cui ha intrapreso i primi passi nel mondo della moda prima di prendere una decisione che gli cambierà la vita. «Non è stato un percorso rettilineo, non avrei dovuto fare il designer, ho studiato Scienze politiche e poi Marketing e comunicazione», racconta, «ma ho anche frequentato l’Accademia d’arte, ho sempre dipinto, lavorato con la ceramica, ho sempre avuto una passione per il creare. Questo spirito di fattività è tornato nel tempo». E la prima “sveglia” arriva a Shanghai, dove Calza si trasferisce insieme al fratello Giordano per aprire alcuni ristoranti italiani: a lui spetta la parte creativa. «Quello spirito del fare è tornato nei cinque anni passati in Cina, dove ho lavorato come cameriere, come set designer, ma ho anche disegnato i menù: lì ho capito davvero cosa significa davvero trasformare un’idea in realtà».

Giuliano Calza. Foto di Sara Scanderebech

I due fratelli tornano quindi in Italia, decisi a far fruttare le esperienze accumulate lontano da Napoli. «Dopo tanto tempo all’estero ho sentito la mancanza di casa, di quella ricchezza che non riuscivo a vedere prima, quando studiavo in Italia. L’eredità della scuola delle suore a Napoli e quella dell’aver studiato in tutto il mondo, ha dato vita a una mia personale visione del mondo, pop e colorata, a una sorta di contaminazione». Dalle prime cento felpe prodotte dall’azienda che confezionava le divise di camerieri per i ristoranti Calza in Cina, andate a ruba online, alle prime collezioni XCIV e Skate or die, fino ad Island appropriate, l’ultimo fashion film diretto e scritto da lui stesso, l’universo GCDS è ultra pop, fiabesco e si nutre delle tante influenze e suggestioni di Calza, delle città in cui ha vissuto e delle sue passioni: la letteratura, la cinematografia, i manga. «Non è stato facile. Abbiamo affrontato delle sfide concrete, all’inizio nessuno voleva produrre il brand, aprirmi le porte. Poi è arrivata la difficoltà a farci capire, spesso in Italia quando qualcosa è diverso, strano, viene immediatamente definito brutto», spiega Calza. Molte delle parole-marketing degli ultimi tempi, si prenda ad esempio l’inclusività, per GCDS sono invece concetti ingranati nel Dna stesso del brand. «Io parlo di inclusività come dato di fatto, non come un valore da professare», dice infatti Calza, «Sono nato in una Napoli multietnica, a scuola era normale avere compagni di banco di origine straniera. Per la mia generazione, a differenza di quella dei nostri genitori, non è stato strano vedere che alcune Bratz erano nere, e oggi è strano per i bambini non avere una bambola nera o di altra etnia».

Quella con le Bratz è l’ultima delle collaborazioni del marchio che ha come protagonisti personaggi di serie tv e cartoon: basti pensare a quella con i Pokémon, La Signora in Giallo, Rick&Morty oppure ancora One Piece. Per l’occasione, Calza ha “vestito” due delle quattro Bratz originarie a vent’anni dal loro arrivo sul mercato, nel 2001. Le stesse che in Italia vennero definite «bambole coatte, un po’ trucide con il trucco forte», rispecchiavano in realtà alla perfezione i riferimenti e le aspirazioni dei più giovani, che nei primi anni Duemila si sentivano più Britney Spears che Jackie Kennedy, che avrebbero volute essere nelle Spice Girls o nelle Destiny’s Child, e che avevano ben chiaro in mente come si stava ridisegnando la bellezza, la desiderabilità, l’essere cool. Interpretando quel fondamentale cambio di estetica, MGA Entertainment ha sbaragliato la concorrenza lanciando sul mercato delle bambole attente ai trend e decisamente meno compiacenti di altre. «Sociologicamente potrei essere il prodotto di quel lancio e tra le mie influenze potrebbe esserci quella visione della diversità», racconta Calza, «Se penso alle Bratz, allora definite da molti “brutte”, mi viene in mente come dopo uno dei miei primi show, in un’intervista per un magazine internazionale, mi sia stato detto che facevo abiti brutti. All’epoca probabilmente risposi “Evidentemente c’è qualcuno a cui piacciono le cose brutte”, poi ho capito che la bruttezza è ignoranza, quando non capisci qualcosa, allora dici che è brutto». L’ingresso delle due Bratz Yasmin e Sasha nella vita reale, con tanto di pelliccia sintetica con logo GCDS o reggiseno gioiello con frange di cristalli, è un progetto che molto assomiglia alla missione che Calza ha assegnato al suo marchio, una dedica a chi si è sentito escluso, non capito, non accettato dalla società in cui vive. «Gli elementi delle mie collezioni fanno vivere queste showgirl nella mia realtà. Non è un caso che le icone mainstream di oggi, che siano Kim Kardashian o Kylie Jenner, abbiano lo stesso riferimento di bellezza e di corpi di queste bambole».

Giuliano Calza. Foto di Sara Scanderebech

Che sia quella per Napoli e l’Italia, di cui lo spot della collaborazione tra GCDS e Barilla diretto da Nadia Lee Cohen con Sophia Loren è la rappresentazione massima, che sia quella dei Millennial per gli anni Novanta o quella della Generazione Z per gli anni Duemila, Calza sa bene cosa significa lavorare con la nostalgia culturale di cui è intriso il nostro tempo, che non è mai una nostalgia fine a se stessa, ma che riempie di volta in volta di significati nuovi gli spunti “rubati” al passato. «Sono un Millennial e il tema di come le tecnologie abbiano cambiato la nostra generazione mi appassiona molto: c’è stato un pre e un post smartphone, ma credo di riuscire a leggere la Generazione Z e soprattutto i loro mezzi, come TikTok», prosegue, parlando di come sia cambiato il modo in cui i giovanissimi si rapportano ai vestiti che indossano. «Prima si copiava il lifestyle, che volevamo riproporre nella nostra vita, adesso si copia lo status. L’equazione è “Se mi vesto con le stesse cose, allora sono la stessa persona”. Io mi vesto colorato perché mi sento così e lo urlo attraverso la moda, ora il processo sembra quasi di camouflage, di adesione a una qualsiasi identità».

Quando gli chiedo che consigli darebbe a un giovane che volesse intraprendere il suo stesso percorso, a lui che ha immaginato, e reso di successo, un mondo popolato di bambole in stivali GCDS e cartoni animati, in cui è possibile allestire una collina come quella realizzata all’interno del Teatro Manzoni di Milano per la sfilata dell’Autunno Inverno 2018-19 oppure ancora far campeggiare un enorme T-Rex rosa in passerella (era successo allo show per la Primavera Estate 2020-21), Giuliano Calza non ha dubbi: «Non camuffarsi ma costruirsi e scoprirsi, arrivare ad avere un’estetica e una visione che termina in un prodotto reale. Se diventerai famoso, se riuscirai a diventare popolare con il tuo prodotto sarà il tuo frame per il resto della vita, più sarà autentico più durerà».