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La Romania spenderà un miliardo di euro per costruire Dracula Land, un enorme parco giochi a tema vampiri Il parco verrà costruito vicino a Bucarest e l'intenzione è di competere addirittura con Disneyland Paris.
Tra i 12 film nella shortlist dell’Oscar al Miglior film internazionale ce ne sono tre che parlano di Palestina È invece rimasto fuori dalla lista Familia: il film di Francesco Costabile, purtroppo, non ha passato neanche la prima selezione dell’Academy.
I sostenitori di Trump sono andati sotto l’ultimo post Instagram di Romy Reiner a festeggiare la morte del padre A fomentare ulteriormente il loro odio è stata la breve didascalia del post che contiene una frase contro Trump.
La Spagna introdurrà un abbonamento mensile di 60 euro per viaggiare con tutti i mezzi pubblici in tutto il Paese È il secondo Paese in Europa che prende un'iniziativa simile: prima c'era stata la Germania, il cui abbonamento mensile costa anche meno.
Amazon installerà nei Kindle una AI che ti spiega i libri se non li hai capiti
 La nuova funzione si chiama "Ask This Book” e servirà ai lettori confusi, distratti o non proprio sveglissimi.
Il distributore americano Neon ha organizzato una proiezione per soli manager di No Other Choice di Park Chan-wook, che è un film su un uomo che uccide manager Con tanto di lettera indirizzata a tutti i Ceo delle aziende Fortune 500, invitati a vedere il film il 17 dicembre a New York alle ore 17 locali.
Zohran Mamdani ha fatto una performance in un museo di New York invitando i cittadini a dirgli quello che pensano di lui Ispirandosi alla celebre performance di Marina Abramović, il sindaco ha offerto colloqui di tre minuti a chiunque volesse parlargli.
Negli anni ’60 la Cia ha perso un ordigno nucleare sull’Himalaya e ancora non l’ha ritrovato Nel 1965, sulla vetta di Nanda Devi, l'intelligence americana ha perso un dispositivo alimentato a plutonio. È ancora lì, da qualche parte.

Cosa leggere per la Festa del Lavoro

Dal reddito di cittadinanza alle finte élite passando per il tempo libero, dieci pezzi che parlano di lavoro, da rileggere in occasione del primo maggio.

di Aa.Vv.
01 Maggio 2018

E così, è arrivato il primo maggio, la Festa del Lavoro. È arrivato, ma questo già lo sapevate, in un momento storico interessante, in cui si fanno sentire temi come la disoccupazione, l’automazione, l’insicurezza economica generazionale. Ecco una selezione di dieci pezzi, tutti pubblicati da Studio negli ultimi due anni, che parlano di lavoro, dalle prospettive più disparate, a volte in modo molto serio, altre buttandola sul leggero.

L’illusione di essere élite
In questo longform Anna Momigliano fa un ritratto della classe aspirazionale, tra meccanismi di compensazione, negazione e lotta di classe anagrafica. Un’analisi delle cosiddette élite che sono élite soltanto per i loro consumi culturali, e della loro ansia di differenziarsi dalle masse, ma a basso costo. Che senso ha parlare di “élite” ignorando le divisioni di reddito, come fa per esempio la sociologa americana Elizabeth Currid-Halkett? Una domanda che diventa particolarmente rilevante in un contesto, come quello italiano, dove la disparità tra istruzione e reddito è forse più marcata che altrove.

E se il reddito universale fosse di destra?
In queste ultime elezione, il reddito di cittadinanza (detto anche reddito universale) è stato uno dei temi-chiave dei Cinquestelle, che secondo alcuni analisti spiega anche i successi ottenuti dal partito nel Sud, dove la disoccupazione è più alta. Nella Silicon Valley, intanto, l’idea del reddito universale piace moltissimo, in quanto risposta all’automazione. Spesso si parla di reddito di cittadinanza come se fosse una misura di sinistra, ma in realtà, scrive Gabriella Colarusso, più che aiutare i poveri sembra mirare allo smantellamento del welfare.

La vacanza del freelance
Lavorare da freelance, come scelta di vita. Un po’ meno di diritti e sicurezza economica, forse, ma la libertà di godere del proprio tempo, e soprattutto di fare vacanze lunghe, anche se poi significa essere disposti a lavorare, almeno un po’, anche durante le vacanze. «Io sono quello che può andare a fare la spesa alle undici di mattina. Che può mettere su un brasato in pieno pomeriggio. Io sono quello che non ha orari, cartellini, pause pranzo. Io sono quello che, stando almeno alle evidenze più sfacciate, non lavora», racconta Mattia Carzaniga.

Si può aggiustare il futuro?
Si sta allargando il divario tra un’élite globale che marcia verso il futuro col vento in poppa, e un popolo che, dalla classe media in giù, fatica a trovare nuove collocazioni e certezze nel mondo fluido. La rivoluzione tecnologica ha portato scompensi economici e sconvolto il mondo del lavoro. Una riflessione del direttore Federico Sarica, a partire da How to Fix the Future, un saggio di Andrew Keen. Il problema, dice Keen, non lo risolveranno né gli ottimisti a oltranza, né i pessimisti distopici, bensì gli ottimisti con dubbi. In fondo, è sempre stato così: il futuro è qualcosa che va aggiustato.

Chi rifà il letto all’influencer?
La storia è quella di una blogger che scrive a un albergatore per chiedere, un po’ goffamente, un soggiorno gratis e dell’albergatore che rifiuta e posta tutto online. Da lì Letizia Muratori parte per fare una riflessione sulla sostenibilità economica della formula “ospitalità in cambio di visibilità” e sull’efficacia di un sistema misto, ibrido, in cui non si può restare dilettanti a vita. Poi c’è la questione di chi può definirsi davvero influencer: il rischio è un po’ lo stesso che si corre con i poeti, alcuni si autoproclamano tali.

Come andare vestiti al lavoro
È il dilemma di tutti quei venti-trenta-quarantenni che hanno lavori non convenzionali, dove non è richiesto un dresscode specifico, ma dove l’abbigliamento, che sia esplicito oppure no, conta. Se appartieni a una generazione cresciuta senza gli obblighi del vestito-divisa, e se fai una professione creativa che richiede di dare una certa immagine di te, come scegli cosa metterti al lavoro? E cosa scegli? Un giro di voci tra le firme di Studio, dove si parla del Pci e di David Foster Wallace, di mercatini vintage e di come non sentirsi disadattati.

Il problema della laurea in Lettere
Noi italiani abbiamo il record di laureati in materie umanistiche, a cui va aggiunto il fatto che i laureati in materie umanistiche fanno più fatica a trovare lavoro. Se ne potrebbe dedurre che, se la gente continua a iscriversi a Lettere anche se sa che non troverà lavoro, allora questo vuole dire che lo fa per amore della cultura. Ma siamo sicuri che sia davvero così? L’Italia, tra l’altro, è anche un Paese dove si legge poco.

Lavorare ovunque
Un rapporto certifica che nell’Unione europea sempre più persone lavorano da casa o sono continuamente reperibili. Ma com’è lavorare senza un ufficio? Si sta meglio o peggio? Le persone che lavorano da casa lo fanno per scelta? Come si organizzano le giornate? Se lo domanda Francesco Longo, raccontando tra le altre cose il caso estremo di una collega dell’ufficio stampa che ha mandato una mail mentre era in ospedale in piena fase di travaglio.

Come si lavora nella moda
In molti vorrebbero lavorare nella moda. In pochi sanno che è una disciplina durissima. Ecco come si studia da da designer, stylist, ricercatori o curatori: ne scrive Silvia Schirinzi, in occasione delle lauree in Design della moda, partendo dalle testimonianze di iscritti ed ex iscritti dei corsi Iuav. Chi pensa che da qui escano solo designer nel senso letterale del termine, magari capaci di immaginare e non di realizzare, non ha capito bene come funziona.

Come proporre un pezzo a un giornale
Un altro lavoro di cui magari si sa poco, dall’esterno, è quello del giornalista. Per esempio, come si propone un pezzo a un giornale? Alcune regole e consigli dagli editor di sei testate italiane: Rolling Stone, Vanity Fair, il Foglio, Internazionale, IL e naturalmente Studio. Ogni testata è diversa. Un elemento interessante emerso da queste conversazioni, però, è che, proprio perché ogni testata è diversa, dimostrare di conoscere bene il giornale o la rivista per cui si vuole scrivere è fondamentale.

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