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Il Dalai Lama sta per compiere 90 anni e Cina e Tibet già litigano per il suo successore Lui ha detto che il suo successore non nascerà sicuramente in Cina, la Cina lo ha accusato di essere «un manipolatore».
I BTS hanno fatto la reunion, annunciato un nuovo disco e anche un tour mondiale Finita la leva militare, i sette sono tornati a lavoro: in una live hanno annunciato i molti impegni per la seconda metà del 2025 e il 2026.
Il leak del trailer dell’Odissea di Christopher Nolan era ampiamente prevedibile Il piano era di proiettarlo nelle sale americane per tutto il mese di luglio, ma ovviamente qualcuno ne ha fatto un video con lo smartphone.
Le prime immagini della serie di Neuromante le ha fatte vedere William Gibson Lo scrittore ha condiviso su X una breve clip in cui si vede il leggendario bar Chatsubo di Chiba City: «Neuromancer is in production», ha annunciato.
L’Unione Europea ha stabilito che sapere quanto guadagnano i propri colleghi è un diritto Lo ha fatto con una direttiva che l’Italia deve recepire entro il 2026. L'obiettivo è una maggiore trasparenza e, soprattutto, contribuire alla diminuzione del gap salariale tra uomini e donne.
Grazie all’accordo tra Netflix e la Nasa ora si potrà fare binge watching anche dell’esplorazione spaziale Il servizio di streaming trasmetterà in diretta tutta la stagione dei lanci spaziali, comprese le passeggiate nello spazio degli astronauti.
Gli asini non sono affatto stupidi e se hanno questa reputazione è per colpa del classismo Diverse ricerche hanno ormai stabilito che sono intelligenti quanto i cavalli, la loro cattiva fama ha a che vedere con l'associazione alle classi sociali più umili.
In Turchia ci sono proteste e arresti per una vignetta su Maometto pubblicata da un giornale satirico Almeno, secondo le autorità e i manifestanti la vignetta ritrarrebbe il profeta, ma il direttore del giornale ha spiegato che non è affatto così.

Gangs of Washington Post

Cosa è successo durante l'ultima settimana nella redazione del Post, tra retweet imbarazzanti, denunce sui social, richiami alla buona educazione e licenziamenti in tronco.

di Studio
10 Giugno 2022

È probabile che quello che è successo durante l’ultima settimana nella redazione del Washington Post diventi un case study utilissimo per spiegare alle future generazioni di editori l’importanza di avere delle linee guida semplici e chiare sull’uso dei social media da parte dei giornalisti. Dopo una settimana di denunce, frecciatine, richiami disciplinari e litigi sui social, il Washington Post ha deciso di porre fine alle polemiche licenziando Felicia Sonmez, la reporter esperta di politica che aveva fatto partire la polemica e messo in imbarazzo la redazione di uno dei due più importanti quotidiani americani al pubblico e mondiale ludibrio. Stando a quanto riporta il New York Times, ieri Sonmez ha ricevuto la lettera di licenziamento: «Non possiamo più permetterle di continuare a lavorare come giornalista del Washington Post», pare che ci sia scritto nella lettera, un dettagliato elenco di tutte le colpe accumulate da Sonmez negli ultimi giorni, tra cui: «insubordinazione, calunnie nei confronti dei colleghi e violazione delle regole del Post riguardanti collaborazione e inclusività sul luogo di lavoro».

Come spesso capita in quest’epoca, tutto è cominciato su Twitter. Dave Weigel, definito dal Daily Beast «star political reporter» del Washington Post, ha ritwittato una “battuta” dello Youtuber Cam Harless: «Tutte le ragazze sono bi. Bisogna solo capire se -polari o -sessuali». Sonmez, fresca dell’archiviazione di una causa nei confronti del suo ormai ex giornale, ha screenshottato tutto e scritto un tweet per ribadire un punto a lei assai caro, visto che l’anno scorso la giornalista aveva fatto causa al WaPo, accusando direzione ed editore di averle impedito di coprire storie di violenze sessuali dopo aver pubblicamente dichiarato di esserne stata vittima anche lei in passato. La redazione del Post, secondo quanto racconta Sonmez, è un ambiente in cui ai giornalisti maschi, bianchi, eterosessuali e di una certa età tutto è concesso. «È fantastico lavorare per una testata in cui è permesso fare retweet del genere», ha scritto quindi su Twitter. Dopo la denuncia di Sonmez, Weigel si è scusato, ha rimosso il retweet di Harless e il Post lo ha punito sospendendolo per un mese senza stipendio. Ma la shitstorm, a quel punto, non c’era più modo di evitarla. 

Anche perché Sonmez non aveva nessuna intenzione di fermarsi lì. A farla desistere non è bastata nemmeno la contro-accusa di un altro collega, Jose A. Del Real, che ha definito il comportamento di Sonmez al limite della molestia. Sabato tra i due si è consumato un vero e proprio duello via social, uno scambio di tweet che, anche in questo caso, si è concluso come spesso si concludono le discussioni e i litigi sui social: con uno dei duellanti che blocca l’altro. In questo caso, è stato Del Real a bloccare Sonmez, la scorsa domenica, dopo quasi ventiquattro ore di bisticci. In tanti sono rimasti inteneriti dal tentativo della executive editor Sally Buzbee di porre fine alle ostilità. In un nota interna indirizzata ai giornalisti, Buzbee ha chiesto a tutti di ricordarsi che il rispetto e la gentilezza sono requisiti per lavorare al Post, e che bisogna comportarsi bene tanto in redazione quanto sui social. «Uno dei nostri punti di forza è lo spirito collaborativo», ha scritto Buzbee mentre i suoi reporter continuavano a mandarsi affanculo in pubblica piazza.

Naturalmente, conoscendo il finale della storia, sappiamo anche che il richiamo all’ordine, al rispetto e alla gentilezza della executive editor non è servito a placare la furia di Sonmez. Su Twitter la giornalista ha criticato moltissimo le parole di Buzbee, che secondo lei non facevano altro che fornire altro materiale ai tantissimi che in quei giorni la stavano aggredendo a mezzo social e sminuire i problemi della redazione del Post. In un lungo thread Twitter, la giornalista ha detto di essere ormai da giorni il bersaglio di centinaia di messaggi aggressivi e anonimi da parte di quelli che lei, però, sapeva essere colleghi privi anche del coraggio di litigare apertamente come aveva fatto Del Real. «So che i giornalisti che hanno, in sincronia, pubblicato tweet per minimizzare i problemi nella redazione del Post hanno alcune cose in comune tra di loro. Sono tutti bianchi. Sono tra i dipendenti più pagati della redazione, guadagnano il doppio o anche il triplo di altri giornalisti che si occupano di cronaca nazionale, in particolare di quelli che provengono da minoranze. Sono le “star” che la fanno sempre franca sui social media».

Si arriva così al finale della storia. Secondo quanto riporta il New York Times, ieri l’account Slack di Sonmez è stato disattivato e a lei è stata inviata una mail in cui le si notificava l’avvenuto licenziamento. Per il momento, né il giornale né la giornalista hanno commentato l’accaduto. L’unico commento è venuto da The Washington Post Newspaper Guild, il sindacato che rappresenta più di 100 dipendenti del giornale. «La nostra missione è quella di garantire lo stesso trattamento e di fornire la stessa tutela a tutti i dipendenti del giornale impegnati nella costruzione di un luogo di lavoro giusto e inclusivo in cui tutti possano dare il meglio. La dirigenza del sindacato è impegnata a garantire il rispetto del nostro contratto e ad assicurarsi che i lavoratori siano sanzionati solo per giusta causa. Rappresentiamo e sosteniamo tutti i nostri iscritti che subiscono provvedimenti disciplinari. Non commentiamo questioni personali».

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