Hype ↓
13:21 sabato 6 dicembre 2025
Quentin Tarantino ha detto che Paul Dano è un attore scarso e i colleghi di Paul Dano hanno detto che Quentin Tarantino farebbe meglio a starsene zitto Tarantino lo ha accusato di aver “rovinato” Il petroliere, definendolo «un tipo debole e poco interessante».
Già quattro Paesi hanno annunciato il boicottaggio dell’Eurovision 2026 dopo la conferma della partecipazione di Israele Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia hanno annunciato la loro intenzione di boicottare questa edizione se davvero a Israele verrà permesso di partecipare.
Pantone è stata accusata di sostenere il suprematismo bianco perché ha scelto per la prima volta il bianco come colore dell’anno L'azienda ha spiegato che dietro la scelta non c'è nessuna intenzione politica né sociale, ma ormai è troppo tardi, la polemica è esplosa.
L’acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix sta mandando nel panico tutta l’industria dell’intrattenimento La geografia del cinema e dalla tv mondiale cambierà per sempre, dopo questo accordo da 83 miliardi di dollari.
Lily Allen distribuirà il suo nuovo album anche in delle chiavette usb a forma di plug anale Un riferimento a "Pussy Palace", canzone più chiacchierata di West End Girl, in cui racconta come ha scoperto i tradimenti dell'ex marito, l'attore David Harbour.
Dario Vitale lascia Versace, appena nove mesi dopo esserne diventato direttore creativo Era stato nominato chief creative officer del brand, appena acquisito dal gruppo Prada, a marzo di quest'anno.
L’unica tappa italiana del tour di Rosalìa sarà a Milano, il 25 marzo Sono uscite le date del tour di Lux: partirà il 16 marzo 2026 da Lione e si chiuderà il 3 settembre a Portorico.
Secondo una ricerca, l’inasprimento delle leggi sull’immigrazione in Europa sta facendo aumentare e arricchire i trafficanti di essere umani Il Mixed Migration Centre ha pubblicato un ampio studio in cui dimostra che le politiche anti immigrazione stanno solo aggravando il problema che avrebbero dovuto risolvere.

Di Maio e Salvini, la fine della power couple del populismo italiano

Per un breve momento sono stati i due populisti più potenti d'Europa, adesso sono i due politici più sconfitti alle ultime elezioni: come sta finendo la storia di Di Maio e Salvini, tra tristezza e sarcasmo.

26 Settembre 2022

Dopo la separazione di Francesco Totti e Ilary Blasi, queste elezioni segnano la fine di un’altra delle pochissime power couple del nostro Paese: quella composta – anche se per un brevissimo periodo – da Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il giallo e il verde che sembrava dovessero essere i colori della Terza Repubblica. Se c’è un oggettivo merito di questa cosiddetta Terza Repubblica – lasca definizione con la quale si indica tutto ciò che è successo dopo la fine dell’egemonia berlusconiana – è quello di essersi impegnata a smentire tutte le massime di Giulio Andreotti: al fatto che il potere logori chi non ce l’ha ormai non crede più nessuno, dentro e fuori i luoghi in cui il potere si manifesta ed esercita. Se servono sempre tre indizi per fare un prova e se Matteo Renzi è stato il primo, ieri dentro le urne abbiamo trovato il secondo e il terzo: Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che più che sconfitti sono stati superati dai tempi, evidentemente logorati dal potere che hanno esercitato. A rimanere rilevanti ci hanno provato entrambi ed entrambi hanno fallito, anche se ognuno alla sua maniera: Di Maio come il populista che si è pentito e Salvini come quello che ancora insiste. In un caso e nell’altro c’è, se non il crepuscolo, quantomeno il tramonto di un’epoca – quella di un certo populismo – che quattro anni fa sembrava destinata a durare mille anni, a fare annunci infiniti dai balconi e proclami eterni dai bagni di Milano Marittima.

Luigi Di Maio non siederà nel prossimo Parlamento, privato del suo terzo mandato, sconfitto nel collegio di Napoli Fuorigrotta dall’ex compagno di Movimento e ora nemesi Sergio Costa. Matteo Salvini ha portato la Lega a uno dei risultati più imbarazzanti della sua storia: Bossi riuscì a prendere il 10 per cento con un partito che di fatto esisteva solo in quattro regioni, l’ormai ex Capitano è arrivato a malapena al 9 nonostante le persistenti velleità nazionali. Pare che molti nel partito stiano già riorganizzando il portafoglio sostituendo l’invecchiata tessera della Lega Matteo Salvini Premier con quella sempreverde della Lega Nord. Questa mattina, parlando con i miei colleghi, la cosa che mi ha colpito di più è stata che nessuno fosse poi così sorpreso dal fallimento dell’uno e dell’altro degli ex leader massimi del populismo italiano. È come se tutti quanti fossimo in un certo senso consapevoli del vibe shift che sta attraversando anche – persino, si potrebbe dire – la politica italiana: Giorgia Meloni è certamente una populista, ma non solo e non nel senso della parola che Di Maio e Salvini hanno contribuito a definire. Soprattutto, Giorgia Meloni è una populista che non ha partecipato a nessuno dei tre governi della legislatura che sta per finire, che non ha tentato l’impresa impossibile di superare una pandemia, fermare una spirale iperinflattiva e porre fine a una guerra. Tutto nello stesso momento.

Di Maio e Salvini sono stati due leader verbosi che ieri hanno entrambi scelto il silenzio, alla fine uno dei tanti modi per esprimere e allo stesso tempo nascondere l’imbarazzo. Durante Quarta Repubblica, a un certo punto l’inviata presso la sede di Impegno Civico, il neonato movimento di Di Maio, si è trovata in difficoltà di fronte alle richieste di commento che le venivano dal conduttore della trasmissione Nicola Porro: «Scusa, Nicola, qui nella sede di Di Maio non c’è più nessuno. Sono andati via tutti», diceva una mortificata Annamaria Chiariello. Di Salvini si sono perse le tracce per ore – ieri, a urne appena chiuse, aveva scritto un  tweet profetico che sta rapidamente accumulando interazioni: «Centrodestra in netto vantaggio sia alla Camera che al Senato! Sarà una lunga notte, ma già ora vi voglio dire GRAZIE»; quello precedente è un’ironia ancora più involontaria e perciò crudele: «Qualsiasi cosa dica, io a Silvio Berlusconi vorrò sempre bene lo stesso», dichiarazione d’affetto che chissà se vale ancora adesso. Poco fa si è presentato davanti a microfoni e telecamere per la versione destrorsa dell’analisi della sconfitta: «Il dato della Lega non mi soddisfa, non è quello per cui ho lavorato», ha detto. E GRAZIE, viene da commentare, contenendosi.

Probabilmente non è colpa né di Di Maio né di Salvini, che alla fine sono solo stati costretti ad accettare la realtà che ogni millennial – Salvini in realtà appartiene alla Generazione X ma, come disse Alex Orlowski, la sua è la vita, l’etica e l’estetica di un «supermillenial» – deve prima o poi accettare: quella di non essere più veloce abbastanza. Probabilmente si poteva capire già dai momenti fondamentali delle campagne elettorali di entrambi: Di Maio portato in trionfo dai pizzaioli napoletani sulle note di “Dirty Dancing”, Salvini in versione goblin mode intrappolato nel suo personalissimo metaverso tra dirette notturne su TikTok e forzosi tentativi di ringiovanimento al suono di «che squadra siamo, bro», «che stamo a fa’, i record» pronunciato con un accento creolo romano-milanese che ricordava quello di Celentano in Rugantino. Tutti gli sforzi di Salvini erano rivolti allo stesso pubblico di giovanissimi impegnato a seguire le sue live solo per raccogliere il materiale necessario a trasformarne il protagonista in meme. Tutti quelli di Di Maio erano pensati per l’elettorato che non smetterà mai di considerarlo più adatto al ruolo del pizzaiolo adorante che del politico trionfante. Probabilmente c’è solo da accettare che è così, ormai, che si chiudono le epoche nei tempi in cui le epoche di fatto non esistono più, in politica anche e soprattutto: all’improvviso, e con sarcasmo.

Articoli Suggeriti
Secondo una ricerca, l’inasprimento delle leggi sull’immigrazione in Europa sta facendo aumentare e arricchire i trafficanti di essere umani

Il Mixed Migration Centre ha pubblicato un ampio studio in cui dimostra che le politiche anti immigrazione stanno solo aggravando il problema che avrebbero dovuto risolvere.

Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone

Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.

Leggi anche ↓
Secondo una ricerca, l’inasprimento delle leggi sull’immigrazione in Europa sta facendo aumentare e arricchire i trafficanti di essere umani

Il Mixed Migration Centre ha pubblicato un ampio studio in cui dimostra che le politiche anti immigrazione stanno solo aggravando il problema che avrebbero dovuto risolvere.

Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone

Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.

I dazi turistici sono l’ultimo fronte nella guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa

Mentre Trump impone agli stranieri una maxi tassa per l'ingresso ai parchi nazionali, il Louvre alza il prezzo del biglietto per gli "extracomunitari".

La presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan ha nominato il nuovo governo e ha fatto ministri tutti i membri della sua famiglia

In un colpo solo ha sistemato due figlie, un nipote, un genero, un cognato e pure un carissimo amico di famiglia.

L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla

Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.

Anche quest’anno in Russia è uscito il calendario ufficiale di Vladimir Putin

Putin a messa, Putin che fa judo, Putin che gioca con i cani, Putin che spiega che il segreto del successo è «dormire poco, lavorare molto, lamentarsi mai».