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La storia assurda del disertore nordcoreano tornato in Corea del Nord

In questi giorni sulla stampa italiana e internazionale si sta parlando moltissimo della storia di un disertore nordcoreano e della sua decisione di tornare in Corea del Nord. Non capita spesso (per ovvie ragioni) ma capita, a quanto pare. L’uomo avrebbe attraversato la zona demilitarizzata coreana, la striscia di terra che separa il pezzo settentrionale e quello meridionale della penisola coreana, nella notte tra domenica e lunedì, intorno alle 22.40, questo ha riferito lo Stato Maggiore della Difesa sudcoreana. Il fatto che un uomo sia riuscito ad attraversare il confine è incredibile per più ragioni: come già detto, perché è successo pochissime volte che in Corea del Sud qualcuno decidesse che il meglio doveva ancora venire e sarebbe venuto in Corea del Nord; poi c’è anche una questione legale, perché la legge sudcoreana proibisce e punisce l’attraversamento del confine; e infine, c’è un oggettivo e rilevantissimo problema logistico, essendo il confine tra una Corea e l’altra uno dei luoghi più sorvegliati del mondo, un pezzetto di terra osservato giorno e notte da una sorveglianza che il Nord ha ulteriormente intensificato dall’inizio della pandemia (Kim Jong-un non vuole che gli inetti del Sud rovinino il suo infallibile piano di contenimento del Covid-19 portandogli in casa il virus, a quanto pare).

Come se tutto questo non fosse già di per sé abbastanza incredibile, nei giorni passati dalla prima diffusione della notizia a oggi si sono aggiunti moltissimi dettagli che rendono questa storia degna di un romanzo (o di una serie tv: chi lo sa, magari sarà un adattamento di questa storia a diventare il prossimo successone sudcoreano, la prossima serie più vista su Netflix in tutto il mondo). All’inizio, infatti, si pensava che il disertore fosse un sudcoreano, e ovviamente ci si chiedeva cosa mai avesse potuto spingere un sudcoreano a preferire la Corea del Nord. Con il passare dei giorni, si è scoperto che il disertore sarebbe in realtà un “doppio disertore”, come si è cominciato a definirlo sui giornali: pare l’uomo (un trentenne, stando a quanto riporta il Guardian) sia un nordcoreano che a novembre del 2020 aveva superato mine, soldati, filo spinato e telecamere di sorveglianza del confine per raggiungere il Sud. Nell’impresa avrebbe impiegato i talenti e le abilità acquisite nella sua vita nel Paese di Kim Jong-un: all’epoca l’uomo avrebbe dichiarato alle autorità sudcoreane di essere un ginnasta. Tutto è bene quel che finisce bene, si potrebbe pensare a questo punto: un altro si aggiunge alla lista dei 33mila che dagli anni ’90 a oggi sono sfuggiti alla dittatura del Nord per rifarsi una vita nel Sud democratico.

Il fatto che sta imbarazzando moltissimo la Corea del Sud è che quest’uomo ci ha messo poco a cambiare idea e a entrare a far parte di un’altra lista, assai più corta ma parecchio più curiosa della precedente: quella dei circa 30 nordcoreani che nell’ultimo decennio hanno deciso di tornare a casa dopo la fuga al Sud. Un responsabile del Ministero dell’Unificazione sudcoreano ha detto che l’uomo ha ricevuto l’accoglienza e i sostegni che il Paese fornisce a tutti coloro che abbandonano il Nord. Eppure, sempre stando a quanto riporta il Guardian, a convincere l’uomo a tornare in Corea del Nord sarebbero state le difficoltà finanziarie. Una fonte interna ai militari della Corea del Sud avrebbe confermato che «l’uomo era impiegato come addetto alle pulizie, riusciva a malapena a sopravvivere». La notizia ha riacceso un dibattito rilevante in Corea del Sud, quello riguardante il trattamento e le condizioni dei nordcoreani che cercano di rifarsi una vita al Sud. Il Guardian cita una ricerca in materia piuttosto esplicativa: secondo il Database Center For North Korean Human Rights e l’NK Social Research in Seoul, su 407 disertori intervistati, il 18% vorrebbe tornare al Nord per una questione di «nostalgia». Com’è possibile, ci si chiederà. La spiegazione sta in altre percentuali chiarificatrici: il 56% dei nordcoreani fuggiti al Sud vivono con redditi bassissimi, il 25% di loro rientra nella fascia di reddito più bassa in assoluto, quella che in teoria dovrebbe avere accesso ai sussidi statali. Per il momento, non ci sono notizie sulla sorte dell’uomo una volta tornato in Corea del Nord. Sappiamo soltanto che il Nord avrebbe confermato la ricezione dei messaggi provenienti dal Sud che notificavano la notizia della fuga.