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13:38 mercoledì 24 dicembre 2025
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Si intitola A Chair in the Air e racconta episodi di violenza realmente accaduti nella casa dei Reiner quando Nick era un bambino.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.

Il ritorno del “basic”

Storia del successo di Entireworld e di come uno stile divide l'Europa dall'America.

21 Settembre 2020

Probabilmente Karl Lagerfeld, che notoriamente considerava i pantaloni della tuta “un segno di sconfitta”, si rivolterebbe nella tomba se sapesse che i pantaloni della tuta sono stati, meno di un mese fa, protagonisti di un articolo del New York Times, intitolato proprio “Sweatpants forever”, che ha fatto discutere gli addetti ai lavori. O forse il lungimirante Karl aveva previsto anzitempo un simile evento, e la sua dichiarazione era un modo per proteggere il suo operato e metterci in guardia circa il trionfo del cosiddetto“basic”. Per chi non l’avesse letto, l’articolo del Nyt racconta, tra le altre cose, la storia di Scott Sternberg, che aveva già fondato il marchio Band of Outsiders (nel 2004, quando i ragazzi si mettevano le camice e cravatte skinny), ed è ora il leader dietro alle quinte di Entireworld (lanciato nel 2018, vende perlopiù tute e magliette). A fare da sfondo al successo di questo suo secondo esperimento, ci sono la pandemia e il lockdown, la crisi dei consumi e il “tracollo” del sistema moda tradizionalmente inteso, ma anche i movimenti #MeToo e Black Lives Matter. Da questo stravolgimento dei costumi, Entireworld sembra uscire vincitore. Anzi, grazie alla sua strategia di vendita direct to consumer, alla sua crescita graduale ed oculata, e al suo rifiuto totale del fashion system, sembra addirittura dettare le regole per il futuro della moda: niente sfilate, niente boutique lussuose, niente esclusività. Solo vestiti.

Ma proprio da questo nasce il dibattito circa le intenzioni critiche dell’articolo: si tratta, appunto, solo di vestiti – magliette, tute, calzini, felpe col cappuccio. Non esiste più, quindi, alcuna distinzione tra vestiti e moda? Nè tra prodotto e profitto? È davvero possibile sostenere che il futuro della moda siano una serie di magliette in tinta unita vendute online? Una delle risposte a queste domande sta nella geografia. In America ci sono la New York Fashion Week il CFDA – entrambi molto in difficoltà, al momento – il Met Gala, ci sono stylist, fotografi e giornalisti di altissimo livello; ma in termini di cultura della moda, è profondamente diversa dall’Europa. Questo ha dato vita a scambi e contaminazioni che hanno caratterizzato, perlopiù positivamente, il panorama degli ultimi decenni. Ma ha anche, in alcuni casi, creato una discreta confusione: quello che è moda nell’America del lifestyle branding non sempre è moda in Europa, e quello che in Europa viene classificato come prêt-à-porter, in America fa spesso fatica a trovare una collocazione, almeno fuori dal defunto Barney’s. Al “basic” è possibile riconoscere, in Europa come in America, una certa valenza sociale, addirittura politica, e questo dipende non solo dal prodotto, ma anche da come viene comunicato. Ma annoverarlo, in Europa, tra i prodotti moda, risulta davvero difficile. Ancora più difficile è attribuirgli il futuro del settore.

Sternberg ha definito le sue tute come «un incrocio tra un Teletubbie e Ben Stiller in The Royal Tennenbaums», entrambi prodotti (mediatici) americani dei primi anni Duemila. Fonte di ispirazione per il marchio di Sternberg è inoltre un altro prodotto iconico dell’America degli anni zero: American Apparel. Fondato da Dov Charney nel 1997, American Apparel ha raggiunto l’apice del successo a inizio millennio, ed è caduto in disgrazia nel 2016 dopo una serie di accuse di molestie sessuali a carico del suo fondatore. Viene ricordato non tanto per il suo neutro ben disegnato e made in Usa, quanto per le sue campagne pubblicitarie ammiccanti con attrici porno e modelle sempre troppo giovani: la glamourizzazione della ragazza della porta accanto e la sessualizzazione del basic, una tendenza che in quegli anni si riscontrava un po’ ovunque, nella moda, nella musica e nella cultura pop in generale. In Europa, American Apparel non ha avuto lo stesso successo che ha avuto in America (il piccolo negozio milanese in Corso di Porta Ticinese dava più l’idea di una nicchia da intenditori che non di un marchio globale), ma le sue campagne pubblicitarie hanno fatto scuola. Inutile specificarlo, a far apparire oggi il marchio come vecchio e fuori moda sono proprio quelle stesse campagne pubblicitarie, che oggi ci sembrano maschiliste e poco inclusive. Il marchio ha tentato di rilanciarsi nel 2018, ma una volta cambiate le tendenze sociali, rinverdire un brand basic caratterizzato da una comunicazione provocatoria, diventa un’impresa molto ardua: agli occhi di tutti American Apparel rimane il marchio delle teenager con le mutandine di cotone e questo, oggi, non esercita più alcun fascino. Tanto più che, per contenere i costi, non è più nemmeno prodotto interamente in America.

Di veramente bello, nei capi di Entireworld, c’è la sensazione che riescono ad evocare. Il sottofondo musicale New Age, i modelli dallo sguardo serafico, un Instagram pieno di bellezze diverse, benessere, comfort, positività. Tutte cose delle quali, in un anno decisamente travagliato, abbiamo un gran bisogno. Aggiungiamoci la comodità, i costi contenuti, e il lockdown, ecco che annoverare le tute come futuro della moda diventa quasi verosimile. Ma c’è dell’altro: come spiega il Nyt, all’origine di Entireworld ci sono il fallimento di un Band of Outsiders, che è stato travolto dal sistema, e il conseguente rifiuto da parte di Sternberg di seguire le regole che hanno fatto fallire il suo marchio. Questo è già di per sé un atto politico. Inoltre il successo di Entireworld si colloca in un periodo storico nel quale, in termini stilistici, si è fatto di necessità virtù: non si può uscire di casa e passare le giornate in tuta è deprimente? Ecco che la tuta passa dall’essere emblema della sciatteria a essere anti consumismo, anti formalismo e anti fashion. Truccarsi, pettinarsi, farsi belle in generale appare superficiale e fuori contesto? Ecco che il #nobra movement rivendica una femminilità fatta anche di comodità e di rispetto per il proprio corpo. Stirare la camicia per cinque minuti su Zoom è tanto faticoso quanto ridicolo? Ecco che la #noironingchallenge svela i benefici ambientali che derivano dall’abbandonare il ferro da stiro. Il basic, portato all’estremo da Entireworld, ha senza dubbio anche in questo caso una valenza sociale, e a dirlo sono anche i profitti: in un periodo in cui si ridiscute l’economia e il suo impatto sul mondo, Entireworld cresce. Ma la moda non è fatta solo di vestiti, e la sfida per la sua rilevanza nella cultura di oggi è ancora aperta.

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