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Il pericoloso bivio del Brasile
Domenica il secondo turno delle presidenziali che vedranno quasi sicuramente l'affermazione del populista Bolsonaro.
Un ritratto di Jair Bolsonaro il andidato presidente di destra che chiama se stesso "il patriota" (APU GOMES/AFP/Getty Images)
Sia maledetto Whatsapp. A poche ore dal secondo turno che dovrebbe incoronare Jair Bolsonaro nuovo presidente del Brasile, il suo concorrente, il rappresentante del partito dei lavoratori, Fernando Haddad, cerca di impedire quella che sembra una storia già scritta. E lo fa accusando Bolsonaro di aver creato un’organizzazione criminale con denaro non dichiarato per propagare false notizie su Whatsapp, che qui in Sudamerica è il mezzo più usato per far girare le notizie. La piattaforma di messaggistica è più “leggera” di Facebook e funziona su tutti i telefonini. Dal Venezuela degli antichavisti alla sinistra colombiana che si è coagulata attorno all’ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro, è stato il mezzo decisivo nelle ultime contese elettorali. Ed è stato così anche in Brasile.
A iniziare a sollevare dubbi sulle pratiche poco ortodosse del candidato oggi in testa, è stato Folha de S. Paulo. Il quotidiano paulista ha riportato che un blocco compatto di imprenditori aveva deciso di scatenare una campagna per sostenere Bolsonaro. Un’iniziativa reiterata dopo il primo turno del 7 ottobre. Si sarebbe trattato, secondo la stampa brasiliana, di un’azione costata 2,8 milioni di euro. In Brasile gli utilizzatori del telefonino verde sono circa 120 milioni. Come altri populisti in giro per il mondo, senza problemi di limiti di spesa, Bolsonaro ha capito l’importanza dei social. Basti pensare che è seguito da 14 milioni di utenti. I follower di Haddad sono “appena” 2,8 milioni. Secondo il collettivo di fact-checking Eleições Sem Fake, nove dei dieci post di WhatsApp pubblici più condivisi in Brasile il giorno delle elezioni erano voci secondo le quali sarebbe stato impedito ai sostenitori di Bolsonaro di votare. Si ventilava addirittura l’ipotesi di un golpe e si avvertivano i sostenitori di non indossare magliette con la faccia di Bolsonaro ai seggi.
Alla luce di tutto questo quello che doveva essere il successore di Lula, sembra non avere chance. Dopo il primo turno, Haddad ha raccolto circa il 29% rispetto all’oltre 46% dell’avversario che è andato vicino al cappotto. Cosa che si potrebbe verificare la sera di domenica 28 ottobre perché Bolsonaro è ormai accreditato al 59%
Fra i punti forti del programma di Bolsonaro c’è la sicurezza. Ha promesso investimenti massicci per reclutare più poliziotti che già qualifica come eroi nazionali. Poi ha annunciato di voler abbassare la maggiore età penale da 18 a 16 anni. Ha detto che nominerà alcuni militari come ministri e vuole riformare il cosiddetto “Estatuto do Desarmamento”, ovvero la legge sul porto d’armi votata nel 2003. La lotta alla corruzione che lui chiama “base zero”, dovrebbe rilanciare l’economia nazionale grazie anche a un piano di privatizzazione di alcune imprese pubbliche.
Quello che fa spavento agli oppositori più moderati di Bolsonaro però è la sistematicità del suo programma che, a differenza di quanto avvenuto finora, mette la scuola al primo posto. In Brasile infatti, esiste una vera e propria frattura fra istituti pubblici e privati. Secondo lo studio PISA il Paese non brilla certo per l’educazione fornita ai suoi bambini e ragazzi. Bolsonaro ha detto che intende rafforzare i programmi di materie come la matematica, le scienze o il portoghese, ma di voler evitare l’indottrinamento e la sessualizzazione precoce degli allievi. Questo vuol dire addio a qualsivoglia corso di educazione sessuale in un Paese in cui l’aborto è già molto complicato e dove esiste un’altissima percentuale di gravidanze fra i minori. Per segnare le differenze con il suo avversario Haddad che da ministro dell’educazione nel 2011 aveva distribuito dei manuali per combattere l’omofobia a scuola, Bolsonaro ha affermato allora e ha ripetuto oggi, che i «kit gay» non finiranno più in mano a ragazzini di elementari e medie.
Per quanto riguarda il clima, Bolsonaro ha promesso che intende ridiscutere i termini dell’accordo sul clima di Parigi e anche la proposta di fondere i ministeri di agricoltura e ambiente non manca di inquietare le organizzazioni ambientaliste. Rifacendosi a Trump, il probabile prossimo presidente del Brasile pensa anche al fracking, la fratturazione idraulica per estrarre idrocarburi, come altro elemento per ridurre la dipendenza dall’estero. E paradossalmente sono proprio questi messaggi, semplici, forse rozzi, ad aver fatto la fortuna dell’ex ufficiale. Se il Brasile non va benissimo infatti, non stanno meglio nazioni vicine come l’Argentina, che uscita in ginocchio economicamente dall’era Kirchner, non è riuscita a rilanciarsi con il presidente Mauricio Macri. Viaggia a vista la Colombia dove l’unico prodotto che davvero ha successo è la cocaina. Per non parlare del Venezuela e del suo dramma.
Anche perché gli esempi dei Paesi vicini inquietano la popolazione brasiliana, Bolsonaro, a meno di un cataclisma, dovrebbe portare a casa la vittoria. Ha saputo giocare astutamente sui timori della gente. E forse per capire come andrà a finire, basterebbe andarsi a vedere un film del 2015 con Sandra Bullock intitolato All’ultimo voto, traduzione libera del titolo originale Our Brand is Crisis, il nostro marchio è la crisi. Storia di come un candidato perdente, in Bolivia, riesca grazie a una squadra di consulenti Usa, a capovolgere i pronostici proprio scommettendo sulla paura del futuro. Esattamente come ha fatto Bolsonaro (e molti altri leader populisti d’occidente).