Attualità

Beyoncé e le altre

Tutte le leggende metropolitane che circondavano le Destiny's Child, molto prima del Super Bowl e (quasi) al netto di Beyoncé.

di Violetta Bellocchio

Secondo una leggenda non provata da nulla, Beyoncé Knowles avrebbe iniziato a guadagnarsi la pagnotta quando aveva sei, sette anni. Il padre Mathew faceva pagare il biglietto ad amici e vicini per mostrare loro la piccola Beyoncé che cantava e ballava come Diana Ross nel soggiorno di casa. Adorabile.

Questa storiella, quasi certamente dotata della stessa consistenza di “Lady GaGa alla nascita aveva sia il pene sia la vagina”, viene tenuta in vita dalla tradizione orale; e i più tenaci nel raccontarla non sono i nemici di Queen B., ma i suoi ammiratori della vecchia guardia, quelli che l’hanno conosciuta quando militava in un gruppo di ragazze, le Destiny’s Child. Quattro amiche d’infanzia, poi ridotte a tre, amministrate da Babbo Knowles e vestite dalla madre Tina, il cui primo singolo arrivato al numero 1 negli Stati Uniti, Bills Bills Bills, era un inno contro gli uomini che pretendono siano le donne a tirare fuori il portafoglio. Le Destiny’s Child avevano una media di 18 anni quando uscì il pezzo. Ci potremmo chiedere perché quattro adolescenti rimproverassero a un maschio di non pagar loro la bolletta del telefono – cantavano i problemi delle sorelle maggiori? I problemi futuri delle minorenni in ascolto? – o potremmo prendere Bills Bills Bills come il simbolo della loro produzione musicale in generale, con tutti i valori già al posto giusto, e due temi portanti: a. uomini inaffidabili ma di cui non si può fare a meno (dunque meglio trovarsi un baller, uno a cui piace spendere e spandere), b. come si sta bene tra donne. Wikipedia dice che hanno venduto 50 milioni di dischi.

… no, questa è fatica inutile. Per le persone più giovani di me, le Destiny’s Child sono una cosa che passa in TV quando è molto tardi. Una strana parentesi dimenticabile, i primi passi di una donna sola, Beyoncé, che viene considerata “genuina” nonostante sia eccezionale sotto ogni punto di vista. E’ ricchissima, potente, ammirata. Amata. All’indomani del Super Bowl, una lettrice di questa rubrica diceva: «sono legata alla sua figura da troppo tempo, ieri è stato come vedere un familiare». E infatti, la riunione delle Destiny’s Child che avrebbe potuto accadere su quel palco si è risolta in un nulla di fatto. Kelly Rowland e Michelle Williams sono state in scena tre minuti, per eseguire un medley tra due vecchi successi del gruppo, e poi fare da coriste a Beyoncé mentre cantava Single Ladies. Chi scrive che a mettere lì due comparse veniva uguale un po’ ci prende. Nel mondo di Beyoncé esiste Beyoncé, Beyoncé e solo Beyoncé.

(Altra leggenda non provata da nulla: Beyoncé era la regina, ma Kelly era la numero 2, perché Babbo Knowles era anche il suo, di padre. Una traccia di verità? Kelly abitò a lungo insieme ai signori Knowles, e a un certo punto Babbo diventò il suo tutore legale. E pare che Babbo volesse diventare padre affidatario di tutte le ragazze, e che la faccenda non venne presa sportivamente dalle altre Destiny’s. Loro i genitori li avevano.)

Kelly e Michelle, comunque, sono state solo una fase nella storia del gruppo. La seconda e ultima fase, dove Beyoncé era il volto dell’insieme: la più desiderabile, la più aspirazionale. La più Barbie. (Ed ecco Barbie Beyoncé; fanno 200 dollari. Kelly ne costa 80, Michelle 60.) Nella prima fase erano in quattro. Due di loro, LeToya Luckett e LaTavia Roberson, furono buttate fuori nel 2000; sostituite in corsa durante un tour, e già rimpiazzate, a loro insaputa. Stando ai racconti, scoprirono di essere state messe alla porta solo vedendosi passare davanti in TV “il nuovo video delle Destiny’s Child”, Say My Name, dove insieme a Beyoncé e Kelly c’erano due altre cantanti. (Farrah Franklin sarebbe durata cinque mesi, scoprendo anche lei di essere stata licenziata grazie a un servizio televisivo; Michelle sarebbe rimasta fino alla fine, solidamente “la terza”, mai in competizione con le due stelle per visibilità e spazio.) Motivo di questa decisione: le due L. avrebbero chiesto di essere seguite da manager che non fossero parenti dei signori Knowles, e che la famiglia in generale intervenisse meno nella gestione del gruppo. Commento delle ragazze, «sette anni buttati via». Gli anni Zero li hanno passati entrando e uscendo dai tribunali.

La tentazione, rafforzata dalla sgradevolezza del personaggio, è vedere in tutto quanto un truce disegno del padre/tuttofare. Però all’epoca queste decisioni erano spalleggiate dalle componenti sopravvissute, almeno in sede di promozione. Oggi fa un certo effetto sentire Beyoncé che trilla «finalmente tutti i cattivi elementi sono fuori dalle Destiny’s Child!» (ecco il video – lei usa il termine bad seeds, ragazzacce), come fa effetto riascoltare il singolo che dava il nome al primo album del nuovo trio, Survivor, un chiaro «arrivederci a mai più» nei confronti delle due L., le traditrici. (Noto per la prima volta questi versi: «I’m not goin’ hate on you in the magazines / I’m not goin’ compromise my Christianity». Non mi intendo di Metodisti texani, ma è possibile che questo riferimento sia il loro modo di darti della mignotta.) Le due L., mai messe a tacere ma sempre ex qualcosa, hanno continuato a sostenere la loro versione: hanno ribadito che Babbo Knowles le sfruttava, che amava ripetere «siete già fortunate se vi do dei soldi…», che con le sue manie faceva piangere Kelly, e che le ragazze l’avevano soprannominato “Joe Jackson”, come il papà di Michael, anche se lui non le picchiava.

(E ora, una leggenda non provata da nulla: la carriera solista di Kelly fu azzoppata da Babbo Knowles, suo manager fino al 2009; il secondo album Ms. Kelly fu fatto slittare di un anno perché Beyoncé non avesse l’ombra di una rivale mentre lanciava il suo secondo album, quello di Irreplaceable. L’unico dato certo è che Kelly licenziò Babbo, dopo. E che, mentre Beyoncé interpretava caste cantanti gospel e fidanzatine d’America a grappoli, Kelly moriva in Freddy Vs. Jason.)

Lo stesso. Se Babbo Knowles voleva sostenere l’evidente talento di Beyoncé, perché sobbarcarsi la gestione di un gruppo intero? L’impresa era stata disegnata per far brillare una singola figlia, che doveva emergere, ma all’epoca andavano di moda i cori di ragazze, per cui…? Oppure alla base c’era l’affetto verso le compagne di scuola di quella figlia, purtroppo dotate di genitori meno ambiziosi? (La prima.) Sono domande da senno del poi. Allora il “metodo Knowles” veniva celebrato come il modello vincente per chi volesse traghettare i bambini in una carriera nello spettacolo. Il successo era a portata di mano, bastava rispettare tre regole d’oro: lavorare sodo, portare costumi supervisionati dalla madre, pregare Gesù (non che ci sia nulla di male in questo). Gli abiti comprati o cuciti da Tina Knowles rafforzavano l’immagine del gruppo come quattro (poi tre) amiche unite dallo stesso sogno, e che si vestivano di conseguenza. Un colore per volta, uno stile alla volta. Ne sarebbero nate mille gallerie fotografiche alla “I peggiori vestiti delle Destiny’s Child“, ma la signora Tina avrebbe usato questo trampolino per creare un marchio di abbigliamento, House of Dereon, di cui Beyoncé è corresponsabile e occasionale testimonial. E forse proporre le Destiny’s Child come un’impresa a conduzione familiare, al di là della gestione sul piano economico, permetteva di farle passare per “un modello sano”: appariscenti ma casa e chiesa, niente droga, niente feste, cantavano d’amore ma non potevano frequentare uomini (o donne). L’ultima cosa fu smentita nella – giustamente famosa – intervista a Ebony del 2001, dove le dichiarazioni alla «noi vogliamo il meglio per le ragazze, però loro hanno una testa e la usano…» tendono a passare in secondo piano, di fronte al titolo: La storia non raccontata di come Tina e Mathew Knowles hanno creato la miniera d’oro delle Destiny’s Child.

(Ultima ma non meno importante, una leggenda non provata da nulla: Beyoncé ha avuto un bambino a 15 anni, l’ha dato alla sorella dell’allora fidanzato. Gli estimatori del genere mater semper certa [or is she] possono proseguire con le teorie sulla figlia Blue Ivy e su chi l’abbia davvero portata in grembo.)

Oggi Kelly Rowland è diventata un personaggio televisivo in Inghilterra, e da lì, a cascata, in vari paesi del mondo: Michelle Williams ha ispirato un blog comico, Poor Michelle, che racconta come potessero passare i mesi e gli anni ma delle tre Destiny’s era sempre lei quella messa ai margini, photoshoppata peggio, costretta a portare i pantaloni mentre le altre mostravano le gambe; e Beyoncé si è separata dal padre, ma si tiene accanto la madre come consulente – almeno, stando al documentario ufficiale Year of 4. Chissà se tra loro parlano dei corsi universitari dedicati a Queen B. e al suo immenso potere sul pubblico, e chissà se discutono a proposito del fatto che non l’abbiamo mai vista con i suoi capelli veri.