Attualità

Preghiere esaudite

Medjugorje, il mensile. La narrazione della redenzione (cattolica) vista da una cristiana protestante

di Violetta Bellocchio

Storia vera: a fine Luglio, mentre voi leggevate pezzi sull’Immacolata Concezione ai tempi del test del DNA, io stavo sfogliando l’ultimo numero del mensile “Medjugorje – La presenza di Maria” mentre ero a bordo di un’auto diretta verso Milano. A quattro chilometri dal cartello MILANO abbiamo fritto il motore. Solo grazie ai nervi saldi della persona alla guida, e a una buona dose di casualità, l’auto è riuscita ad arrivare entro i confini della città. A quel punto si è fermata. E dall’altro lato della strada c’era un’officina specializzata.

Prima di scendere, la persona alla guida ha puntato il dito contro la Vergine Maria sulla copertina di “Medjugorje”, appellandola in modi poco caritatevoli e accusandola di aver «menato sfiga».

Da questa storia (vera) possiamo trarre alcune conclusioni: che solo un ex cattolico è capace di bestemmiare con convinzione, ad esempio, o che io faccio una vita abbastanza grottesca anche senza buttarci dentro l’elemento narrativo “guarigioni miracolose”. Purtroppo lo stesso giorno perdevo la copia di “Medjugorje” che stavo leggendo (Agosto, mese caldo del culto mariano, speciale In Preghiera con l’Assunta) e avevo comprato nell’edicola di una città emiliana dietro emissione di regolare scontrino. E a Milano il giornale non arriva. Ho girato otto edicole senza risultato. Segno evidente che la distribuzione non punta troppo al profondo Nord, o alle aree metropolitane, forse perché, dati alla mano, il giornale vende meglio nei punti dell’Italia da cui parte il maggior numero di autobus, treni e aerei diretti al santuario. Se così fosse, però, in Toscana te lo farebbero scivolare sotto la porta insieme ai cataloghi Ikea.

A questo punto, come toccò per altre ragioni ad Anna Momigliano, oggi devo parlarvi di un prodotto che esiste, e di cui ho avuto esperienza, ma senza mostrarvene le tracce concrete. C’è, se volete, una pagina semi-ufficiale su Facebook; c’è la sezione news dell’editore GFB. Di più, qui e ora, non posso darvi. Se il New York Ledger è uno dei più noti tra i giornali immaginari, e alla fine può essere scambiato per vero, “Medjugorje – La presenza di Maria” è il caso opposto: un giornale vero, di carta e inchiostro, e alla cui realtà è impossibile credere. Finché te lo trovi davanti.

Prendete quanto segue come il ricordo di un sogno, to’. E andiamo per punti.

Punto primo. “Medjugorje” non è un prodotto finalizzato a convertire nessuno, né a invitare freschi credenti al santuario dove Maria sposa e madre parla, guarisce, ascolta; “Medjugorje” è il mensile di quelli che a Medjugorje ci sono stati, e quindi ci tornano una o più volte l’anno. Si rivolge soltanto a chi già crede, crede in un certo modo, e vuole proseguire l’esperienza di quella fede precisa nella vita di tutti i giorni. Questo non è il braccio editoriale del Moige, non vuole dettare la linea ai non-salvati; questa è la fanzine dei miracolati.

Punto secondo. A Medjugorje succedono cose. Se ci vai, un miracolo lo vedi eccome. Non c’è bisogno di usare come tramite uno dei veggenti, gli uomini e donne che da Maria ricevono messaggi dettagliati, e che hanno una linea aperta, costante con lei. (N.b. queste persone possono essere profilate dal mensile, ma più spesso vengono citate per nome di battesimo e basta; tanto lì/qui  le conoscono tutti.) Basta pregare, partecipare a una funzione o a una camminata collettiva. Successo garantito. Arrivi in un modo, esci in un altro.

Punto terzo. Maria non discrimina. Ottenere o meno la guarigione non dipende dalle qualità morali del pellegrino, e nemmeno dalla gravità dell’afflizione. Se Maria non ti sblocca l’osteoporosi o la cecità isterica, ti fa passare la depressione. Un certo livello di salvezza lo porti a casa comunque.

Ci siamo? Procediamo.

Questi tre punti-chiave sono portati avanti nelle rubriche, che io ho rimosso, e soprattutto nel pezzo forte del giornale: la sezione dedicata alle storie, articoli-reportage dove vengono fatti parlare in prima persona i fedeli, ciascuno con alla fine la sua bella pecetta “testimonianza raccolta da…”. A differenza di altri raccoglitori di Storie, però, qui i protagonisti sono citati con nome e cognome, foto e luoghi di residenza, una quantità di dettagli talmente massiccia da vanificare qualsiasi omonimia. Non ci possono essere due signore Claudia Morandi impiegate alla ASL di Rottofreno e madri di gemelli biondi. No.

Signore, già.

Molte delle storie che appaiono sulle pagine di “Medjugorje” appartengono a donne.

Queste donne appartengono a tre categorie di massima: atee irriducibili, che sono andate in pellegrinaggio per disperazione, per assenza di alternative, al limite per dispetto, e lì hanno visto la luce; cattoliche di nascita, che si erano allontanate dalla Vera Fede, spesso macchiandosi di orribili peccati secolari (divorzi, aborti), e lì hanno ricevuto il perdono di Maria; cattoliche “normali”, che fino a quel punto pensavano di cavarsela andando a Messa la domenica e poco più, e solo grazie al viaggio hanno compreso l’importanza dell’attivismo 24/7. Tre tipi di storie per un singolo risultato: la trasformazione. Entri mamma/moglie/professionista/casalinga, esci rinata. Il miracolo materiale passa in secondo piano, di fronte a una nuova prospettiva di vita che prevede pentimento e salvezza come sua doppia spina dorsale. Anche chi non è arrivato a Medjugorje con un problema urgente riceve in dono un po’ di questa fiducia. Maria ti ascolta, Maria ti vede.

Da cristiana protestante non per nascita, io questa la chiamo “la fase aaaah“: il momento dove anche le parti peggiori della tua vita diventano frutto di un disegno preciso, concordato tra Dio e il Sacro Fantasma, e tuuuutto quanto era finalizzato a farti abbracciare la fede in quel momento esatto. Vorrei rassicurarvi: di solito il Protestantesimo hardcore dura due/tre settimane al massimo, poi ricominci a interagire col resto del mondo, a concepire la presenza di agnostici e atei, eccetera. Ma se ridisegni la tua vita su un livello di auto-fiction come quello presente nelle pagine di “Medjugorje”, beh – la fase aaaah non passa mai. Ti segue in ogni passo. Un’esperienza di fede a un livello quasi insopportabile, non perché postuli

l’importanza del pellegrinaggio nella vita di un/una credente, ma perché stabilisce il valore e la bontà assoluta dell’equazione “pregare (x) per ottenere (y)“. (Chi ascolta Radio Maria mi dice che lì dentro «prega» è la risposta a tutto, tranne sotto elezioni. Così, guardate: «Padre, mio marito ha il cancro.» «Preghi.» «Grazie.» «Si figuri. Prossima telefonata?» Incoraggiante.)

C’era molto altro, nel numero di agosto di “Medjugorje”. C’era un approfondimento dedicato a una giovane coppia che mette al mondo figli affidandosi alla Provvidenza, e tanto dichiara. (I due sono neo-catecumeni, movimento di cui so poco, ho capito ancora meno leggendo il pezzo e ora mi sembra un esperimento di extreme Catholicism paragonabile a quelli che dalle mie parti leggerebbero Christwire senza notare la satira.) C’erano anche tagliandi-sconto da ritagliare e presentare a un’agenzia di viaggi specializzata. Non importa. Per quello che vedo io, si parla anche troppo spesso dell’industria legata ai luoghi sacri. Ed è vero, il miracolificio di Medjugorje ha creato o potenziato moltissimi posti di lavoro, dagli autobus che scarrozzano pellegrini anda e rianda agli alberghi che sul mensile comprano pagine pubblicitarie. Come è vero che il luogo in sé ha ospitato i risvegli più o meno concreti di laici famosi, che poi ci hanno scritto libri, rilasciato interviste. Buona ultima la martire Sara Tommasi. Quello di cui non si parla abbastanza è la fiction della redenzione. Lo schema narrativo per cui, se solo ti sottometti a un potere superiore, ogni traccia della tua vita precedente ti verrà candeggiata via. Rinunciare a un vizio in cambio della virtù; compiere un sacrificio in cambio di molti.

Stanotte ho sognato di passare davanti alla finestra della mia camera e trovarla aperta, forzata. Mi sono svegliata di colpo, sono stata un po’ lì a pensare se fare il giro della casa o no, mi sono riaddormentata, ho ricominciato a fare lo stesso sogno e dalla finestra mi stava entrando l’Uomo Ragno senza la maschera. Si è seduto sul letto, abbiamo avuto una breve conversazione da cui è emerso che sì, in effetti lui mi voleva rubare in casa. E’ stato tutto piuttosto imbarazzante.