Come si costruisce un ecosistema editoriale che sfida le convenzioni e racconta la contemporaneità? Ne parlano Valentina Ardia, editor in chief, e Cristiano de Majo, direttore esecutivo, domenica 14 settembre, ore 12.
Il Leone d’oro alla carriera quest’anno andrà a Liliana Cavani e a Tony Leung
Oggi il consiglio di amministrazione della Biennale di Venezia ha deciso a chi andranno i Leoni d’oro alla carriera della prossima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, l’ottantesima, in programma dal 30 agosto al 9 settembre. Accogliendo la proposta del direttore della mostra, Alberto Barbera, il cda ha scelto di premiare la regista Liliana Cavani e l’attore Tony Leung.
Cavani può essere definita una veterana della Mostra: la sua prima partecipazione, infatti, è del 1965, anno in cui vinse il Leone di San Marco per il documentario Philippe Pétain: Processo a Vichy. Nel corso degli anni, poi, è tornata sul Lido con, tra gli altri, Francesco d’Assisi (1966), Galileo (1968), I cannibali (1969), Il gioco di Ripley (2002) e Clarisse (2012). «Sono molto felice e grata alla Biennale di Venezia per questa sorpresa bellissima», ha dichiarato Cavani, definita da Barbera come una delle registe simbolo del nuovo cinema italiano degli anni Sessanta, «un’artista polivalente capace di frequentare la televisione, il teatro e la musica lirica con il medesimo spirito non convenzionale, e la stessa inquietudine intellettuale che hanno reso celebri i suoi film».
#LilianaCavani and #TonyLeungChiuWai are the Golden Lions for Lifetime Achievement of the #BiennaleCinema2023! The director and the actor, who participated in the Festival with many unforgettable masterpieces, will receive the awards during #Venezia80 → https://t.co/cujpnfeUvk pic.twitter.com/KtZ0Ys3p7O
— La Biennale di Venezia (@la_Biennale) March 27, 2023
Una buona parte del successo che Tony Leung Chiu-wai ha riscosso nella sua carriera è legata anche ai premi vinti a Venezia: l’attore di Hong Kong è stato infatti protagonista di tre film vincitori del Leone d’oro, Città dolente (1989) di Hou Hsiao-hsien, Cyclo (1995) di Tran Anh Hung e Lust, Caution (2007) di Ang Lee, anche se il film che ne ha fatto una star conosciuta in tutto il mondo resta ovviamente In the Mood for Love di Wong Kar-wai (citato anche in Everything Everywhere All at Once, in cui una delle versioni del personaggio interpretato da Ke Huy Quan è chiaramente ispirato al Chow Mo-Wan di Tony Leung), con il quale vinse la Palma d’oro per il Miglior attore al Festival di Cannes. Alla notizia della vittoria del premio alla carriera, l’attore ha dichiarato «Sono colpito e onorato dalla notizia della Biennale di Venezia. Condivido idealmente questo premio con tutti i cineasti con cui ho lavorato. Questo riconoscimento è anche un omaggio a tutti loro».

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Nei suoi libri si oppone a quell'idea di letteratura giapponese “stramba e misteriosa” che tanto successo ha riscosso negli anni. Di questo e di povertà, di stranezze, di suo marito e di litigi con Murakami Haruki abbiamo parlato con lei, durante il Festivaletteratura di Mantova.

Il nuovo film della regista di Past Lives era atteso come il rinascimento della romcom. Vedendolo, invece, si capisce che le romcom forse non torneranno mai perché non c'è più nessuno che sappia farle.