Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
La Nuova Zelanda è il posto dove andare nel caso in cui la società dovesse collassare
Su Twitter e Instagram sta girando il titolo di un articolo di Vice che recita: “Nel 1972 è stato previsto il collasso della società nel 2040. Secondo nuovi dati, siamo sulla buona strada”. Senza entrare troppo nei particolari, uno studio di cinquant’anni fa condotto dal Mit e dal titolo The Limits of Growth (I limiti della crescita) ha rilevato che la civiltà industriale è a rischio e a confermarlo oggi ci sarebbero alcuni dati raccolti in base alla nostra risposta alla pandemia. Le cause del collasso potrebbero essere una crisi finanziaria irrecuperabile, oppure climatica, la distruzione della natura, o magari tutte insieme, dicono gli scienziati. Cosa fare in quel caso? O meglio, dove andare? Le risposte vengono da alcuni studi che hanno classificato i migliori posti dove vivere una volta che la società globale collasserà.
“Resilienza”, parola dell’anno 2018, è la qualità che hanno cercato gli scienziati nei luoghi studiati, che dicono essere fondamentale per la sopravvivenza e che ciononostante viene sottovalutata dalla società che valorizza invece l’efficienza economica di un luogo. Così i Paesi sono stati classificati in base al loro grado di resilienza, cioè «in base alla loro capacità di farci coltivare cibo, proteggere i confini da un’eventuale immigrazione di massa, mantenere una rete elettrica ed abilità manifatturiere», e le località favorite sono state le isole con un clima più temperato e possibilmente con una bassa densità di popolazione.
La prima è la Nuova Zelanda, per via della sua inesauribile fonte di energia geotermale e idroelettrica. Luogo in cui, scrive il Guardian, alcuni milionari si sono già comprati degli appezzamenti per costruirci bunker in caso di scenari apocalittici. Già la cantante neozelandese Lorde ci aveva invitati ad andare nel video della sua ultima canzone “Solar Power“: diceva qualcosa come «vieni qua che inizia la tua felicità». In classifica ci sono poi l’Islanda, la Tasmania e, a grande sorpresa, anche il Regno Unito. In merito alla sua nomina un professore all’università dell’Anglia ha qualcosa da dire, continua il Guardian, cioè che è vero che il Paese produce solo il 50 per cento del proprio cibo e non è veloce a sviluppare tecnologie rinnovabili, ma ha grande potenziale nell’affrontare crisi esterne. Dice che probabilmente nel calcolo avrà impattato la Brexit, facendogli accumulare molti punti nella categoria «proteggere i confini dall’immigrazione».

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.