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22:02 martedì 16 settembre 2025
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.
Dopo i meme, i videogiochi, le carte collezionabili e gli spettacoli a Broadway, adesso l’Italian Brainrot arriva anche nei parchi giochi italiani Da fenomeno più stupido e interessante di internet alla vita vera, al Magicland di Valmontone, in provincia di Roma.
È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.
La prima puntata del podcast di Charlie Kirk dopo la sua morte è stata trasmessa dalla Casa Bianca e l’ha condotta JD Vance Il vicepresidente ha ribadito che non ci può essere pacificazione con le persone che hanno festeggiato o minimizzato la morte di Kirk.
Tra i candidati a rappresentare l’Italia all’Oscar per il Miglior film internazionale ci sono praticamente tutti i film usciti in Italia quest’anno Tranne La grazia di Paolo Sorrentino, ma non per volontà: la sua assenza è solo una questione burocratica.
Versace Embodied non è una campagna ma una conversazione sulla cultura Capitolo primo (di una nuova serie): Versace si racconta attraverso fotografia, poesia, musica e oggetti d'archivio, sotto la direzione creativa di Dario Vitale.

Perché il New York Times ha attaccato Ronan Farrow

19 Maggio 2020

Noto per il proprio lavoro d’inchiesta con cui Ronan Farrow si è conquistato negli anni l’ammirazione di gran parte dell’opinione pubblica grazie all’articolo decisivo apparso sul New Yorker che fece a pezzi Harvey Weinstein e che fu all’origine del #MeToo, il figlio di Mia Farrow e Woody Allen (nonostante lei abbia spesso affermato di averlo avuto con Frank Sinatra, ma questa è un’altra storia) è stato accusato sul New York Times di aver eccessivamente romanzato i propri scoop, «troppo belli per essere veri».

Era il 10 ottobre del 2017. Ronan pubblicava la prima delle sue storie sul New Yorker, in cui oltre alle dettagliate accuse di molestie sessuali di decine di attrici, svelava i nomi dell’esercito compiacente di Weinstein – il tutto, proprio mentre si infoltiva la lista di attrici che si sono dette pentite di aver lavorato con Woody Allen, dopo l’ennesima richiesta da parte di Dylan Farrow, sorella di Ronan, di una presa di posizione nei confronti del padre adottivo accusato nel 2014 di averla molestata. Ronan e Woody Allen, Allen e Dylan, Allen e Mia Farrow: un cortocircuito fatto di interviste, obiezioni, dubbi e accuse su cui nel tempo si sono spese numerose riflessioni. Che ha visto Ronan più volte difendere pubblicamente la sorella (esponendosi anche contro il proprio editore dopo aver appreso che Hachette avrebbe pubblicato il memoir del padre, che poi, proprio per questo, non ha pubblicato, così come in America non è uscito il suo ultimo film, A Rainy Day in New York), e lo stesso Woody Allen esprimersi contro l’ex moglie, che in chiusura del libro, A proposito di niente, definisce «una squilibrata. È stato molto divertente vedere tutta quella gente scalmanarsi per aiutarla a realizzare la sua vendetta».

È questo il contesto grazie a cui Ronan Farrow, secondo Ben Smith, ex direttore di BuzzNews, avrebbe realizzato i propri scoop, arrivando a vincere anche il Pulitzer: «Se scavi sotto gli articoli che ha scritto per il New Yorker e il suo bestseller del 2019 Catch and Kill, cominci a vedere crepe nelle fondamenta». Stando a quanto afferma Smith, infatti, «Farrow produce racconti irresistibilmente cinematografici – con eroi e cattivi definiti in bianco e nero – ma spesso omette fatti complicati e dettagli sconvenienti che potrebbero rendere il racconto meno drammatico. A volte non segue gli imperativi giornalistici che esigono di confermare quanto affermato. A volte suggerisce cospirazioni che sono invitanti ma che non può provare». Non solo: benché nel lungo articolo, Smith ammetta che Farrow «ha prodotto articoli rivelatori su alcune delle vicende che definiscono il nostro tempo», a un esame più attento si noterebbero tutte le debolezze di «quel “giornalismo della resistenza” che sta prosperando nell’era di Donald Trump», scrive Smith.

Non è la prima volta che qualcuno mette in dubbio le posizioni di Ronan, o più precisamente, la loro totale veridicità. Come ricorda il Guardian infatti, le sue esposizioni sugli abusi sessuali lo hanno portato a essere seguito da investigatori privati ​​impiegati proprio da Harvey Weinstein, e alle accuse del suo ex datore di lavoro, NBC News, di aver detto «bugie colorite». La nuova ipotesi circa un «abbellimento eccessivo dei fatti», ha sottoposto l’articolo di Smith a numerose critiche da parte della stampa e non solo. Ma se in molti come Jesse Eisinger di ProPublica hanno affermato che le parole di Smith siano «sciocche e imprecise», tanti dubbi ancora rimangono. «Si tratta di una vera opera di debunking, che nessuno a livello giornalistico ha mai messo in atto con le inchieste di Ronan Farrow», ha scritto Erin Wemple del Washington Post.

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