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Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.
La Rai vorrebbe abbandonare Sanremo (il Comune) e trasformare Sanremo (il festival) in un evento itinerante Sono settimane che la tv di Stato (e i discografici) litigano con il Comune: questioni di soldi, pare, che potrebbero portare alla fine del Festival per come lo conosciamo.
La storia del turista norvegese respinto dagli Stati Uniti per un meme su Vance sembrava falsa perché effettivamente lo era Non è stato rimpatriato per le foto salvate sul suo cellulare, ma semplicemente perché ha ammesso di aver consumato stupefacenti.
In Giappone è stato condannato a morte il famigerato “killer di Twitter” Takahiro Shiraishi è stato riconosciuto colpevole degli omicidi di nove ragazze. Erano tre anni che nel Paese non veniva eseguita nessuna pena capitale.
Per sposarsi a Venezia e farsi contestare dai veneziani Bezos ha speso almeno 40 milioni di euro Una cifra assurda che però non gli basta nemmeno per entrare nella Top 5 dei matrimoni più costosi di sempre.

La Nuova Turchia di Erdogan e il suo romanzo

Erdogan, che è di fatto al potere dal 2002, con ogni probabilità sarà eletto presidente domenica. Il suo slogan «Una Nuova Turchia» racconta (anche) la storia di una nuova classe ricca islamica, descritta molto bene dal giallo Appartamento ad Istanbul edito in Italia da Sellerio.

07 Agosto 2014

C’è un romanzo che avrei voluto aggiungere a “Un libro per l’estate”, la lista di letture consigliate dalla redazione e da alcuni collaboratori di Studio, ma che alla fine ho preferito non inserire, pensando che, in fondo, il suo pregio era più sociologico che letterario, fermo restando che si tratta pur sempre di una lettura degna, gradevole e dunque caldamente raccomandata. Il libro è Appartamento ad Istanbul, un romanzo giallo della scrittrice turca classe 1970 Esmahan Aykol, pubblicato in Italia nel 2011 da Sellerio e distribuito in versione super-economica come allegato al Sole24Ore l’anno successivo.

Ciò che mi ha colpito – ma c’è da tenere conto che io in genere non apprezzo i gialli – più della trama in sé è la delicatezza spietata con cui emerge il dolore di alcuni personaggi (i cattivi, in realtà, ché la protagonista è una macchietta a tratti fastidiosa) e, soprattutto l’effetto “capsula del tempo” derivato dall’averlo letto a distanza di anni dalla sua prima uscita. Perché Appartamento ad Istanbul, uscito in lingua originale nel 2004, e cioè dieci anni fa, è una fotografia della Turchia, di quella “Nuova Turchia” che in questi giorni di campagna elettorale il partito di governo va pubblicizzando, scattata nel momento in cui il cambiamento stava iniziando. Nel suo piccolo, e per quanto improbabile possa sembrare, è uno specchio della trasformazione – sociale, culturale, religiosa e soprattutto economica – della Turchia nell’era di Recep Tayyip Erdogan.

“Era” non è un’esagerazione. Domenica si vota in Turchia, dove per la prima volta i cittadini saranno chiamati ad eleggere direttamente il Presidente della Repubblica. Erdogan, il leader del partito islamico Akp, che in una forma o nell’altra è al potere dalla bellezza di 12 anni, sembra avere la vittoria in pugno, tanto che alcuni analisti si aspettano già un successo definitivo al primo turno.

L’Akp, il Partito di Giustizia e Sviluppo fondato dallo stesso Erdogan con un’agenda di ispirazione islamica che in parte cozzava con la tradizione laico-militare del paese, ha vinto le elezioni nel 2002 con un’ampia maggioranza. Erdogan non poté assumere immediatamente la carica di primo ministro perché gravava su di lui una condanna a incitamento all’odio a causa di un discorso d’ispirazione religiosa tenuto anni prima (precedentemente all’era Erdogan la Turchia era rigidissima nel limitare l’accettabilità dei riferimenti alla religione, un lascito della rivoluzione di Ataturk). Dunque la carica di premier era andata al numero due dell’Akp, Abdullah Gul. Soltanto dopo una pronuncia della corte costituzionale nel 2003 Erdogan ha potuto assumere la carica: il suo vice, Gul, gli cede il posto, viene nominato da Erdogan Ministro degli Esteri e poi nel 2007 diviene presidente della Repubblica.

Adesso che Erdogan succederà a Gul i più si aspettano che l’Akp tenti una riforma costituzionale che conferisca al presidente poteri più ampli, forse sul modello del semipresidenzialismo alla francese. Altri sostengono che Erdogan e il suo braccio destro abbiano intenzione di scambiarsi il posto, un po’ come avvenuto tra Medvedev e Putin in Russia, e cioè che con Erdogan alla presidenza l’obiettivo sia avere Gul primo ministro (anche se queste speculazioni lasciano il tempo che trovano, e stando ad alcune ricostruzioni i due sarebbero in fase di rottura).

Tutto questo per dire: Erdogan è al potere da più di un decennio e, salvo imprevisti, ci resterà per almeno qualche altro anno. Certo, di mezzo ci sono stati non pochi problemi, dalla protesta di Gezi park al malcontento suscitato dal disastro in miniera, per non parlare delle tensioni col movimento Gulen e diversi imprevisti in politica estera. Ma il dato è che, contrariamente alle previsioni di molti, incluse quelle chi scrive, Erdogan e il suo Akp sembrano destinati tenere.

Un processo graduale, certo, ma anche uno stacco non da poco rispetto al sistema economico precedente, dove la vecchia borghesia turca, assai laica ed “europeizzante”, si contrapponeva ai ceti meno abbienti più religiosi

Ora, la “rivoluzione” di Erdogan, il cambiamento profondo che ha trasformato, nel bene e nel male, Turchia nell’ultimo decennio, si regge soprattutto su due cardini (ovviamente c’è molto altro, e si tratta di una semplificazione). Da un lato un riposizionamento internazionale politico ed economico della Turchia, sempre più proiettata sul Medio Oriente e sempre più lontana dall’Europa: è la cosiddetta “dottrina neo-ottomana”, o “politica di zero problemi coi vicini” – dove i “vicini” sono i paesi arabi. Dall’altro lato una crescita economica interna e un’islamizzazione graduale (e non forzata, fatta eccezione forse per qualche divieto in più sulla distribuzione delle bevanda alcoliche) del paese che vanno di pari passo. Il solo fatto che il principale partito dell’opposizione, il laico e filo-militare Chp, ha candidato l’ex segretario dell’Organizzazione della conferenza islamica Ekmeleddin Ihsanoğlu – una figura che, come spiega Matteo Colombo sul sito dell’Ispi, non ricalca affatto i valori di laicità militante del partito di ispirazione kemalista – già fa capire quanto sia cambiata l’aria.

In breve, si può dire che dal punto di vista della società turca, la trasformazione più evidente dell’era Erdogan sia stata l’emergere di una nuova classe benestante profondamente musulmana. Un processo graduale, certo, ma anche uno stacco non da poco rispetto al sistema economico precedente, dove la vecchia borghesia turca, assai laica ed “europeizzante”, si contrapponeva ai ceti meno abbienti più religiosi.

È il fenomeno di cui vi parlavamo in questo reportage di Anna Mazzone dalla Turchia, intitolato non a caso “I borghesi di Istanbul”. È il fenomeno che ha raccontato, molto più recentemente, Al Monitor (una delle più interessanti pubblicazioni online di cose mediorientali) nell’articolo “Lifestyles of Turkey’s new conservative elites.” È «la nuova Turchia» sbandierata negli slogan elettorali di Erdogan. È anche la trasformazione che fa costantemente capolino tra le pagine de Appartamento ad Istanbul, il romanzo di cui vi raccontavamo all’inizio di questo articolo, dove una detective europea fidanzata a un avvocato ultra-occidentalizzato si ritrova a indagare nel mondo, a quei tempi relativamente nuovo, dei nuovi ricchi islamici. A volte una lettura estiva, un libro giallo, può aiutare a capire anche un po’ di politica internazionale.

Nell’immagine: cittadini turchi residenti in Germania votano con qualche giorno di anticipo rispetto alle elezioni in Turchia, all’Olympiastadion di Berlino (Photo by Carsten Koall/Getty Images)

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