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Storia dello zero, il simbolo che ha cambiato il mondo

Sul canale Future di Bbc, Hannah Fry ha raccontato la “scoperta” di qualcosa che siamo soliti dare per scontato, l’ovale dello zero, di cui l’uomo ha fatto a meno per millenni, salvo poi ammirarne le potenzialità e le applicazioni. «Lo zero, come concetto, esiste dai tempi antichi, appare nelle iscrizioni babilonesi e maya, quand’era usato per calcolare il passaggio delle stagioni», scrive Fry. Ma da allora, “0” ci ha messo due millenni per diventare ciò che conosciamo oggi, con tutte le conseguenze del caso. Ed è successo in India.

Secondo l’autore Alex Bellos, non poteva che accadere nel subcontinente indiano: «L’idea del nulla dietro qualcosa era già radicata nella cultura indiana. Se pensate al nirvana è lo stato di assenza, in cui tutte le tue paure e i tuoi desideri spariscono. Per cui, perché non avere un simbolo che indica il niente?». Quel simbolo venne poi detto “shunya”, il termine che ancora oggi indica tanto lo zero matematico quanto il nulla come concetto. Nel pensiero dell’India, la sua forma circolare rappresenta il ciclo della vita, detto “il serpente dell’eternità”.

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Per vedere l’approdo dello zero al mainstream si passa dalla sua penetrazione in Medio Oriente – dove a partire dal VII secolo iniziò a venire impiegato dai matematici islamici, che lo aggiunsero al loro sistema numerico (che è il sistema arrivato ai giorni nostri, e per qualcuno dovrebbe per questo motivo chiamarsi “indo-arabico”) – e dalla difficile diffusione in Europa: «difficile perché ci arrivò ai tempi delle crociate, in cui ogni cosa di derivazione islamica era, eufemismo, vista con sospetto (a Firenze nel 1299 venne istituita addirittura una legge che proibiva l’utilizzo dello zero, considerato una forma di frode dei mercanti mediorientali).

Nel XV secolo, il simbolo matematico dell’assenza era diventato una realtà rilevante: i numeri arabi erano finalmente stati accettati, e la stampa a caratteri mobili aveva permesso una diffusione enormemente più rapida di teorie e saperi. Duecento anni dopo, lo zero diventò il protagonista dei grafici cartesiani, ruolo che mantiene inalterato nel 2016, e permise di trasformare, nelle parole di Bellos, «il mondo in bianco e nero dell’aritmetica in una meraviglia a colori». Nel campo più ampio delle scienze, nei secoli seguenti lo zero è diventato la base teorica (e pratica) per lo sviluppo del calcolo infinitesimale, la branca della matematica che ha permesso di predire il futuro, in un certo senso: è ciò che si utilizza per le previsioni dell’andamento dei mercati azionari, ad esempio.