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Hanno inventato delle app per dichiarare il consenso sessuale

La più recente, ancora in via di sviluppo, si chiama LegalFling (vale la pena dare uno sguardo allo sgargiante sito web, dove gli slogan dell’app: «Get explicit about sexual consent» e «Safe sex redefined» emergono da un fondale fucsia-violetto). L’idea dei suoi creatori è quella di permettere ai partner in procinto di fare sesso di stipulare un accordo (valido a livello legale) in cui ci si dichiara entrambi consenzienti a fare sesso e nel quale viene assicurato che ognuno dei due rispetterà tutto ciò che l’altro è o non è disponibile a fare (c’è una sezione “Do’s and dont’s”, ovvero l’elenco delle pratiche contemplate e di quelle vietate). Così ha spiegato il Ceo Rick Schmitz: «Chiedere a qualcuno di firmare un contratto prima di fare sesso potrebbe risultare un po’ scomodo e strano. Con LegalFling basta uno swipe per essere sicuri che il tutto sia perfettamente legale». Come giustamente nota l’autrice di questo articolo pubblicato su Gizmodo, app come queste diffondono un’idea di consenso semplicistica e errata: un unico contratto che mette nero su bianco il sì o il no, una specie di checklist o lista della spesa, che dà per scontato che l’uomo sia totalmente privo della sensibilità necessaria a interpretare i segnali del contatto sessuale.

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I problemi di queste app sono tanti: dare il proprio consenso per una determinata azione sessuale, ad esempio, non significa che si sarà sempre disponibili a praticarla. Una persona, tra l’altro, dopo aver “firmato” il contratto, ovvero dopo aver selezionato “ok” con un semplice swipe, potrebbe cambiare idea e non avere più voglia di procedere con l’incontro sessuale. Certo, come si spiega nella pagina delle FAQ di LegalFling, è possibile ritirare il proprio consenso: «basta un singolo click». Ma come nota l’autrice dell’articolo, è abbastanza assurdo pensare che prendere il cellulare, aprire un’app e swipare “no” nel bel mezzo di un amplesso sia più facile che comunicare al partner il proprio disagio, anche con un semplice «mi dispiace, non mi va più». È evidente che tutto questo potrebbe facilmente trasformarsi in una trappola e annullare il valore di un’accusa di stupro, ad esempio, nel caso in cui la vittima avesse precedentemente selezionato “ok”. Con il proliferare di questo tipo di app (SaSie è forse la più conosciuta), possiamo iniziare a temere che i nostri incontri sessuali verranno sempre più filtrati e regolamentati dai nostri dispositivi. Uno scenario non molto lontano da quello delineato in Hang the DJil quarto episodio dell’ultima stagione di Black Mirror.