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Israele vuole cancellare la sua versione degli Oscar perché ha vinto un film che parla di un ragazzino palestinese Anche perché, vincendo, The Sea è automaticamente candidato a rappresentare Israele agli Oscar quelli veri.
Il candidato della Francia all’Oscar per il Miglior film internazionale è un film ambientato in Iran, che parla di Iran e diretto da un iraniano Dalla Palma d’Oro a Cannes alla candidatura francese agli Oscar, il viaggio di Jafar Panahi attraverso le crepe della politica e del cinema
Sulla tv del ministero della Difesa russo c’è uno show fatto con l’AI che trolla i politici stranieri Macron con i bigodini rosa, Trump che parla di gabinetti dorati, von der Leyen in versione soviet: questo il meglio che la "satira" russa offre.
Il late show di Jimmy Kimmel è stato sospeso per dei commenti di Kimmel su Charlie Kirk Commenti che però Jimmy Kimmel non ha mai fatto.
Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.

Duecentomila abbonati del Washington Post hanno cancellato l’abbonamento perché il giornale non sosterrà Kamala Harris

29 Ottobre 2024

Si dice spesso che la cosa più importante per un giornale è conoscere i propri lettori. Chissà se qualcuno lo ha mai detto a Jeff Bezos, che tra le altre cose è anche l’editore del Washington Post. Come riportano praticamente tutti i giornali del mondo, nella redazione del WaPo le ultime 48 ore sono state piuttosto movimentate: Jeff Bezos ha deciso di impedire la pubblicazione di un editoriale, firmato dalla redazione del giornale, in cui si annunciava l’endorsement a favore di Kamala Harris. Conosci i tuoi lettori, si diceva: da quando la notizia si è diffusa, più di 200 mila lettori hanno cancellato i loro abbonamenti alla versione digitale del giornale.

Se il numero non vi sembra grande abbastanza, tenete conto che il WaPo, versione digitale, ha in tutto due milioni e mezzo di abbonati. In due giorni, dunque, il giornale ne ha persi l’8 per cento. Tenete anche conto che le cancellazioni degli abbonamenti ci mettono del tempo a diventare “effettive” e che, come riporta Npr, la protesta dei lettori prosegue. Vista la situazione, Bezos è stato di fatto costretto a pubblicare un op-ed in cui dimostra che effettivamente lui i suoi lettori proprio non li conosce. L’editore ha infatti scritto di essere dispiaciuto della «scarsa organizzazione» con la quale il mancato endorsement è stato annunciato. Si capisce: se tre anni fa il Washington Post avesse detto che non avrebbe preso le parti di nessuno, né di Harris né di Trump, secondo Bezos ai suoi lettori la cosa sarebbe andata benissimo.

Magari sarebbero stati soltanto un po’ sorpresi dalla cosa, visto che il giornale ha sempre raccontato Trump, la sua prima amministrazione e l’eventualità della seconda, come una minaccia all’esistenza stessa della democrazia americana. E infatti, in seguito alla decisione di Bezos diversi membri dell’editorial board del giornale si sono dimessi. Ma l’editore è stato inamovibile: basta con gli endorsement in generale, perché a farli «si dà agli altri l’impressione che il giornale abbia pregiudizi». È la versione tech mogul dell’adagio italiano «non sono né di destra né di sinistra», che si sa cosa vuol dire in realtà.

Sui social, nelle ultime ore, sta girando molto la vignetta della cartoonist del Washington Post Ann Telnaes: un quadrato tutto nero, che riprende lo slogan che il giornale ha adottato nel 2016, un anno dopo la vittoria alle elezioni di Trump, “Democracy Dies in Darkness”.

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