Cose che succedono | Storia

Come un editore aveva previsto le videochiamate nel 1918

Nel 1918, la radio era solo agli inizi, e i primi programmi tv erano ancora lontani decenni. Eppure, Hugo Gernsback, autore di fantascienza ed editore di alcuni magazine dell’epoca, immaginò un dispositivo in grado di permettere di realizzare strane videochiamate, il “Television and Telephot”, descritto nel numero di maggio 1918 della rivista Electrical Experimenter. Prima di Skype, FaceTime, Zoom: un dispositivo incredibilmente complicato, che era essenzialmente l’unione di una televisione a scansione meccanica, di quella elettronica e del telefono. Gizmodo ne ha raccontato la storia.

Sul numero in questione si leggeva: «Sarà lo strumento del futuro, un apparecchio collegabile al nostro attuale sistema telefonico, in modo tale che quando parliamo da lontano con qualcuno, possiamo vederne l’immagine. Come se ci stessimo guardando allo specchio, ma vedessimo chi risponde dall’altra parte» – e viene un po’ in mente Belle della Disney che guarda nello specchio per sapere come stia la Bestia, “Mostrami la Bestia!”, e lo specchio le mostra la Bestia –  «in altre parole, l’apparecchio deve obbligatoriamente seguire i due interlocutori, in ogni movimento. Inutile dire che un’invenzione del genere è fortemente desiderata e richiesta, perché rivoluzionerebbe il nostro modo di vivere, proprio come il telefono ha rivoluzionato le nostre relazioni». L’articolo includeva inoltre una spiegazione piuttosto elaborata sull’illuminazione necessaria per far funzionare il dispositivo per le “videochiamate”.

Dal numero di “Electrical Experimenter” del maggio 1918
Dal numero del maggio 1918

John Logie Baird, un inventore scozzese, fece la prima dimostrazione pubblica di un sistema tv meccanico nel gennaio del 1926 (un disco girava davanti agli elementi sensibili di selenio, e istante dopo istante si otteneva un valore elettrico corrispondente alla luminosità di un punto dell’immagine, riga dopo riga) e la tv elettronica non sarebbe stata realizzata fino al 1934. Gernsback teorizzò tutto questo quando ancora nessuno poteva immaginarlo.

A Gernsback, il padre del cyberpunk William Gibson dedicò anche un racconto – “Il continuum di Gernsback” – contenuto nella raccolta La notte che bruciammo Chrome.