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Le verdure hanno un problema di marketing?

Le verdure non sono, di norma, gli alimenti preferiti della gente: c’è chi ne apprezza alcune e non altre, e chi invece le mantiene al minimo sindacale nella sua dieta, evitandole regolarmente. Il punto, sostiene una ricerca pubblicata lunedì scorso sul giornale specialistico JAMA Internal Medicine, è che il cibo etichettato come “healthy” ha un problema non tanto di sostanza quanto di forma: venduto meglio, sarà più scelto e apprezzato.

Gli autori dello studio, tutti del dipartimento di Psicologia dell’Università di Stanford, hanno escogitato un sistema per valutare il grado di apprezzamento della verdura servita alla mensa dell’ateneo americano. Per tutto il secondo semestre del 2016, i vegetali offerti a studenti, professori e personale accademico sono stati esposti con uno di quattro tipi di etichette: il primo, standard e laconico (“Barbabietola”); il secondo, virato al 100% sul carattere salutare del cibo in questione (“Mais a ridotto contenuto di sodio”); il terzo, recante un tono più allegro ma sempre ispirato alla filosofia dietetica (“Misto salutare di cavolo cinese e funghi”); il quarto, infine, dice Vocativ, «un nomignolo vivacizzato che sembra uscito da Mad Men» (“Tocchetti di zucchine caramellate e rosolate a fuoco lento”).

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Alla mensa di Stanford, hanno scoperto i ricercatori, i vegetables sono stati scelti quando venivano venduti in modo più accattivante. Nello specifico, il 29 per cento delle 27 mila persone che hanno pranzato negli spazi dell’ateneo hanno mangiato verdure: non soltanto ciò è accaduto più spesso nelle giornate in cui gli erano presentate con etichette più creative, ma quando è accaduto ha anche aumentato le porzioni scelte. Paragonate alle etichette più standard, focalizzate sull’aspetto healthy dei vegetali, i piatti descritti à la Mad Men hanno attratto il 41 per cento delle persone in più.

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