Hype ↓
14:07 martedì 2 dicembre 2025
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.
A giudicare dai nomi in gara, Carlo Conti vuole che Sanremo 2026 piaccia soprattutto ai giovani Tanti nomi emergenti, molto rap e veterani al minimo: è questo il trend di Sanremo 2026, pensato per un pubblico social e under trenta.
I dazi turistici sono l’ultimo fronte nella guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa Mentre Trump impone agli stranieri una maxi tassa per l'ingresso ai parchi nazionali, il Louvre alza il prezzo del biglietto per gli "extracomunitari".
Papa Leone XIV ha benedetto un rave party in Slovacchia in cui a fare da dj c’era un prete portoghese Il tutto per festeggiare il 75esimo compleanno dell'Arcivescovo Bernard Bober di Kosice.
I distributori indipendenti americani riporteranno al cinema i film che non ha visto nessuno a causa del Covid Titoli molto amati da critici e cinefili – tra cui uno di Sean Baker e uno di Kelly Reichardt – torneranno in sala per riprendersi quello che il Covid ha tolto.

Stiamo davvero abbandonando Twitter?

Già in passato abbiamo celebrato il funerale del social, ma da quando Elon Musk è diventato Chief Twit i cambiamenti sono stati quasi tutti per il peggio. Twitter però resta il salotto di internet e farne a meno è difficile.

05 Ottobre 2023

È da più di un decennio che i guru del web sostengono che Twitter sia morto, ma è nel 2023 che ci abbiamo messo definitivamente una X sopra. Prima di celebrare l’ennesimo funerale, va però detto che è stato il social network che ha influenzato buona parte della cultura digitale degli anni Dieci grazie soprattutto all’invenzione dell’hashtag, intorno al quale si sono poi sviluppati spontaneamente due dei fenomeni online che più hanno inciso nel mondo reale: le standom (le tifoserie online) e le shitstorm (le tempeste sul web).

Dico spontaneamente perché Jack Dorsey non poteva veramente prevedere cosa sarebbe successo a chiudere l’umanità in delle bolle, apparentemente intime e confortevoli. Non poteva sapere che con Twitter, la politica e l’economia avrebbero subito le stesse sorti dell’industria musicale, al comparire delle community di fan degli One Direction e di Justin Bieber. Non poteva sapere che le guerre culturali sarebbero nate da uno sfogo collettivo e algoritmico, dovuto a combinazioni casuali di trigger. Questi due fenomeni, rintracciabili anche su altre piattaforme, hanno qui trovato la loro massima espressione, perché su Twitter il discorso pubblico è veramente stato sempre aperto, organizzato in trending topic, totalmente monitorabile grazie agli strumenti di ascolto del web. È il motivo per cui su questa piattaforma, da sempre, ci si scontra con molte più persone delle fazioni opposte di quanto non succeda su Facebook o su Instagram. Ed è anche uno dei motivi per cui gli influencer, i content creator e i troppo suscettibili non hanno mai veramente apprezzato Twitter: una piccola discussione può arrivare a diventare shitstorm molto più in fretta che su altre piattaforme, senza che ci si possa fare nulla.

Ovviamente, non è l’unico motivo per cui la piattaforma preferita dalle community è stata poi snobbata dai content creator in favore di Instagram e di TikTok: i testi brevi sono molto più difficili da monetizzare rispetto alle foto e ai video. C’è chi dice che il poco interesse dei content creator e la difficoltà alla monetizzazione è ciò che decreterà la vera fine di X, nonostante i giornalieri e disperati tentativi di Elon Musk di coinvolgere MrBeast (per chi non sapesse: il re di YouTube) nelle dinamiche della sua piattaforma. Ma è anche vero che, ad oggi, X è ancora l’unica piattaforma dove si fa second screen, cioè dove si commenta sia tutto ciò che passa sui media tradizionali, sia sugli altri social media. X continua a essere il salottino di Internet, che poi è il motivo per cui piace tanto ai giornalisti, agli opinionisti e ai politici. E agli utenti normali che vogliono fare community e partecipare al dibattito pubblico; utenti che continuano a essere affezionati nonostante l’attuale proprietario della loro piattaforma preferita ce la stia mettendo tutta per farli scappare.

Dal canto suo, Elon Musk, per cercare di stare al passo col principale nemico, che non è Meta ma TikTok, ha aggiunto l’homepage “Per te”, dedicata ai contenuti suggeriti dall’algoritmo sulla base dei propri interessi e molto probabilmente anche sulla base degli interessi di Elon Musk stesso, che negli ultimi giorni sembrano essere i giochi di emoji dell’estrema destra americana, meme antiucraini/filorussi oppure ironia complottista-novax. Le bolle sono così diventate più permeabili e ancora meno “salottino intimo” rispetto a prima. Molti utenti hanno provato a recuperare la social intimacy riorganizzandosi in altri luoghi virtuali: chi traslocando sui cloni di X come Bluesky e Mastondon, chi spostandosi sulle piattaforme di messaggistica istantanea, Telegram e gruppi Whatsapp, chi su Discord o nelle Stories.

Purtroppo, non abbiamo dati e non sappiamo ad oggi quanti utenti usino il feed “Per te” e quanti il feed dei “Seguiti”. Per quanto mi riguarda, ho iniziato a stare molto di più sul feed “Per te”, abbandonandomi a una certa mollezza algoritmica. Ed è così che mi sono ritrovata un feed con molti meno longform del New York Times da leggere, meno tweet dalla cerchia di gente simpatica e brillante, meno scoperte interessanti. Sono scomparse le community aggregate intorno agli hashtag (rimangono a galla sono gli account più divisivi e polemici), e per fare del sano royal watching (cioè vedere qual è il vestito del giorno della Principessa del Galles) sono stata costretta a salvarmi gli hashtag e a cliccarci sopra. In compenso, ho guadagnato un feed pieno di Fran Altomare che rilancia senza sosta video da TikTok che ho già visto o che non volevo mai più vedere. Infine, c’è un’ultima categoria di contenuti che mi è comparsa nei “Per Te” di X, inaspettata e in un certo senso perturbante: una categoria che definirei “freespeech” (“non si può più dire niente, dico comunque tutto”), in cui ad esempio si posiziona l’account Libs of TikTok. Sono contenuti prodotti perlopiù da account americani e fanno notare le incongruenze tra il pensiero woke e la realtà, le problematiche concrete del trans-femminismo. A volte questi account scivolano verso il peggior cospirazionismo, come “I,Hypocrite” o “Clown World” e a volte ammetto di restare lì a guardare questi contenuti.

Mi sono chiesta: mi sto facendo manipolare da Elon Musk? Certo, se me lo sto chiedendo evidentemente ha già fallito nel suo intento; se in più ci aggiungo che X non mi fa più neanche vedere che fa la Principessa Kate, allora è chiaro che i miei soldi non glieli darò mai, nonostante le promesse della spunta blu, “della maggiore reach per i tuoi contenuti”, “delle grandi possibilità di monetizzazione”. È chiaro che i cinesi vinceranno questa battaglia, grazie alla complicità di Rita De Crescenzo e di Angela Bella Fisica. Forse Meta potrebbe recuperare terreno per l’ennesima volta: Threads non lo sta usando nessuno, e i feed sono noiosi, ma c’è una fervida attività tra Stories e Dm, d’interscambio tra creator e utenti. È difficile prevedere la direzione di X che fu Twitter, questo social che così tanto ci ha dato, che sicuramente ancora tanto ci darà e che senza dubbio sarà ancora qui per la prossima campagna elettorale americana e per Sanremo 2024 (a meno che il Chief Twit non chieda davvero a tutti gli iscritti di cominciare a pagare un abbonamento, come ha detto di voler fare in futuro). Al netto dell’antipatia generale per Elon Musk, la speranza di tutti è che saremo ancora capaci d’intrattenerci dibattendo furiosamente su una pesca. Altrimenti toccherà migrare verso altri villaggi digitali o metterci a lavorare davvero.

Articoli Suggeriti
Leggi anche ↓
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop

Noto al grande pubblico come vincitore di un Oscar e di un Golden Globe per la sceneggiatura di Shakespeare in Love.

A Sanremo tiferemo per Sayf

Padre italiano, madre tunisina, una vita tra Rapallo e Genova, non riesce a scegliere chi preferisce tra Bob Marley e Fabrizio De André, ma soprattutto è una delle più interessanti novità del rap italiano: la nostra intervista dal numero di Rivista Studio.

La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait

Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

A giudicare dai nomi in gara, Carlo Conti vuole che Sanremo 2026 piaccia soprattutto ai giovani

Tanti nomi emergenti, molto rap e veterani al minimo: è questo il trend di Sanremo 2026, pensato per un pubblico social e under trenta.

di Studio
I libri del mese

Cosa abbiamo letto a novembre in redazione.

La vita vera, istruzioni per l’uso

L'uso dei dispositivi, i social, l'intelligenza artificiale ci stanno allontanando dalla vita vera. Come fare allora a ritrovare una dimensione più umana? Un viaggio tra luddisti, nuove comunità e ispirazioni, nel nuovo numero di Rivista Studio.