Cultura | Dal numero

Vita e opere di una creator napoletana

Si chiama Rita De Crescenzo e con quasi un milione di follower è la star assoluta del TikTok napoletano. Tra balletti, litigi e tentativi di entrare al Grande Fratello, la sua epopea ricorda quella del personaggio di un film di Garrone.

di Gianluca Nativo

Questo è uno degli articoli raccolti nel numero speciale di Rivista Studio, tutto dedicato all’app cinese di proprietà di ByteDance, una piattaforma che in due anni sembra essersi evoluta più velocemente di quanto abbia fatto Instagram negli ultimi dieci. Per scoprire il resto del numero, con saggi, interviste, reportage e approfondimenti su come TikTok sta cambiando il senso della bellezza e del desiderio, la musica, la moda, la cultura pop e in generale il nostro modo di stare su internet, puoi trovarci in edicola o comprare una copia qui.

Più o meno dieci anni fa vinceva il Grand Prix di Cannes un film di Garrone, Reality. La storia di un pescivendolo in un anonimo ma evocativo rione di Napoli che, dopo aver superato un primo provino per il Grande Fratello, assapora la celebrità, scorge un orizzonte di successo ed emancipazione e da allora non torna più indietro. Ossessionato dalla vita all’interno della Casa –dell’esito del suo provino non se ne saprà più nulla – nella scena finale si intrufola in veste di mariuolo negli studi del programma alla ricerca di un accesso possibile nel mondo dello spettacolo.

Dieci anni dopo si ripete la stessa scena, ma su altri schermi. La star di TikTok Napoli Rita De Crescenzo annuncia ai suoi follower – più di seicentomila, anzi si sfiora il milione se contiamo quelli sparsi in altri profili a suo nome (prerogativa di molti simili personaggi è spalmare in modo scoordinato flussi di seguaci su diversi account che aprono e chiudono o affidano a parenti) – di trovarsi a Roma, a caccia di Alfonso Signorini. È decisa a convincerlo, lei deve entrare nella Casa (in qualità di Vip, questo il prerequisito delle ultime stagioni dello show), e per farcela è disposta ad aspettare «Alfonso» all’uscita degli studi. Nell’infinito palinsesto di TikTok addirittura compare un video in cui la nostra è riuscita a infilarsi tra il pubblico della puntata – qualcuno, nei commenti indignati al video, crede davvero che ce l’abbia fatta a entrare nella Casa – e durante una pausa delle registrazioni si esibisce al microfono in uno dei suoi tormentoni di cui si parlerà più avanti. E non c’è dubbio, è di nuovo Garrone.

L’hashtag TikTok Napoli costituisce un unicum per il social cinese, che dai suoi esordi sotto il nome di Musical.ly si propone di intrattenere (ipnotizzare) i più giovani a suon di jingle e balletti. Strano a dirsi ma a Napoli si balla poco, mentre invece si racconta molto. Per i più voyeuristi, come chi scrive, è impossibile non insistere in maniera morbosa sulla possibilità di vedere cosa accade nei bassi più imprevedibili, in famiglie che in strada sei stato educato a evitare. Crescere a Napoli significa da sempre assistere a un racconto parallelo alle nostre vite, quasi sempre più vivace, drammatico, folkloristico, vero, a volte rimosso, che quasi mai ci coinvolge in prima persona anche se il proiettile vagante, lo scippo, il catcalling, la vaiassa in sella al motorino, sono sfilate davanti ai nostri occhi pochi minuti prima. Ignorare questo racconto è privilegio di pochi, abitanti di quartieri asserragliati su alte colline dove le voci sguaiate del trash arrivano remote. Per tutti gli altri napoletani, che vivono una mediocritas poco conosciuta, l’attrazione per il basso, per il trash, è congenita. O forse solo sadica.

Ad affollare la homepage di TikTok si susseguono una serie di microcelebrità, dislocate in diversi quartieri (vanno molto il Buvero, ovvero Borgo Sant’Antonio Abate, e Secondigliano), che intrattengono i loro follower con il racconto disinibito della loro quotidianità: pranzi abbondanti, tutorial per le melanzane sott’olio, qualche balletto dopo cena, ogni tanto una diretta in cui salutano i follower più fedeli, ma soprattutto invettive contro sconosciuti, temibili leoni da tastiera contro cui scagliarsi senza pietà, re e regine della sceneggiata. Ai più esperti verrà in mente la compianta Loredana Simioli che nel programma tv Telegaribaldi nei panni di Mariarca suonava al citofono della redazione perché doveva «sfogare malamente» contro la malcapitata di turno che aveva parlato male di lei.

E la regina di tutto questo è Rita De Crescenzo. Ormeggiatrice del lungomare, conosce il successo con un paio di video in cui maledice qualcuno dall’altra parte dello schermo, come Amelia di Paperino, cui del resto somiglia. Non ha un passato glorioso e non lo nega. Racconta senza filtri gli anni in carcere, le denuncia per associazione a delinquere, di quando ha perso la patria potestà, dei problemi di salute mentale (una volta per protestare contro il sequestro degli ormeggi abusivi si è ferita una gamba e ha tentato di lanciarsi dal tetto dell’Autorità Portuale). Ma ora che è su TikTok vuole lasciarsi tutto alle spalle, è una persona nuova, paga le tasse, ha appena aperto una partita Iva, lo testimonia in un video insieme al suo commercialista. Gli strafalcioni linguistici che imbrocca durante le sue dirette («la Nike airra», «la giordana») fanno rapidamente il giro del social, innescano catene di duetti (video reaction al contenuto con cui si duetta), così come la sua hit (un inno contro tutte le invidie, cui reagire muovendo «’o bacin, ‘o culett», twerkando, insomma). L’elenco di altre assurdità molto originali sarebbe lungo. Si ricorda il video virale di quest’estate quando a bordo di una sua imbarcazione Rita De Crescenzo annuncia ai suoi follower che sta andando «sotto lo scafo di Jennifer Lopez». A cui seguì un altro video in cui, a prua, cercando a stento l’equilibrio, chiede a uno skipper di un mega yacht (si scopre più tardi che non è quello di J.Lo, i commentatori più esigenti spiegano che quello della star latina batte la bandiera di Saint Vincent e Grenadine, stato delle Piccole Antille) in un italiano stentato: «C’è Jennifer? C’è Jennifer? Ah no sta dormendo Jennifer?», come fosse ancora una volta a un qualunque citofono dei quartieri.

Ultima ossessione della De Crescenzo è Raffaella Fico. La modella napoletana nella casa del Grande Fratello sostiene di non conoscere la star di TikTok anche se, di fronte al ritornello della sua hit sguaiata, ammette che forse sì, ha presente di chi si tratta, conosce la canzone ma finge di non conoscere la cantante. Sprezzante, snob. Ma Rita non ci sta, e durante una delle sue ennesime dirette promette ai suoi follower che una volta fuori della Casa è disposta a incontrarla. Deve ammetterlo, se ha TikTok non può non conoscerla.

Altri fenomeni si aggirano per la città. Nuovi influencer dettano moda e costume. Nel buco nero che è TikTok dove un video può diventare virale in un giorno e scomparire quello dopo, c’è chi prova a creare un business dal nulla. La moda dei venditori ambulanti di pannocchie non è mai stata così sentita a Napoli. Ed ecco che profili diversi si contendono la palma per la migliore “spogna” di Napoli, il miglior carrettino abusivo dove frotte di ragazzini accorrono dalle periferie più lontane pur di incontrare il loro idolo. Nonna Adele, con più di trentamila follower, ha reso virale una friggitrice a vapore – sogno proibito di ogni casalinga napoletana, friggere in casa senza dover ripassare tende e centrini in lavastoviglie, senza cuffia per i capelli – elettrodomestico già in uso da almeno dieci anni, ma che al momento viene venduto a ritmi impressionanti almeno nei vecchi negozi di elettrodomestici di provincia.

Altro trend impossibile da esportare è quello delle scarcerazioni. Si immortalano i momenti in cui uomini e donne dopo anni di carcere tornano di nuovo a casa. Mentre l’attendente di turno vigila da una credenza immacolata, il carcerato taglia via il braccialetto degli arresti domiciliari. Colonna sonora immancabile, “Rispetto e libertà” di Nello Amato. Cosa dire invece del gender reveal? Sulle facciate scrostate delle vele, giochi di luce e musica epica per declamare il sesso del bambino tra l’emozione palpabile e isterica della folla. «Nunzia!» e via di palloncini rosa e disapprovazione dei papà che invece tifavano per Ciro. Di recente successo i tutorial di innocenti fattucchiere che spiegano come allontanare il malocchio sciogliendo la giusta quantità di sale in un bicchiere d’acqua, come tenere lontani i mal di testa inalando l’aceto. Fioccano i commenti degli utenti che chiedono consigli su come recuperare un vecchio amore.

Giovani coppie mettono su una sorta di sitcom social, a metà tra un reality e Casa Vianello. Riprendono i propri figli senza scrupoli, si mostrano in tutti i momenti domestici (rigorosamente in pigiama), e dei commenti indignati di utenti che continuano a dare lezioni di vita perché “non si urla sui bambini”, “quella donna è depressa”, “questi non fanno nulla dalla mattina alla sera e prendono il reddito di cittadinanza”, “fanno la bella vita con i nostri soldi”, loro se ne fregano anzi, quando si vedono caricare il reddito sulle loro PostePay mettono su un balletto per festeggiare. Molti di loro arrivano anche a più di ventimila like a post, raggiungono mille spettatori durante le loro sconclusionate dirette. E per numeri del genere il social ripaga. Non sono cifre astronomiche, eppure per chi campa con il reddito di cittadinanza, o altri sussidi, cinquecento, a volte anche mille euro sono tanti. Non gli cambiano la vita ma gli permettono di continuare a non lavorare, e quindi a postare video, a tirarsi dietro altri commenti pieni di livore, e altri cinquecento euro. Chi ha avuto ha avuto ha avuto.

«Ammirare troppo il folclore, il colore napoletano (e meridionale in genere), estasiarsene, farsene un idolo, oggi è poco gradito anche ai meridionali più intelligenti», scriveva Piovene negli anni Sessanta. E passare una notte ipnotizzato a guardare un video dietro l’altro non è edificante. Condividere con gli amici napoletani i contenuti più esilaranti (nella dimensione clandestina del guilty pleasure) diverte fino a un certo punto. Quando capita l’ennesima esibizione della De Crescenzo in uno dei quartieri in cui è più richiesta, di fronte alla folla impazzita che nello stretto di un vicolo, in nostalgici mega assembramenti, canta a squarciagola «pororopopopororpopo», viene da chiedersi: «Appartengo davvero a tutto ciò?».