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Laura Palmer e i poke su Facebook

Torna Twin Peaks e subito ci si chiede come sarà la serie 25 anni dopo, in un mondo pieno di social e aggeggi elettronici, in cui scomparire è sempre più difficile. Nuovi problemi, nuovi possibili spunti.

di Pietro Minto

Twin Peaks tornerà, come sappiamo tutti, ed è lecito domandarsi cosa ne sarà dei suoi personaggi, del paesello, il distributore di benzina, le fette di torta e il caffè venticinque anni dopo il ritrovamento del corpo di Laura Palmer. Ma è un esercizio inutile, per quanto affascinante, visto che la risposta risiede nelle menti di David Lynch e Mark Frost, un posticino prezioso che non siamo in grado di comprendere o simulare. Al di là della trama, però, la questione è come la nuova produzione affronterà l’abisso tecnologico, sociale e culturale che divide le prime due stagioni dal sequel che verrà: la premiere della serie fu trasmessa da Abc l’otto aprile 1990, in un momento storico in cui milioni di persone dovevano ancora abituarsi all’idea della Germania unita, il primo Mac era ancora un prodotto utilizzabile (per quanto sostituibile con un Macintosh Portable nuovo di zecca!) e il fax un gadget richiestissimo il suo suono risuonava negli uffici e nelle case come la colonna sonora del progresso. In questo scenario storico l’agente Cooper entrò in quel di Twin Peaks, non a caso sussurrando a un registratore vocale da chilogrammo che oggi sembrerebbe risibile, l’ultimissima spiaggia dell’hipster.

Ogni prodotto di culto rimane strettamente legato al contesto storico e sociale in cui si è sviluppato: è per questo che nessuno ha mai fatto un film di Superman ambientato a Genova, è per questo che Fonzie non ci ricorderà mai la perestroika, è per questo che il trasloco della serie di Lynch dagli anni Novanta al selvaggio 2014 iperconnesso preoccupa i puristi e incuriosisce i più. Qualcosa di simile è successa a Seinfeld, insuperabile sit com di Jerry Seinfeld e Larry David di cui il pubblico statunitense (e non solo) attende da anni il ritorno, illudendosi con sempre più sofisticati rumor che vorrebbero i due creatori al lavoro per l’ormai mitica Decima Stagione (a dire il vero tutto ciò è già successo ma la voglia non si placa). A fine 2012 è apparso online l’account Twitter Modern Seinfeld, creato dall’allora giornalista di BuzzFeed Jack Moore e il comico Josh Gondelman, che proponeva mini-soggetti da 140 caratteri in cui i quattro protagonisti della serie erano alle prese con beghe seinfeldiane aggiornate al XXI secolo: c’erano smartphone, social network, notifiche e geolocalizzazioni, le serie tv. Complice l’intramontabile potere della nostalgia, @SeinfeldToday ha avuto un grande successo anche se ha scatenato parecchie critiche, tra cui quella del co-creatore dell’originale Larry David, che ha fatto notare come nessuno di quei tweet sia all’altezza della serie.

Visto che l’unico prodotto televisivo anni Novanta ad aver un seguito più sentito di Seinfeld è proprio Twin Peaks, l’annuncio del ritorno dello show di Lynch e Frost ha ispirato un movimento simile, #TwinPeaksModern (qui lo Storify completo dell’hashtag), una palestra di fanta-televisione in cui gli utenti Twitter hanno immaginato il Foursquare di Laura Palmer o l’impatto di Yelp nelle attività del paesino di montagna:

È un passatempo con cui trastullarsi in attesa della seconda venuta di Cooper ma non solo: ricontestualizzare il passato nel nostro presente iperconnesso è anche un’occasione per osservare il nostro mondo da un punto di vista diverso, lontano. Al pubblico contemporaneo Twin Peaks racconta una civiltà lontana e misteriosa (ovviamente non solo per via dei nani e dei giganti): un mondo analogico e lento in cui i personaggi usano il telefono non per scelta ma per mancanza d’alternative, dove nelle discussioni da bar nessun personaggio china il capo per controllare Facebook o le mail, e in cui i compagni di classe di Palmer vivono un’adolescenza pre-3310 che non riesco nemmeno a immaginare. La stessa scena iniziale della serie, quella in cui la notizia del ritrovamento del corpo di Palmer sarebbe oggi diversa, scorrerebbe su strade personali e digitali parallele.

In questi venticinque anni tutto è cambiato: i maglioni di Laura e dele sue amiche vengono indossati in chiave ironica dai giovani che la sanno lunga, mentre il “Double-R Diner” è forse una tavola calda non dotata di Wi-Fi e quindi abbandonata dagli aspiranti DFW con il loro MacBook Air. E il male, quel male atavico e virale che è Bob o come volete chiamarlo, con la sua scia di omicidi e violenze attira l’informazione televisiva 24H, arroventa il tema caldo di Repubblica.it; non è più un “caso locale” ma un serial killer misterioso a cui Mistero dedica forse una puntata, mandano a Twin Peaks il suo presentatore, i suoi cameramen e i camioncini con l’antenna parabolica sul tettuccio. L’agente Cooper viene paparazzato, c’è una pagina feticista su Facebook in suo onore, “il misterioso detective”.

Lo scarto tecnologico non riguarda solo gli oggetti di scena ma le interazioni sociali, il racconto stesso: tornando a Seinfeld, una delle puntate più note è “The Chinese Restaurant”, una sorta di Aspettando Godot che oggi sarebbe improponibile visto che il disguido alla sua base sarebbe risolvibile con una chiamata o un messaggio su Whatsapp. La puntata sarebbe durata cinque secondi: “Siamo qui, ti aspettiamo. Condivido pure la mia condivisione, non si sa mai”. La tecnologia, dall’invenzione della ruota a quella del Roomba, mira a migliorarci la vita, estirbando dal nostro quotidiano perdite di tempo e altre grane. Fortunatamente, dall’invenzione della ruota a quella del Roomba, sostiuisce risolve semplici problemi lasciandosi alla spalle drammi sempre più sofisticati. Un bel problema per l’umanità ma una salva di spunti sempre nuovi per chi racconta storie. Non vediamo l’ora.

 

Immagine: un esempio di “wearable” da Twin Peaks