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Charli xcx sarà produttrice e protagonista del nuovo film di Takashi Miike Chiusa ufficialmente la brat summer, la cantante ha deciso di dedicarsi al cinema.
A Parigi hanno dimostrato che la migliore arma contro l’inquinamento è la pedonalizzazione 100 strade chiuse al traffico in 10 anni, inquinamento calato del 50 per cento.
Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste) E infatti Reuters quell'articolo è stata costretta a cancellarlo.
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
Una nuova casa editrice indipendente pubblicherà soltanto libri scritti da maschi Tratterà temi come paternità, mascolinità, sesso, relazioni e «il modo in cui si affronta il XXI secolo da uomini».
Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.

“Ce lo siamo levati dalle palle”

Perché la vittoria di Biden e di Kamala Harris è stata una liberazione anche per chi non si interessa di politica.

di Studio
08 Novembre 2020

La vittoria a metà, il populismo che non è definitivamente sconfitto, Trump che occhio a darlo per finito l’hanno votato settanta milioni di persone, Biden che col Senato bloccato chissà cosa potrà combinare, non sarà abbastanza radicale perché è compromesso con l’establishment, il difficile arriva ora, ha settantasette anni, la politica estera boh vedremo, e via dicendo. Tutto vero. Però forse chi si occupa di politica in senso stretto, per smania di precisare, approfondire, saperla lunga, o anche solo per autoreferenzialità sta rischiando di perdersi non la portata epocale dell’elezione di Joe Biden e Kamala Harris, quella l’hanno giustamente sottolineata tutti (alcuni un po’ tardivamente a dire il vero), quanto la gioiosa potenza simbolica e comunicativa e psicologica che questo evento rischia fortunatamente di scatenare nel mondo, negli individui e, infine, nella società. C’è un mondo là fuori, e questa volta era lì alla finestra ad ascoltare. Interessato. Dalle parti di Rivista Studio abbiamo la fortuna di frequentare ancora svariate persone che di politica si occupano poco o niente, o quanto meno non con la maniacalità e la passione che meritoriamente pervade la categoria di chi lavora nei media, non per vezzo antipolitico (anzi, molti hanno una coscienza civile e sociale spiccata) ma proprio per mancanza di attrazione o disamore progressivo per la materia in senso stretto. Eppure sabato erano felicissimi. E nei giorni precedenti si informavano, chiedevano, volevano sapere. «Tu che sei giornalista, come finisce?», «E che ne so, io mi occupo di lifestyle ormai», «Speriamo in bene, non lo sopporto più». Hanno postato le storie su Instagram contro Trump, si sono scambiati i meme su Giuliani e la sua goffa tirata nell’ormai celebre parcheggio, volevano festeggiare. Sono contenti per loro, per i loro amici che stanno a New York, per le figlie piccole delle loro amiche che stanno a Los Angeles, per i loro diritti di persone non eterosessuali e così via. Ma lo sono anche in senso assoluto, la vivono come la liberazione da un incattivimento che sentivano, inconsciamente, ormai inevitabile. E se ne sono accorti solo quando hanno capito che poteva succedere una cosa bellissima: “levarselo dalle palle”. Sì, proprio così. Senza ulteriori considerazioni. Perché Donald Trump, il suo modo di fare deleterio, quello che rappresenta, la maleducazione, la prevaricazione, il razzismo, il maschilismo, le bugie, la prepotenza, le parole che usa, la famiglia inguardabile, la legittimazione che ha dato a persone e gruppi che la storia aveva giustamente e meravigliosamente relegato alla marginalità attraverso anni di conquiste e di progresso, avevano finito per intossicare non solo la politica ma la sfera personale di molti, e non solo americani.

E poi c’è Kamala Harris. Cosa dobbiamo aggiungere sul valore, per ora tutto simbolico, della sua elezione? Ha già detto tutto lei. E l’hanno ascoltata milione di donne, e per fortuna anche di uomini che magari iniziano (iniziamo), a capirci qualcosa di disparità. È ingenuo tutto questo? Visto con l’occhio cinico e scafato dell’analista politico probabilmente sì. Ma la politica, quando si rompono gli argini della convivenza civile, invade la vita anche di chi di politica non si interessa e tracima nel loro umore e nel loro comportamento privato e individuale più di quanto si pensi. E sono molti, moltissimi. Ed è di loro che bisognerebbe occuparsi di più. E sabato erano felici come e più di noi. E questo per noi è bellissimo, al di là di tutto. Ed è anche molto importante per i tempi non facili che ci è capitato di affrontare. “Ce lo siamo levati dalle palle”, scrivevano su Whatsapp. Per noi, l’editoriale migliore che abbiamo letto. Ricordiamocelo la prossima volta che ci mettiamo ad analizzare dottamente e col sopracciglio alzato un personaggio del genere. Magari non accade più.

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