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21:39 venerdì 7 novembre 2025
Un imprenditore ha speso un milione di dollari per promuovere una collana AI a New York e tutte le sue pubblicità sono state vandalizzate Avi Schiffman voleva far conoscere il suo prodotto ai newyorchesi. Che gli hanno fatto sapere di non essere interessati all'amicizia con l'AI.
Stranger Things sta per finire ma ricomincerà subito, visto che Netflix ha già pronto lo spin-off animato S’intitola Tales From ’85 ed espande la storia ufficiale tra la seconda e la terza stagione, riprendendone i personaggi in versione animata.
Gli azionisti di Tesla hanno entusiasticamente approvato un pagamento da un bilione di dollari a Elon Musk  Se Musk raggiungerà gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, diventerà il primo trillionaire della storia incassando questo compenso da mille miliardi.
Nel primo trailer de La Grazia di Paolo Sorrentino si capisce perché Toni Servillo con questa interpretazione ha vinto la Coppa Volpi a Venezia Arriverà nella sale cinematografiche italiane il 15 gennaio 2026, dopo aver raccolto il plauso della critica alla Mostra del cinema di Venezia.
Nel nuovo album di Rosalia c’è una canzone in italiano dedicata a San Francesco e Santa Chiara Si intitola "Mio Cristo Piange Diamanti", che lei definisce «la sua versione di un'aria», cantata in un perfetto italiano.
Si è scoperto che uno degli arrestati per il furto al Louvre è un microinfluencer specializzato in acrobazie sulla moto e consigli per mettere su muscoli Abdoulaye N, nome d'arte Doudou Cross Bitume, aveva un bel po' di follower, diversi precedenti penali e in curriculum anche un lavoro nella sicurezza del Centre Pompidou.
La Presidente del Messico Claudia Sheinbaum è stata molestata da un uomo in piazza, in pieno giorno e durante un evento pubblico Mentre parlava con delle cittadine a Città del Messico, Sheinbaum è stata aggredita da un uomo che ha provato a baciarla e le ha palpato il seno.
Una foto di Hideo Kojima e Zerocalcare al Lucca Comics ha scatenato una polemica internazionale tra Italia, Turchia e Giappone L'immagine, pubblicata e poi cancellata dai social di Kojima, ha fatto arrabbiare prima gli utenti turchi, poi quelli italiani, per motivi abbastanza assurdi.

Showrooming

Ovvero: un trend molto comune tra i consumatori, fare la spesa in un negozio "fisico" dando sempre un'occhiata a uno store online.

04 Giugno 2013

No, questa volta non parlerò di crisi dei consumi. Vorrei invece provare ad analizzare uno degli aspetti più interessanti del cambiamento che stiamo vivendo che, se non trattato a dovere, rischia di essere ancora più critico e problematico per chi si occupa di commercio.

Sto parlando della sovrapposizione tra online e offline che contraddistingue sempre più spesso il nostro palinsesto degli acquisti. Ormai la nostra vita da “consumatori” è caratterizzata da comportamenti multicanale, ovvero dall’utilizzo integrato del web e dei negozi fisici durante il processo d’acquisto; tutte cose che sappiamo, di cui abbiamo già in parte parlato qui e che peraltro viviamo quotidianamente senza farci troppo caso.

Le aziende però ci fanno caso, eccome.

Si stima che gli italiani a fine 2013 spenderanno nel settore 11,2 miliardi di euro contro i 9,6 miliardi del 2012

I 16 milioni di coloro che praticano la multicanalità (astenersi battutisti compulsivi) stanno trasformando rapidamente anche il mondo dell’offerta; perché se è vero che le vendite tradizionali sono in calo in quasi tutti i settori, quelle via internet nell’ultimo anno sono cresciute del 19% e si stima che gli italiani a fine 2013 spenderanno 11,2 miliardi contro i 9,6 miliardi del 2012 (dati di Netcomm- School of Management del Politecnico di Milano). Rispetto al totale complessivo delle vendite i numeri sono ancora piccoli (siamo intorno al 3%), ma la crescita è comunque rapidissima e in Europa la percentuale oggi è già al 10%.

Ok, con i numeri e le percentuali la finiamo qui.

Il fatto è che molti negozi fisici stanno chiudendo e per molti osservatori la crescita delle vendite online rappresenta una delle tante concause. Vediamo come stanno le cose in pratica.

Se ci vogliamo comprare un paio di pantaloni o di scarpe, prima ci facciamo prima un’idea di massima sul web, poi andiamo in un negozio, proviamo vari modelli e taglie e poi, se non abbiamo particolare fretta e se il prezzo sul web è notevolmente più basso di quello nel negozio (e di solito, tenendo conto dell’assenza dell’incidenza dei costi del negozio e del magazzino, è inferiore del 20-30%) si torna a casa a comprarlo sul web o dallo smartphone direttamente nel negozio (giuro che l’ho visto fare l’altro giorno da una ragazza orientale che vive a Milano, senza alcuna remora).

Il fenomeno è così diffuso da essere già stato codificato. Si chiama showrooming, ovvero l’utilizzo dei negozi come semplice showroom per guardare i modelli, provarli e poi comprarli su internet dove, grazie anche ai vari siti di comparazione prezzi (Kelkoo etc..), è molto semplice trovare l’offerta o la promozione particolarmente vantaggiosa. Per inciso, ci sono anche quelli che acquistano vari modelli e taglie online, se le provano comodamente a casa e poi gli articoli esclusi li rimandano al mittente, sfruttando il diritto di recesso entro 15 giorni.

Ma torniamo al punto.

I negozianti sono sempre più indispettiti da queste nuove pratiche e con essi anche le aziende che hanno dei propri flagship store, ma la cosa non è così semplice. Esperienza personale: mi sono più volte ritrovato in meeting con direttori marketing e commerciali di importanti brand a cui venivano proposte soluzioni economicamente molto vantaggiose di e-commerce, ai quali però erano costretti a rinunciare perché “altrimenti chi li sente quelli della forza vendite”, preferendo così mantenere la lunga filiera commerciale di ingrosso e dettaglio anche se decisamente antieconomica, piuttosto che intraprendere operazioni innovative e convenienti per i propri clienti. È un discorso generale tipicamente italiano che vale anche nel mondo del marketing: il “nuovo” non riesce ad entrare perché la strada è sbarrata dal “vecchio” che ormai ha messo le radici e occupato posti di potere difficili da sradicare.

Il problema dei negozi comunque rimane e il dibattito che ogni anno si ripropone sull’apertura la domenica è l’ennesima conferma di questa criticità.

L’economista Ira Sohn con una lettera al Financial Times ha fornito una singolare risposta allo showrooming che nel Regno Unito secondo una recente indagine di Comscore è pari al 60% degli avventori dei negozi di abbigliamento. La proposta di Sohn riguarda la disaggregazione del prezzo, ovvero mostrare sul cartellino di ogni prodotto esposto nel negozio a fianco del costo del prodotto anche il costo del servizio. Ad esempio, se il prezzo totale di un vestito è 100, provare a dividerlo in questo modo: 75 il costo puro del prodotto, mentre 25 il costo del servizio, cioè l’assistenza del personale e il privilegio di poterlo provare in camerino, un po’ come succede nei rifornimenti di carburante tra il servito e il fai-da-te. In questo modo la “prova fisica del prodotto” si paga e così il prezzo del negozio si avvicinerebbe molto a quello su internet.

Ora si parla di mixed reality, ovvero la convergenza di strategia di marketing offline e online è uno dei trend prevalenti

Le altre soluzioni più lungimiranti sono quelle in cui si cerca di evitare il muro contro muro tra offline e online (che non paga mai, guardate cosa è successo al mercato discografico) e abbracciare invece il paradigma dell’integrazione. Durante il recente “Capri Trendwatching Festival 2013 – Segnali di Futuro” sociologi, economisti e ricercatori hanno provato a riassumere le principali evidenze e segnali che stanno caratterizzando il mondo del retail e dove la “Mixed Reality” ovvero la convergenza di strategia di marketing offline e online è uno dei trend prevalenti. Mantenere quindi le caratteristiche tipiche dei punti vendita fisici (provare i prodotti, rivolgersi agli addetti alla vendita per un consiglio, ecc.), arricchendole con le nuove possibilità offerte dalla tecnologia. La catena dei negozi Target per esempio dà la possibilità di ritirare i prodotti acquistati online (risparmiando le spese di consegna) e attraverso una speciale app è possibile leggere direttamente dal cartellino del prezzo le recensioni di altri consumatori e accedere a contenuti multimediali relativi al prodotto e usufruire di servizi accessori in più (sartoria, garanzie etc..), mentre negli Apple Retail Store il cliente è invitato ad acquistare online anche nel negozio. Da Walmart – dopo aver tentato vanamente di convincere i clienti a non portare lo smartphone nel punto vendita – ora si applica la tecnica del PriceMachting, cioè se il cliente trova un prezzo online più basso, porta lo smartphone alla cassa e gli viene applicato lo stesso prezzo e nei negozi americani di Brooks Brothers è possibile cambiare o restituire i prodotti acquistati online.

Infine nel negozio londinese di Burberry a Regent Street, dopo aver scelto il prodotto, ci si accomoda su un divano, lasciando al commesso il compito di effettuare il pagamento senza dover fare file alle casse: anche questo è un esempio di interazione tra l’esperienza d’acquisto online e offline, visto che uno dei “valori” promossi dall’e-commerce è la possibilità di comprare stando comodamente seduti sul divano di casa.

In questo campo il futuro è tutto da scrivere.

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