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17:36 lunedì 20 ottobre 2025
La prima serie tv tratta dal Signore delle mosche l’ha realizzata Jack Thorne, il creatore di Adolescence Con la consulenza degli eredi di William Golding, per garantire la massima fedeltà della serie, prodotta da Bbc, ai temi e alle atmosfere del romanzo.
È morta Sofia Corradi, la donna che ha inventato l’Erasmus per colpa della burocrazia italiana Aveva 91 anni e l'idea dell'Erasmus le venne quando in Italia non le furono riconosciuti degli esami universitari fatti negli Usa.
Persino la ministra della Cultura francese ha ammesso che i ladri che hanno rubato i gioielli dal Louvre sono stati «molto professionali» Una sconsolata Rachida Dati ha dovuto ammettere che i ladri hanno agito con calma, senza violenza e dimostrandosi molto esperti.
Gli addetti stampa della Casa Bianca hanno risposto «tua madre» a una normalissima domanda di un giornalista durante una conferenza stampa Una domanda sul vertice tra Trump, Putin e Zelensky a Budapest, che Karoline Leavitt e Stephen Cheung hanno preso molto male, a quanto pare.
Hollywood non riesce a capire se Una battaglia dopo l’altra è un flop o un successo Il film di Anderson sta incassando molto più del previsto, ma per il produttore Warner Bros. resterà una perdita di 100 milioni di dollari. 
La Corte di giustizia europea ha stabilito che gli animali sono bagagli e quindi può capitare che le compagnie aeree li perdano Il risarcimento per il loro smarrimento è quindi lo stesso di quello per una valigia, dice una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea.
È uscito il memoir postumo di Virginia Giuffre, la principale accusatrice di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl e racconta tutti gli abusi e le violenze subiti da Giuffré per mano di Epstein e dei suoi "clienti".
È morto Paul Daniel “Ace” Frehley, il fondatore e primo chitarrista dei KISS Spaceman, l'altro nome con cui era conosciuto, aveva 74 anni e fino all'ultimo ha continuato a suonare dal vivo.

Showrooming

Ovvero: un trend molto comune tra i consumatori, fare la spesa in un negozio "fisico" dando sempre un'occhiata a uno store online.

04 Giugno 2013

No, questa volta non parlerò di crisi dei consumi. Vorrei invece provare ad analizzare uno degli aspetti più interessanti del cambiamento che stiamo vivendo che, se non trattato a dovere, rischia di essere ancora più critico e problematico per chi si occupa di commercio.

Sto parlando della sovrapposizione tra online e offline che contraddistingue sempre più spesso il nostro palinsesto degli acquisti. Ormai la nostra vita da “consumatori” è caratterizzata da comportamenti multicanale, ovvero dall’utilizzo integrato del web e dei negozi fisici durante il processo d’acquisto; tutte cose che sappiamo, di cui abbiamo già in parte parlato qui e che peraltro viviamo quotidianamente senza farci troppo caso.

Le aziende però ci fanno caso, eccome.

Si stima che gli italiani a fine 2013 spenderanno nel settore 11,2 miliardi di euro contro i 9,6 miliardi del 2012

I 16 milioni di coloro che praticano la multicanalità (astenersi battutisti compulsivi) stanno trasformando rapidamente anche il mondo dell’offerta; perché se è vero che le vendite tradizionali sono in calo in quasi tutti i settori, quelle via internet nell’ultimo anno sono cresciute del 19% e si stima che gli italiani a fine 2013 spenderanno 11,2 miliardi contro i 9,6 miliardi del 2012 (dati di Netcomm- School of Management del Politecnico di Milano). Rispetto al totale complessivo delle vendite i numeri sono ancora piccoli (siamo intorno al 3%), ma la crescita è comunque rapidissima e in Europa la percentuale oggi è già al 10%.

Ok, con i numeri e le percentuali la finiamo qui.

Il fatto è che molti negozi fisici stanno chiudendo e per molti osservatori la crescita delle vendite online rappresenta una delle tante concause. Vediamo come stanno le cose in pratica.

Se ci vogliamo comprare un paio di pantaloni o di scarpe, prima ci facciamo prima un’idea di massima sul web, poi andiamo in un negozio, proviamo vari modelli e taglie e poi, se non abbiamo particolare fretta e se il prezzo sul web è notevolmente più basso di quello nel negozio (e di solito, tenendo conto dell’assenza dell’incidenza dei costi del negozio e del magazzino, è inferiore del 20-30%) si torna a casa a comprarlo sul web o dallo smartphone direttamente nel negozio (giuro che l’ho visto fare l’altro giorno da una ragazza orientale che vive a Milano, senza alcuna remora).

Il fenomeno è così diffuso da essere già stato codificato. Si chiama showrooming, ovvero l’utilizzo dei negozi come semplice showroom per guardare i modelli, provarli e poi comprarli su internet dove, grazie anche ai vari siti di comparazione prezzi (Kelkoo etc..), è molto semplice trovare l’offerta o la promozione particolarmente vantaggiosa. Per inciso, ci sono anche quelli che acquistano vari modelli e taglie online, se le provano comodamente a casa e poi gli articoli esclusi li rimandano al mittente, sfruttando il diritto di recesso entro 15 giorni.

Ma torniamo al punto.

I negozianti sono sempre più indispettiti da queste nuove pratiche e con essi anche le aziende che hanno dei propri flagship store, ma la cosa non è così semplice. Esperienza personale: mi sono più volte ritrovato in meeting con direttori marketing e commerciali di importanti brand a cui venivano proposte soluzioni economicamente molto vantaggiose di e-commerce, ai quali però erano costretti a rinunciare perché “altrimenti chi li sente quelli della forza vendite”, preferendo così mantenere la lunga filiera commerciale di ingrosso e dettaglio anche se decisamente antieconomica, piuttosto che intraprendere operazioni innovative e convenienti per i propri clienti. È un discorso generale tipicamente italiano che vale anche nel mondo del marketing: il “nuovo” non riesce ad entrare perché la strada è sbarrata dal “vecchio” che ormai ha messo le radici e occupato posti di potere difficili da sradicare.

Il problema dei negozi comunque rimane e il dibattito che ogni anno si ripropone sull’apertura la domenica è l’ennesima conferma di questa criticità.

L’economista Ira Sohn con una lettera al Financial Times ha fornito una singolare risposta allo showrooming che nel Regno Unito secondo una recente indagine di Comscore è pari al 60% degli avventori dei negozi di abbigliamento. La proposta di Sohn riguarda la disaggregazione del prezzo, ovvero mostrare sul cartellino di ogni prodotto esposto nel negozio a fianco del costo del prodotto anche il costo del servizio. Ad esempio, se il prezzo totale di un vestito è 100, provare a dividerlo in questo modo: 75 il costo puro del prodotto, mentre 25 il costo del servizio, cioè l’assistenza del personale e il privilegio di poterlo provare in camerino, un po’ come succede nei rifornimenti di carburante tra il servito e il fai-da-te. In questo modo la “prova fisica del prodotto” si paga e così il prezzo del negozio si avvicinerebbe molto a quello su internet.

Ora si parla di mixed reality, ovvero la convergenza di strategia di marketing offline e online è uno dei trend prevalenti

Le altre soluzioni più lungimiranti sono quelle in cui si cerca di evitare il muro contro muro tra offline e online (che non paga mai, guardate cosa è successo al mercato discografico) e abbracciare invece il paradigma dell’integrazione. Durante il recente “Capri Trendwatching Festival 2013 – Segnali di Futuro” sociologi, economisti e ricercatori hanno provato a riassumere le principali evidenze e segnali che stanno caratterizzando il mondo del retail e dove la “Mixed Reality” ovvero la convergenza di strategia di marketing offline e online è uno dei trend prevalenti. Mantenere quindi le caratteristiche tipiche dei punti vendita fisici (provare i prodotti, rivolgersi agli addetti alla vendita per un consiglio, ecc.), arricchendole con le nuove possibilità offerte dalla tecnologia. La catena dei negozi Target per esempio dà la possibilità di ritirare i prodotti acquistati online (risparmiando le spese di consegna) e attraverso una speciale app è possibile leggere direttamente dal cartellino del prezzo le recensioni di altri consumatori e accedere a contenuti multimediali relativi al prodotto e usufruire di servizi accessori in più (sartoria, garanzie etc..), mentre negli Apple Retail Store il cliente è invitato ad acquistare online anche nel negozio. Da Walmart – dopo aver tentato vanamente di convincere i clienti a non portare lo smartphone nel punto vendita – ora si applica la tecnica del PriceMachting, cioè se il cliente trova un prezzo online più basso, porta lo smartphone alla cassa e gli viene applicato lo stesso prezzo e nei negozi americani di Brooks Brothers è possibile cambiare o restituire i prodotti acquistati online.

Infine nel negozio londinese di Burberry a Regent Street, dopo aver scelto il prodotto, ci si accomoda su un divano, lasciando al commesso il compito di effettuare il pagamento senza dover fare file alle casse: anche questo è un esempio di interazione tra l’esperienza d’acquisto online e offline, visto che uno dei “valori” promossi dall’e-commerce è la possibilità di comprare stando comodamente seduti sul divano di casa.

In questo campo il futuro è tutto da scrivere.

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