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Sanremo hangover

A parte la vittoria (scontata) di Mahmood e Blanco, cosa resta di questo Festival, tra messaggi antiproibizionisti, monologhi contro i cattivoni dell'Internet e l'inaspettato protagonismo del figlio di Amadeus.

di Lorenzo Camerini

Si spengono le luci, sbaracca lo show business e i pensionati si riprendono la Riviera. Ma prima Amadeus, direttore artistico sbarazzino, ci regala il gran finale: l’ultima sera della settantaduesima edizione del Festival di Sanremo inizia rassicurando la pancia del Paese, dopo averla destabilizzata con Drusilla Foer, e apre con l’inno di Mameli eseguito solennemente dalla banda della Guardia di Finanza. Quasi ci si stupisce di non veder apparire Bonucci e Chiellini per una versione stonata da karaoke di “Notti Magiche”.

È stato, l’abbiamo capito, un festival dichiaratamente antiproibizionista, camp, contro l’omofobia, il razzismo, il sessismo, il maschilismo tossico, il cyberbullismo. Non si spiega come queste battaglie incontrino il favore del 3% degli elettori alle urne e contemporaneamente oltre il 50% di share televisivo. Mistero. Forse Pippo Civati dovrebbe farsi scrivere una canzone da Jovanotti e partecipare a Sanremo 2023. Certo, c’è sempre chi si lamenta. Qualcuno ha interpretato maliziosamente certe frasi di Iva Zanicchi, Checco Zalone è stato accusato su Instagram di crimini d’odio contro le minoranze – Battiato cantava «Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia che crea falsi miti di progresso» – ma non si può accontentare tutti, e poi non siamo mica su Rai 3. Molto di moda i monologhi, Lorena Cesarini e Marco Mengoni hanno letto i commenti dei cattivoni sui social media, e ci si è quasi stupiti di non veder apparire, a un certo punto, Luca Morisi per un discorsetto sofferto sulla notte che gli ha cambiato la vita.

«È stata una bellissima esperienza», ce lo ripetono di continuo. In teoria ci sarebbe anche una gara, però il colpevole era già noto fin dal primo capitolo, come in certi noir, e il Festival è stata un’investigazione in abito da sera per arrivare a scoprire come quei due abbiano commesso il delitto perfetto: vincono Mahmood e Blanco a furor di popolo, con la loro interpretazione uscita direttamente dalla corte del sultano di Pergamo. “Brividi” è un inno ellenistico che piace a tutti, Mahmood conquista la Milano di Porta Venezia e le nonne siciliane, Blanco si è anche giocato saggiamente la carta ex calciatore, portando così dalla sua parte il pubblico maschio etero cis: l’altro ieri sono uscite con tempismo perfetto le sue vecchie foto nelle giovanili della Feralpi Salò, difensore centrale, fascia da capitano al braccio. Continua così la bromance che fa impazzire l’Italia, trattata da pubblico e critica come materiale da British Museum. La luna di miele dovrebbe proseguire almeno fino all’Eurovision, sempre che a Mahmood non venga un esaurimento nervoso prima.

La festa è finita, è il momento di sparecchiare e assegnare qualche riconoscimento. Che cosa resterà di questo Sanremo? Il premio di miglior attore non protagonista va a José, figlio di Amadeus: sempre in prima fila, invidiatissimo dai compagni di classe, testimonial Armani, giovedì l’abbiamo visto scatenarsi con “50 Special“, ieri ha indossato occhiali da sole colorati durante “Dove si balla” di Dargen D’Amico, Tananai gli ha dato il pugnetto, Sabrina Ferilli gli ha chiesto una foto. Mattatore. Cesare Cremonini vince il premio Leonardo Di Caprio, Gianni Morandi si fa voler bene da tutti: egemonia bolognese, un classico della musica leggera italiana. Sarebbe bello anche leggere il diario di bordo del comandante della nave da crociera alla fonda davanti a Sanremo per una settimana, prigioniero dei capricci di Orietta Berti e Fabio Rovazzi. Chissà se qualche editore lungimirante ce lo regalerà.

Gli abbiamo voluto bene, a questo Festival di Sanremo, e ci siamo distratti un po’. È il nostro vecchio e affezionato spettacolo di varietà dal vivo, sempre più raro in un mondo di format, talent, cuochi, sceneggiati televisivi. Abbiamo fatto gruppo e ci siamo sentiti tutti un po’ italiani, sventolando il bandierone. Il futuro è incerto ma Amadeus ci ha tranquillizzati e rasserenati per qualche giorno, è anche diventato grande davanti ai nostri occhi, ci ha fatto vedere che se la cava benissimo senza Fiorello. Adesso però, dopo questa improbabile Bildungsroman, Ama non ci sopporta più e si prenderà una bella vacanza, qualche cantante passerà da 50mila a 200mila visualizzazioni su YouTube, qualcuno vivrà una stagione di gloria, c’è chi tornerà l’anno prossimo e chi verrà dimenticato, così è la vita. E noi? Torniamo al solito tran tran, i più patriottici possono consolarsi con le Olimpiadi invernali di Pechino, iniziate da un paio di giorni, la maggior parte ritornerà mestamente a parlare di vaccinazioni e Pnrr e a guardare Netflix. Ripenseremo con affetto a questi giorni di febbraio quando la prossima estate, sorseggiando un drink al baracchino sulla spiaggia, la radio passerà in sottofondo la canzone di Ana Mena.