Attualità | La strana estate italiana

Quando a Ravello c’era Gore Vidal

I festini inenarrabili, la piscina blu cobalto, le diatribe con Truman Capote: un viaggio tra i ricordi nella villa di uno dei più eleganti scrittori americani, oggi trasformata in un boutique hotel.

di Giuliano Malatesta

Nell’anno delle vacanze autarchiche e distanziate, che nessuno ha ancora capito se saranno veramente vacanze, sulle orme di illustri predecessori letterari (Pasolini in primis), abbiamo deciso di raccontare questa strana estate italiana con un viaggio a tappe lungo le spiagge e i luoghi più famosi della costa della Penisola, in un periplo che partirà dalla Liguria e arriverà al Friuli Venezia Giulia. Qui le puntate precedenti.

Correva l’anno 1994. Ma per Luigi, uno dei proprietari del bar San Domingo di Ravello, dove Jacqueline Kennedy si fece immortalare a un tavolino in compagnia dell’Avvocato, è come se fosse successo ieri. «Era estate, una serata di fine luglio. Gore Vidal era nella sua villa, La Rondinaia, in compagnia di Susan Sarandon e Tim Robbins. All’improvviso si presentarono Sting e Bruce Springsteen, provenienti da Positano, dove erano ospiti di Zeffirelli. In terrazza, con lo scenario della costiera davanti, tirarono fuori le chitarre e iniziarono a suonare ognuno le canzoni dell’altro. Poi, tutti assieme, anche Gore, si lasciarono andare a un ‘O sole mio da brividi, in versione napoletano/americana. Fu una serata indimenticabile». Non siamo ai livelli, irraggiungibili, dell’eravamo “io, Bob, Ali, Sergio e Gabo”, ma anche alla Rondinaia ci si dava da fare. Le foto rubate di quella serata sono ancora attaccate alle pareti del locale.

E però che desolazione vedere questo belvedere arroccato sopra la scogliera di Amalfi semi paralizzato dalle conseguenze del virus. In una serata di metà settimana di fine luglio la piazza è deserta, ci sono solo pochi anziani boccheggianti, qualche turista di passaggio e bambini che corrono sulle scalinate davanti alla Chiesa. «La situazione è tragica. Le altre località della costiera sopravvivono grazie agli italiani, ma noi, come anche Positano, abbiamo sempre puntato su un turismo più elitario, legato agli arrivi dal Nord America, e ora ne stiamo pagando le conseguenze», racconta Luigi. Più che al turismo tradizionale l’economia di Ravello è strettamente legata al business dei matrimoni, tenuti in scenari da favola nelle ville più eleganti della zona, come Villa Eva o Villa Cimbrone, quella con la famosa terrazza dell’infinito, forse il luogo più fotografato di tutta la costiera. Da marzo ad ottobre qui si organizzavano fino a cinquecento matrimoni, tre al giorno nei periodi di punta. «Vuole sapere quest’anno a quanti siamo arrivati? Uno, un italiano, non mi ricordo nemmeno chi sia. Nessuno vuole sposarsi con una mascherina in volto».

Dalla piazza principale del paese la Rondinaia dista circa trecento metri. Gore Vidal, l’eccentrico e aristocratico amico della famiglia Kennedy che fustigava l’aristocrazia, autore di una pregevole controstoria americana in sette volumi, Narratives of Empire, considerata il suo miglior lavoro, ci giunse per la prima volta nel 1948, ai tempi del suo soggiorno romano, in compagnia del suo amico Tennessee William (fu lui a coniare il geniale soprannome the glorious bird). In seguito ci tornò più volte e nel ’72 si decise ad acquistarla, trasformando la villa realizzata negli anni venti da Lord Grimthorpe per i capricci della figlia in un regale rifugio novecentesco ma anche – vuole la vulgata – in una dimora neanche troppo segreta di festini inenarrabili, dove faceva spesso capolino anche la principessa Margaret, secondo lo scrittore americano «una persona troppo intelligente per il posto che la vita le aveva riservato».

Quando Hilary Clinton, in compagnia della figlia Chelsea, nel ’94 abbandonò il marito Bill a Napoli durante i lavori del G8, rinunciando alla cena da first lady pur di raggiungere Ravello, suscitando il clamore dei media americani che subito rispolverarono il ricordo della vacanza in costiera di Jackie nell’estate del ’62, Gore Vidal si fece trovare immerso nella sua piscina blu cobalto, fatta appositamente realizzare dal suo compagno e segretario Howard in modo che in alcuni momenti della giornata riflettesse lo stesso colore del mare.

Affacciata sul viale dei cipressi, menzionato nel libro The Golden Age, sei camere distribuite in quattro piani, tutte a strapiombo sul mare, la Rondinaia è stata comprata qualche anno fa dai fratelli Di Natale (business nell’energia) per 14 milioni di euro e oggi trasformata in quello che le brochure chiamerebbero un “boutique hotel”. Senza che ne sia stata alterata la struttura originaria. «Si può affittare a 20 mila euro al giorno, minimum stay 3 giorni», spiega Marco Ascione, che si occupa della comunicazione e del marketing della struttura e mi concede il lusso di una visita. «I proprietari l’hanno presa per il suo prestigio, perché qui ci sono le ville più belle di tutta la costiera», ci tiene a precisare, paventando mecenatismi nostrani ancora da verificare. Sfortunatamente nella sala da pranzo non ci sono più le sedie e il tavolo utilizzato in Ben-Hur, di cui tanto si mormorava. Nel salone, invece, sopra il camino, è rimasto un dipinto donatogli da Rudolf Nureyev, che negli ultimi anni della sua vita cercò di far riposare le sue stanche ossa a Li Galli, l’isolotto davanti Positano. «La villa aveva 8mila volumi, sono stati tutti spediti a Los Angeles». Lo studio è stato riallestito, con i suoi libri, la Olivetti Lettera 35, le foto, in una fa capolino Frank Sinatra, e ci sono persino le vecchie bottiglie di whisky adagiate sopra il tavolo. Tutto perfetto, forse troppo. Come in altri luoghi di scrittori famosi – mi viene in mente Rowan Oak, la casa di Faulkner a Oxford, in Mississippi, dove nella teca di vetro in camera da letto c’è ancora conservata una bottiglia di four roses, un bourbon a buon mercato – anche qui si percepisce il tentativo di puntare all’immutabilità del tempo, a museizzare un pezzo di storia letteraria. E dunque, in qualche modo, a rendere ingessate vite che non lo erano affatto.

Uno dei pochi che invece non era esattamente ben accetto alla Rondinaia era il suo rivale/nemico Truman Capote. Le loro diatribe, letterarie, o in stile cafe society, andarono avanti per anni. «E’ un mistero», disse una volta commentando un lavoro dell’autore di A Sangue Freddo, «che non abbia mai fatto uso della sua fantasia davvero straordinaria nei suoi tentativi di scrivere narrativa». Lo considerava fondamentalmente una sorta di impostore, di bugiardo, e non perdeva occasione per ricordarlo in pubblico o agli amici comuni. Capote rispondeva con altrettanta acredine, diffondendo malignità sulle sue origini familiari, la sua presunta statura letteraria e altro ancora, come ha ricordato lo stesso Vidal in Palinsesto, il suo libro di memorie: «Una volta Truman mi disse: “si dice che sei solo una scopata da poco”». «Finalmente, Truman, ci hai azzeccato».