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Gli uomini di Pitti e quelli di Martine Rose

La designer anglo-giamaicana è la guest star di un’edizione, la 103esima, che prova a ritornare alla normalità post pandemia.

di Silvia Schirinzi

Il finale della sfilata di Martine Rose a Pitti Uomo, Firenze, 12 gennaio 2023

Con i recenti Golden Globe, siamo entrati stancamente nella stagione dei premi hollywoodiani, accompagnati com’è tradizione dai tappeti rossi delle celebrity. Come notano persino gli occasionali commentatori di Twitter, qualcosa sta succedendo sui quei tappeti rossi, e cioè il tentativo di riformare l’abito formale maschile senza però particolare successo o inventiva, anzi. Passato il momento dell’attivismo performativo, siamo tornati al classico completo ravvivato però da colori e tagli che vorrebbero introdurre freschezza in forme e dettagli, ma che il più delle volte finiscono per sembrare, semplicemente, goffi. Derek Guy, uno dei più acuti esperti di menswear, notava all’inizio di gennaio come gli abiti che si possono acquistare su Shein, più che abiti veri e propri, fossero quasi dei costumi di Halloween che la gente acquista per andare a una festa, per una sola sera, non qualcosa che si conserva nel guardaroba. Ovvio, si replicherà, parliamo di Shein. Ma la confusione su quello che succede nella moda maschile post streetwear e l’orizzonte nebbioso delle possibili nuove interpretazione del vestire formale, in realtà, non sembra aver raggiunto all’inizio del 2023 una qualche conclusione di sorta, come dimostra anche la 103esima edizione di Pitti Uomo, che dal 10 al 13 gennaio è tornata finalmente a ripopolare Firenze.

Attraversando la Fortezza da Basso, sebbene certuni impomatati siano ancora lì a farsi fotografare (o perlopiù a fotografarsi da soli) nella foggia più stereotipata che l’abito in questione può assumere, si noterà una folla silenziosa e meno vistosamente addobbata, che segnala però un significativo afflusso rispetto alle scorse edizioni, con 12.600 compratori in termini assoluti (8400 italiani, +175 per cento; 4200 stranieri, +250 per cento), in aumento del 200 per cento rispetto al gennaio 2022 secondo le stime ufficiali. La proposta come sempre era varia, e forse necessiterebbe di un editing più stringente attorno ai temi – come la sostenibilità e l’outdoor con la sezione I Go Out, già ben curata e ricca di spunti – che il Salone da sempre affronta. Particolarmente azzeccata la scelta di ospitare l’installazione dell’artista e designer inglese Luke Edward Hall, fondatore del marchio Chateau Orlando, che ha portato un po’ di eclettismo divertente all’interno della Fortezza. Martine Rose, Guest Designer di questa edizione, per il suo primo show fuori da Londra ha voluto invece omaggiare l’italo disco che imperversava nell’Inghilterra di fine anni Ottanta-inizio anni Novanta.

Sfilando nel centro della città, in quella piazza del Mercato nuovo di solito invasa dalle bancarelle che vendono cianfrusaglie da turisti, la designer anglo-giamaicana ha portato il suo gruppo di ribelli spensierati, mescolando ai volti arrivati da Londra quelli degli «eroi locali», come li definisce la nota stampa, tra cui alcuni calcianti [ovvero gli atleti che si dedicano alla disciplina storica del calcio fiorentino, ndr] e fiorentini stessi, reclutati per strada. Insieme, rappresentano lo spettro ampio di «una mascolinità plurale», dove i codici maschili e femminili si mescolano e si fondono in silhouette volutamente curiose, tra scollature rigide e piumini che si stringono in vita, mettendola in evidenza, mentre sulle giacche le frange da cowboy svolazzano con ironia. Dopo lo show, la stilista ha detto di aver voluto portare un certo «sense of drama» nella sua sfilata e di aver trovato nella sexyness giocosa e disubbidente il punto d’incontro tra le sottoculture hardcore a cui sempre fa riferimento nelle sue collezioni e l’Italia languida e controcorrente di quegli anni, la stessa che Luchino Magliano racconta benissimo dall’inizio della sua carriera. Tra i modelli che sfilavano fin troppo speditamente, si poteva scorgere anche l’ultimo capitolo della fortunata collaborazione tra Martine Rose e Nike, con le nuove Shox MR4, mentre le UGG per l’occasione diventano pantofole per clubber annoiati. Nel backstage, i costumi colorati del calcio fiorentino appesi a guardare le postazioni di make-up facevano intanto da promemoria: in fondo, la mascolinità è sempre stata un affare di irruenza e sbruffoneria, chissà se la moda di quest’epoca saprà raccontarla.