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A causa della nuova biografia sono tutti incazzati con Philip Roth

Lo scrittore è morto solamente tre anni fa, eppure il suo mondo costellato da grandi anticipi, grandi controversie, grandi divorzi e grandi storie sembra già lontanissimo. Una nuova biografia, l’unica autorizzata, lunga 900 pagine fa luce sulla vita di Philip Roth, sottolineando specialmente le parti più controverse, come il modo in cui trattava le donne. È in uscita ad aprile negli Stati Uniti. L’autore prima di morire avrebbe così istruito il suo biografo Blake Bailey: «Non voglio che tu mi redima, voglio solo che tu mi renda interessante». In America su Twitter non si parla d’altro, tutti stanno leggendo le recensioni della nuova biografia, o iniziano a preordinarlo.

Roth voleva che si intitolasse The Terrible Ambiguity of the I, la terribile ambiguità dell’io, invece si chiama solo Philip Roth: The Biography. La storia ripercorre la sua vita, dall’infanzia a Newark, New Jersey, in una famiglia ebraica con la passione del baseball, a New York, dove inizia a pubblicare racconti brevi e dissacranti per il New Yorker. Segue il successo istantaneo del Lamento di Portnoy e le conseguenze che ebbe su di lui. Come la volta in cui fu truffato dalla compagna che aveva sposato perché gli aveva fatto credere di aspettare un figlio.

L’uomo viene descritto in perenne lotta tra impulso sessuale e impulso alla scrittura. In mezzo ci sono matrimoni, tradimenti, divorzi, pubblicazioni e rifiuti. Roth aveva intenzione di far pubblicare una sua biografia dal ’96, quando l’ex-moglie Claire Bloom pubblicò un memoir in cui lo ritraeva come un pazzo crudele. Buttò giù 300 pagine che però gli amici gli consigliarono  di non pubblicare. Da qui la ricerca di un biografo, anche questa travagliata (su uno dei candidati scrisse un racconto breve, mai pubblicato, intitolato Storia di un pettegolo). Mentre nel 2013 era uscita (da Einaudi nel 2015 in italiano) la biografia, più interessata alle questioni letterarie, di Claudia Roth Pierpont.

Le prime recensioni del libro sono spietate soprattutto con Roth: il Times intitola il pezzo «lo scrittore come un infuriato maniaco di sesso»; The Atlantic si focalizza su quanto sia repellente e imbarazzante il contenuto del libro; il titolo del Guardian fa riferimento a come trattava le donne; The New Republic definisce la biografia come una fantasia di vendetta, spiegando che l’intenzione di farsi immortalare come un grande scrittore mitologico gli si è ritorta contro in un presente in cui non aveva previsto i cambiamenti portati dal #MeToo. Forse, se fosse vivo oggi, Roth si vedrebbe ricevere lo stesso trattamento subito da Woody Allen.