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20:11 martedì 9 dicembre 2025
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
Per impedire a Netflix di acquisire Warner Bros., Paramount ha chiesto aiuto ad Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi e pure al genero di Trump Lo studio avrebbe chiesto aiuto a tutti, dal governo USA ai Paesi del Golfo, per lanciare la sua controfferta da 108 miliardi di dollari.
Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.
Dopo il furto dei gioielli, ora il Louvre è nei guai a causa delle infiltrazioni di acqua e degli scioperi dei dipendenti Le infiltrazioni hanno danneggiato 400 documenti della biblioteca del Dipartimento delle antichità egizie, confermando i problemi che hanno portato i lavoratori allo sciopero.
Le cose più interessanti dei Golden Globe 2026 sono The Rock, i film d’animazione e i podcast Più delle candidature per film e serie tv, queste categorie raccontano come sta cambiando l’industria dell'intrattenimento oggi.
Quentin Tarantino ha detto che Paul Dano è un attore scarso e i colleghi di Paul Dano hanno detto che Quentin Tarantino farebbe meglio a starsene zitto Tarantino lo ha accusato di aver “rovinato” Il petroliere, definendolo «un tipo debole e poco interessante».
Già quattro Paesi hanno annunciato il boicottaggio dell’Eurovision 2026 dopo la conferma della partecipazione di Israele Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia hanno annunciato la loro intenzione di boicottare questa edizione se davvero a Israele verrà permesso di partecipare.
Pantone è stata accusata di sostenere il suprematismo bianco perché ha scelto per la prima volta il bianco come colore dell’anno L'azienda ha spiegato che dietro la scelta non c'è nessuna intenzione politica né sociale, ma ormai è troppo tardi, la polemica è esplosa.

A Milano, le sfilate sono tornate a essere performance

Le cose più interessanti viste sulle passerelle maschili.

15 Gennaio 2020

«Non voglio dare l’impressione di essere uno di quelli che vuole decostruire e distruggere il mondo degli uomini, al contrario voglio allargarlo. Il mio è un invito a guardarsi indietro, a recuperare qualcosa che si è perso crescendo». Così Alessandro Michele ha raccontato ai giornalisti la collezione con cui è tornato a sfilare a Milano, con «show per soli uomini», a cinque anni dal suo debutto, avvenuto nel gennaio del 2015 proprio durante la stagione della moda maschile. Lo show di Gucci chiude un’edizione di Milano Moda Uomo che è sembrata particolarmente piena di cose interessanti e lo fa con una collezione che serve a Michele per guardarsi indietro, a questi cinque anni in cui è diventato una delle voci più significative della moda, e agli anni dell’infanzia, filtrati con uno sguardo che non è quello che gli abbiamo attribuito finora. Non lo sguardo dell’uomo colto, e adulto, che vuole liberarsi di pesi, costrizioni e norme sociali, ma appunto quello del fanciullino, che quelle regole se le scrolla di dosso con la naïveté radicale indissolubilmente legata alla sua età anagrafica. Le cose che perdiamo crescendo, cristallizzate nelle giacchette, nei colletti leziosi, nei trench con le finte macchie di erba come se i modelli si fossero rotolati in un giardino immaginario e nelle scarpette con “gli occhi”, che a molti bambini sono state imposte controvoglia e che ora diventano un accessorio dalla facile popolarità, ricostruiscono l’idea che Michele si è fatto di un uomo «capace di ricontattare il proprio nucleo di fragilità, il tremore e la tenerezza», come si legge nel comunicato stampa che è distribuito all’ingresso ed è impaginato in un foglio protocollo, quasi fosse un compito di italiano delle elementari. Al centro del teatro scientifico ricostruito nella maestosa sala del Palazzo delle Scintille c’è però un enorme pendolo che si muove in maniera nevrotica, un accenno all’amato Foucault ma anche un elemento di disturbo, gigantesco promemoria del tempo che passa. «La moda è l’orologio del tempo più evidente e il tempo è un elemento costante nel mio lavoro. La messa in scena ricorda che il tempo non si ferma. Non era molto chiaro cosa facesse questo pendolo, a volte avevi l’impressione che andasse addosso ai ragazzi che camminavano, perché il tempo è invadente. Io ho un ottimo rapporto con il tempo, anche se a volte ci litigo» ha spiegato Michele, prima di concludere, «Io non sono nostalgico, so che fa ridere, ma in realtà è così: non mi aggrappo mai al passato, lo utilizzo solo quando credo ci siano delle cose interessanti».

Modelli durante lo show di Prada. Foto di Tullio M. Puglia/Getty Images

Se Michele riprende in mano il discorso sulla differenza sessuale, continuazione logica del suo lavoro sul travestitismo e la fluidità del genere, attraverso una dimensione – quella infantile – che è transitoria e irrecuperabile per definizione, Miuccia Prada invece ritorna a parlare di lavoro con una collezione precisissima, che si è svolta anch’essa in uno spazio dai contorni metafisici, che rimandavano a Giorgio De Chirico. La statua equestre costruita da Rem Koolhaas perché fosse bidimensionale, come quelle sorprese che si trovano nelle patatine, è posta al centro di una fittizia piazza italiana e funziona da parodia di una certa grandezza maschile – «non eroica», ha spiegato la designer – oggi perduta perché non allineata alla corrente storica, alla sensibilità, alle condizioni economiche. Così gli uomini-bambini di Miuccia, giovanissimi come la moda sempre li vuole, sfoderano uscita dopo uscita un campionario di formalità pradesca – le giacche in nylon, gli smanicati, le impunture a contrasto, gli stivali rinforzati – che vuole rimettere l’individuo, il suo saper fare, la sua collocazione sociale, al centro dell’attenzione, un po’ come aveva fatto a settembre, con feroce ironia, Demna Gvasalia da Balenciaga con i suoi modelli architetti, designer, insegnanti. Nella moda di oggi, il ritorno al workwear è sempre accompagnato da una buona dose di assurdità, perché il lavoro è disgregato, precario, assente, qui simboleggiata dalla statua senza ombra di solennità e dalla piazza attraversata convulsamente dai modelli che sfilano in più direzioni. Le sfilate sembrano appartenere a un’altra epoca, è vero, ma quando sono così performative riescono ancora a reclamare uno spazio di interpretazione che può raccontarci qualcosa del presente o, se non altro, offrire un punto di vista. Ritornare al lavoro e alle sue categorie può essere un pensiero confortevole, ma anche assurdo come una statua-cartonato, questo Miuccia Prada lo sa.

Modelli durante lo show-performance di Marni. Foto di Pietro S. D’Aprano/Getty Images for Marni

E a proposito di performance, la più bella della settimana è stata certamente quella orchestrata da Francesco Risso per Marni, che continua il suo percorso di crescita e riscrittura di un marchio che in molti, all’inizio, pensavano non fosse il suo territorio ideale. Invece il designer 37enne, assieme al collega di vita e di lavoro Lawrence Steele, sta costruendo stagione dopo stagione il suo universo di significati e il rave impazzito coreografato insieme all’artista Michele Rizzo si classifica come una delle sue prove più riuscite. Anche questa volta era il tempo il protagonista principale, che scandiva lo slow motion teatrale, l’incontro a rallentatore dei modelli performer su una passerella cancellata e l’accelerazione improvvisa così come la musica, e le droghe come quelle cui ammiccava l’invito, salgono. I capelli appiccicati sulla fronte, i pantaloni sproporzionati e le silhouette allargate per contenere e far muovere il corpo, i tessuti riciclati e rilavorati: l’elegante signora artsy che una volta comprava Marni non deve spaventarsi di fronte all’apparente difficoltà di questo nuovo corso. Ma a Milano sono stati giorni fruttosi, dicevamo, e la quantità di belle collezioni viste permette di tirare un bilancio positivo: vanno segnalati gli show di Ferragamo, Fendi e Zegna, a conferma di come questi marchi abbiano tutte le carte per affrontare il loro futuro, Giorgio Armani, ma anche Magliano, che meriterebbe molta più attenzione da parte della stampa, United Standard che questa volta ha scelto la formula giusta della performance statica, e Fabio Quaranta, bravo designer che avremmo voluto non si fermasse, ma che per fortuna è tornato. Funzionava anche la selezione dei designer scelti in collaborazione con il British Fashion Council e presentati allo Spazio 56 di via Savona: marchi giovanissimi, italiani, internazionali. Come vorremmo fosse Milano nel futuro.

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