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Il problema delle mascherine

Sono l’accessorio più difficile da reperire. Una rassegna di articoli per capire i problemi di produzione e distribuzione.

di Studio

Foto di MLADEN ANTONOV/AFP via Getty Images

All’inizio della pandemia indossarle era quasi uno sfregio nei confronti del personale medico-sanitario, che ne era sprovvisto. Poi le mascherine sono diventate obbligatorie, dopo l’inversione di rotta dell’Organizzazione mondiale della sanità che prima consigliava appunto di lasciarle a chi era in prima linea a fronteggiare l’emergenza, e poi ha deliberato che era auspicabile fossero indossate dall’intera società civile. Sin da subito, c’è stata una ricorsa all’ultima mascherina: prima delle aziende tessili, che in Italia come altrove, si sono mosse per riconvertire la produzione e supplire medici, infermieri e operatori sanitari negli ospedali, quindi degli accordi per assicurarsene le forniture in grosse quantità. In entrambi i casi, ci sono stati molti intoppi, burocratici e logistici: è successo in Italia, ma anche in Germania e in America. Abbiamo selezionato alcuni articoli che analizzano difficoltà e lentezze nell’approvvigionamento di mascherine, soprattutto in prospettiva di un’emergenza bel lontana dall’essere risolta.

Le mascherine a 50 centesimi «non erano certificate»: ecco perché non si trovano in farmaciaCorriere della Sera
Il Corriere ha chiarito i motivi della mancata fornitura di nove milioni di modelli chirurgici di mascherine, promesse al prezzo statale di 50 centesimi più Iva e, dal 4 maggio (il giorno dell’avvio della fase 2 con mascherine obbligatorie per tutti), mai arrivate nelle farmacie. Da qui, era nata la polemica tra il commissario Arcuri e le due società che avrebbero dovuto distribuirle: 12 milioni di mascherine c’erano, ma 9 milioni di queste erano prive del marchio Ce e quindi, in attesa di certificazioni che non sono arrivate, invendibili. A fronte di quello che è stato definito da una delle due società «un difetto di comunicazione», ora si riparte dall’accordo firmato il 7 maggio da Arcuri con le società, che prevede subito la distribuzione di tre milioni di mascherine, seguiti da altri due milioni a distanza di qualche giorno.

How the face mask became the world’s most coveted commodityThe Guardian
Questo lungo articolo rivela come la corsa alle mascherine degli ultimi mesi sia riuscita a mettere in luce le complesse dinamiche della politica internazionale e i limiti del libero mercato. Per delineare la sua ambiziosa analisi, il giornalista del Guardian Samanth Subramanian si orienta seguendo lo sviluppo di una storia personale, quella di Ovidiu Olea, un semplice “finance guy” che grazie al suo tempismo – un carico di 500.000 mascherine acquistato da un’azienda del Sud Africa quando a Hong Kong, dove lui vive e lavora, avevano appena iniziato a scarseggiare – è passato, in soli 4 mesi, dal ruolo di responsabile di una piccola azienda con 20 dipendenti a quello di magnate delle mascherine.

The Underground Efforts to Get Masks to DoctorsThe New Yorker
Esasperati dalle risposte confuse del governo e con i processi di produzione e distribuzione andati in tilt, i comuni cittadini si sono organizzati per aiutare gli operatori sanitari e per trovare il modo di rifornirli di mascherine. La giornalista Anna Russel ha raccolto le testimonianze delle persone che hanno attivato l’iniziativa. Una dottoressa dell’ospedale di San Diego (che a causa della scarsità di mascherine ha contratto il virus) e una sociologa che, sull’esempio di quando viveva a Wuhan, ha organizzato uno xiao qu nel suo quartiere, un gruppo gestito da volontari che garantisce cibo, medicine e altri beni di necessità ai cittadini più isolati. Insieme a molti altri, hanno dato forma a #NYCPPE, un gruppo auto-organizzato e interdisciplinare che lavora per mettere le maschere direttamente nelle mani degli operatori sanitari in prima linea.

Coronavirus: The German face mask conundrumDeutsche Welle
Nonostante la Germania sia tra i principali produttori di macchine per la creazione delle mascherine, sta ancora lottando per riuscire a supplire il suo fabbisogno. Questo perché, secondo gli esperti, benché sia necessario un aumento della produzione di tessuti soffiati a fusione (per mascherine specifiche per il personale medico), si tratterebbe di una lavorazione estremamente complessa, e richiederebbe nuovi macchinari da milioni di euro, a differenza delle mascherine ordinarie, più facili da creare ma comunque molto meno utili. I margini di profitto su entrambi i prodotti sono in ogni caso scarsi, motivo per cui la produzione si è spostata principalmente in Cina.

The scramble for masks amid the coronavirus outbreak is a crash course in Econ 101 – Quartz
Come affrontare la carenza di mascherine in modo che chi ne ha bisogno possa ottenerle? È la domanda a cui molti economisti hanno provato a rispondere, come riporta Quartz. Tra le proposte, lasciare che le forze del mercato facciano semplicemente il proprio lavoro (consentendo quindi ai venditori di applicare prezzi più elevati in risposta all’aumento della domanda, in modo tale che a un certo punto si raggiunga l’equilibrio per cui alla domanda corrisponda nuova offerta). Molti economisti ritengono infatti che vietando il compirsi del mercato, l’accesso alle mascherine per molti sarebbe quasi impossibile, poiché la maggior parte di noi avrebbe d’istinto il desiderio di accumularle.

Why Americans Are So Resistant to MasksSlate
Donald Trump e Mike Pence si sono apertamente rifiutati di indossarne una sin dall’inizio dell’emergenza, dicendo che presentandosi in mascherina di fronte agli americani non avrebbe fatto altro che aumentare la preoccupazione e l’isteria del momento. In realtà, secondo gli esperti, è consigliabile che chi ricopre ruoli istituzionali sia il primo a seguire le regole che impone al pubblico, ma la resistenza degli americani (e non solo la loro) verso la mascherina ha radici ben più profonde. Scrive Richard Thompson Ford su Slate che le ragioni sono diverse: intanto perché si è abituati a pensare a chi si copre il viso come a qualcuno di poco raccomandabile, quindi perché sull’argomento, soprattutto all’inizio, c’è stata molta confusione, al punto che chi le indossava era tacciato di egoismo. Ora, però, quelle motivazioni sono cadute e il vero gesto di indifferenza verso il prossimo è non indossarne una.