Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.
Quali sono i nuovi oggetti simbolo delle proteste in tutto il mondo
I gilet gialli sono diventati un simbolo, ma sono anche un pratico strumento di protesta. Un utile espediente con cui i manifestanti francesi hanno cercato di uniformarsi e rendersi meno riconoscibili dalla polizia. Il gilet di sicurezza da autista è solo uno degli oggetti di uso quotidiano portati alla ribalta dalle proteste di piazza in tutto il mondo. Dall’Africa, alla Russia, fino all’America Latina e all’Asia, gli oggetti utilizzati sono i più semplici e inaspettati, scrive Bloomberg: i secchi di plastica per proteggersi dal gas lacrimogeno, i laser per distrarre agenti e telecamere (Hong Kong), oppure i contapersone del gruppo russo White Counter, uno strumento anti-propaganda in grado di fornire ai media i numeri reali della protesta.
Il digitale non è scomparso ovviamente. Tra le app più in voga c’è Telegram, tra le più scaricate a Hong Kong lo scorso luglio grazie ad alcune feature molto utili, come la possibilità di organizzare chat coinvolgendo 200.000 utenti. Ma quei social media che hanno avuto un ruolo decisivo nella primavera araba del 2011, scrive la testata, sono stati ridimensionati da tecnologie di sorveglianza altrettanto efficaci. Ecco allora il ritorno non solo di oggetti più semplici, ma anche di pratiche di battaglia civile che sembravano ormai superate: l’uso di corrieri, lo scambio di messaggi scritti a mano e la scelta di incontrarsi di persona per organizzare le proteste. Per Hardy Merriman, Presidente del Centro internazionale dei conflitti non violenti di Washington, si può parlare di una vera e propria “contro-innovazione”.

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.

Reportage dalla "capitale del sud" dell'Ucraina, città in cui la guerra ha imposto un dibattito difficile e conflittuale sul passato del Paese, tra il desiderio di liberarsi dai segni dell'imperialismo russo e la paura di abbandonare così una parte della propria storia.