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L’mp3 è morto

Niente ha cambiato i nostri stili di vita degli ultimi due decenni come un singolo formato: l’mp3, forma contratta di “Moving Picture Expert Group-1/2 Audio Layer 3”, ha segnato un’epoca passata da Napster agli iPod, e dai Walkman ai primi smartphone. Quell’epoca, tuttavia, scrive Gizmodo, è finita: il Fraunhofer Institute, che detiene i diritti di molte licenze di diffusione dell’mp3, ha deciso di non rinnovarle. L’annuncio è stato accompagnato da un comunicato, che recita, tra le altre cose: «La maggior parte dei servizi all’avanguardia, come le trasmissione televisive e radiofoniche e lo streaming, usa moderni codec Iso-Mpeg come quelli della famiglia aac o, nel futuro prossimo, gli mpeg-h. Questi ultimi rispetto all’mp3 offrono più caratteristiche e una qualità audio maggiore a bitrate inferiori».

La decisione del Fraunhofer Institute è simbolica, e segna un passaggio di consegne già portato a termine nei fatti: l’aac – sviluppato dallo stesso istituto – è considerato il nuovo standard odierno. La storia dell’mp3 è gloriosa, ma Gizmodo nota che è difficile sostenere che sarà protagonista dei revival nostalgici che vengono tributati ai vinili: d’altronde la sua qualità di riproduzione è ridicola, se comparata agli ultimi standard, ed esistono ricerche che hanno provato addirittura che le sue modalità di compressione esaltano la «percezione delle caratteristiche emotive negative» degli strumenti musicali.