Attualità

Dieci cose che ho letto, dopo Charlie Hebdo

Da “l’Islam è la religione della pace” a “sono tutti terroristi.” Qualche ragionamento sulle cose che si sentono dire dopo gli attentati di Parigi. Dove si capisce, peraltro, che la rappresentazione di Maometto non è proibita.

di Matteo Colombo

Pubblichiamo qui sotto alcune considerazioni di Matteo Colombo, research trainee dell’ISPI di Milano, all’indomani degli attentati di Parigi.  Si tratta di considerazioni personali, da parte di una persona che da anni studia i Paesi islamici. Non riflettono necessariamente le posizioni di Studio ma ci pareva interessante pubblicarle.

Dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo ho passato molte ore a leggere ciò che i miei amici scrivevano sui social network. Per ragioni di studio e lavoro ho vissuto per lungo tempo in paesi a maggioranza islamica (Turchia, Egitto, Siria) e ho perciò la fortuna di conoscere musulmani, cristiani e atei (del Dio cristiano e di quello musulmano) che hanno commentato il crimine commesso dal gruppo jihadista di Parigi. Pur non avendo specifica conoscenza sui temi religiosi, mi hanno colpito le loro reazioni ad un attacco dall’altissimo valore simbolico ed ho perciò deciso di commentare 10 argomentazioni molto comuni sul tema:

1. “Questo non è Islam” — La reazione più comune tra i musulmani che conosco è che gli attentatori non fanno parte della loro religione. Credo che sia un atteggiamento dovuto alla sostanziale differenza tra l’Islam in cui credono e quello dei terroristi. È forse anche per questo che alcuni sono disposti a credere alle teorie complottiste sull’attentato. La violenza è talmente lontana dalla loro interpretazione religiosa che non riescono a riconoscere questo tipo di Islam.

Non accettare che questo sia terrorismo “islamico” significa però rifiutarsi di ammettere che i jihadisti utilizzano un apparato simbolico, interpretativo e ideologico che proviene da una parte della tradizione recente di questa religione. Il punto è che esistono tanti Islam quanti sono i musulmani ed è perciò molto difficile stabilire quale sia l’autorità che può dire una parola definitiva sulla corretta interpretazione dei versetti coranici e delle altri fonti religiose. Non è un caso che gli stessi jihadisti accusino di non appartenere alla comunità islamica (Umma) coloro che rifiutano la loro interpretazione radicale del messaggio coranico e abbiano dichiarato guerra sia agli altri musulmani che all’occidente.

2.“Questo è l’Islam” — Un mio professore di Islamistica paragonava l’interpretazione del Corano a un piatto di pasta: la base è la stessa per tutti, ma ognuno ci mette la salsa che vuole e sostiene che quello sia l’unico modo giusto per cucinarla. È un paragone che, secondo me, spiega quanto poco valido sia l’argomento di chi ritiene che i gruppi jihadisti rappresentino i musulmani e non invece un’interpretazione ideologica di questa religione, alla cui base ci sono concetti apparsi solo pochi anni fa all’interno del dibattito islamico.

Il primo attentato suicida da parte di un gruppo islamico è datato 1982, mentre l’ideologia jihadista nasce alla fine degli anni ’60 da Sayyid Qutb, che per la prima volta re-interpreta il concetto di Jahiliyya, ossia l’idea che ci si trovasse in uno stato di “ignoranza” della religione simile a quella degli anni precedenti all’Islam e fosse perciò legittimo combattere i regimi anti-islamici dell’area. Questa idea è stata quindi sviluppata dall’Imam giordano al-Maqdisi che sostiene come i musulmani non siano tenuti ad obbedire ai regimi che non rispettano la legge islamica e si debbano difendere con il jihad dall’aggressione imperialista occidentale (al-Wala’ wal-Bara’).

L’Islam moderato è una definizione sbagliata, non tanto perché non ci siano musulmani liberali, tolleranti e aperti alle altre culture, ma perché questa definizione serve ai gruppi islamici organizzati presenti in Europa per a presentarsi come gli interlocutori dei governi in diverse questioni politiche.

3. “Dobbiamo parlare con l’Islam moderato” — L’Islam moderato è una definizione sbagliata, non tanto perché non ci siano musulmani liberali, tolleranti e aperti alle altre culture, ma perché questa definizione serve ai gruppi islamici organizzati presenti in Europa per a presentarsi come gli interlocutori dei governi in diverse questioni politiche. Il punto è che queste organizzazioni non rappresentano altro che se stesse ed accreditarle come portavoce della comunità musulmana in Italia ed Europa sarebbe come accettare che un’associazione religiosa, come Comunione o Liberazione o l’Azione Cattolica sostenesse di rappresentare tutti i cattolici europei che vivono in Egitto o in altri paesi maggioranza islamica.

Inoltre spesso questi sono i gruppi i più conservatori all’interno della comunità islamica europea, che è molto diversa da come viene rappresentata. Secondo alcune ricerche, meno del 50% dei musulmani in Europa frequenta le moschee, molte delle quali sono controllate proprio da queste organizzazioni religiose, e sembra che questa percentuale stia addirittura scendendo in alcuni paesi, come l’Olanda(35%). Del resto i gruppi jihadisti ritengono che queste associazioni si siano piegate ai governi europei per avere dei vantaggi economici e politici e quindi la loro opinione non abbia alcuna influenza sui loro aderenti.

4. “I musulmani devono condannare questo attacco” — Di solito questa affermazione viene accompagnata dalla convinzione che i musulmani siano silenti nei confronti dei jihadisti, che è smentita da manifestazioni, prese di posizione, appelli e dichiarazioni che sono seguiti ai fatti sanguinosi di questi anni. In questo caso l’attacco è stata addirittura condannato da gruppi come Hezbollah e Hamas.

È difficile capire perché i musulmani abbiano il dovere di condannare ciò che altri appartenenti alla loro religione compiono contro chi non la pensa come loro. Come ha commentato ironicamente un mio amico, “sarebbe come chiedere ai napoletani di dissociarsi dalla camorra, ai cristiani da Brevik, ai leghisti da Roberto Sandalo e alle mamme dalla Franzoni”.

5. “Sono tutti terroristi” — Secondo un sondaggio di PEW Research, circa il 4% della popolazione nel mondo arabo ha un opinione positiva dell’Isis e quasi il 7% giustifica una parte delle sue azioni. Si tratta di percentuali preoccupanti, ma che danno l’idea di come la grande maggioranza della popolazione di questi paesi sia ostile nei confronti del jihadismo.

Non esistono sondaggi affidabili sulla popolazione musulmana in Europa, ma è ragionevole pensare che le percentuali di consenso e dissenso siano almeno simili. È inoltre opportuno sottolineare che esiste una differenza tra islamisti e jihadisti e che i primi hanno un consenso in genere molto più alto dei gruppi legati all’insurrezione armata. Gli islamisti, infatti, rappresentano le istanze più conservatrici della popolazione, e vedono nell’Islam un fattore identitario e politico per varie ragioni.

Una delle frasi che si sente spesso pronunciare dagli Imam musulmani è che l’ Islam sia la “religione della pace”.

6. “L’Islam è la religione della pace” — Una delle frasi che si sente spesso pronunciare dagli Imam musulmani è che l’ Islam sia la “religione della pace”. Questa argomentazione deriva dal fatto che l’arabo è una lingua basata sulle radici e che perciò 3 lettere indicano l’insieme concettuale a cui una parola si riferisce. Volendo fare un paragone improprio, è ciò che accade nella lingua italiana con la parola “Vestire”, le cui consonanti sono V-S-T, da cui derivano appunto “vestito” “vestizione”, ”vestaglia” ed altri termini simili.

Questi Imam sostengono che la parola “Islam” derivi dalla radice araba S-L-M, che è la stessa del termine “SaLaM”(pace) In verità però questo è un argomento capzioso, visto che l’evoluzione della lingua araba ha portato ad avere parole con significati diversissimi che hanno una base linguistica simile. Ad esempio la radice S-D-R include termini come “petto “(Sadr) e” sorgente”(Masdar) che evidentemente non hanno alcuna vicinanza etimologica.

7. “L’Islam è una religione violenta” — Esistono diversi passaggi del Corano che sono stati interpretati per giustificare azioni violente, ma ci sono anche parti del libro sacro dei musulmani che contengono degli inviti espliciti alla tolleranza religiosa e alla convivenza tra i popoli. Nonostante non ritenga che tutte le religioni affrontino allo stesso modo questo tema, è spesso la motivazione di chi legge a fargli scegliere quali passaggi sottolineare e quali lasciare da parte, adattando le citazioni alla sua etica e le sue scelte politiche o sociali.

Come spiega l’intellettuale irano-americano Reza Alsan in un video che è diventato molto popolare su internet, «l’Islam non promuove la pace o la violenza, l’islam è una religione e come tale dipende da ciò che tu prendi da questo credo». Ciò non significa negare che esistono diversi versetti coranici controversi che sono stati utilizzati dai jihadisti per giustificare le loro azioni, ma sottolineare come l’interpretazione sia sempre figlia del suo tempo e delle convinzioni di colui che legge.

In realtà in ambito non sunnita sono state eseguite in passato diverse immagini o miniature del profeta dell’Islam che si erano diffuse in diverse fasi storiche nell’Impero Ottomano e in Persia.

8. “L’Islam proibisce la rappresentazione grafica di Maometto” — Secondo questo interessante articolo di Christian Gruber, professore associato dell’Università del Michigan, non esiste un versetto o una parte del Corano o un hadith che proibisca la rappresentazione iconografica di Maometto, ma tale divieto deriva dall’ostilità della tradizione islamica nei confronti dell’idolatria.

In realtà in ambito non sunnita sono state eseguite in passato diverse immagini o miniature del profeta dell’Islam che si erano diffuse in diverse fasi storiche nell’Impero Ottomano e in Persia. Per quanto riguarda queste immagini c’è da sottolineare che la proibizione della rappresentazione visuale è stata rispettata soprattutto nei paesi arabi, meno negli altri stati a maggioranza islamica.

9. “L’Islam è incompatibile con la democrazia” — Diversi musulmani non hanno alcun problema a vivere sotto un governo democratico e molti di loro concordano con il principio della laicità dello Stato, inclusi i partiti laici che hanno conquistato la maggioranza nelle scorse elezioni in Tunisia. Esistono invece appartenenti a questa religione che ritengono necessario portare avanti la propria battaglia per i valori islamici facendo riferimento alla Shari’a di Stato.

L’accettazione dei principi di tolleranza e libertà di espressione dipendono perciò dal sistema di valori e dalle convinzioni dei singoli e dalla loro interpretazione religiosa. All’interno di una comunità di un miliardo e mezzo di persone, che si dividono per convinzioni politiche e ideologiche e che spesso non condividono lo stesso percorso storico, è inevitabile che ci siano delle grandi differenze.

10. “Tra qualche anno comanderanno loro” — Una delle paure più diffuse in Europa è che i musulmani possano diventare maggioranza in futuro. È un argomento usato anche dai jihadisti e da una parte degli islamisti che invece si sono convinti di poter aspettare per riuscire a salire al potere grazie alla demografia. In realtà si sbagliano. Secondo una ricerca del Pew Research, la percentuale di musulmani in Francia, che è la più alta nei paesi dell’Europa occidentale, dovrebbe raggiungere il 10% della popolazione nel 2030.

In generale, il crollo delle nascite in diversi paesi musulmani dovrebbe portare ad un decremento della crescita di popolazione in questi paesi, che si avvicinerebbe sempre di più a quella dei paesi occidentali. Inoltre lo stesso istituto di ricerca calcola che il numero di figli per donna in Europa si stia progressivamente avvicinando, per quanto riguarda le comunità musulmane, a quello delle famiglie non musulmane. Si stima che nel 2025-2030 il differenziale si ridurrà allo 0,4 rispetto allo 0.7 del periodo 2005-2010.
 

Nell’immagine: La Spianata delle Moschee di Gerusalemme. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)