Attualità

La geopolitica su Google Maps

La Crimea è ancora parte dell'Ucraina, almeno secondo Google, superpotenza delle mappe. Che però sa quando "mentire" ai suoi utenti, facendo per esempio credere ai cinesi di vivere in un mondo parallelo.

di Pietro Minto

«Le mappe funzionano»: è questa la loro caratteristica principale, come scriveva da Denis Wood in The Power of Maps. Sono visioni distorte, oblunghe e bugiarde di uno sferoide sospeso nello spazio, abilmente spalmate su un freddo piano. Non dicono la verità: ne inventano un’altra più comoda. Eppure funzionano e le abbiamo sempre usate, utili come sono. Ogni guerra, invasione e trattato di pace è sempre finito allo stesso modo, messo su carta tra macchie azzurre, verdi e blu. Secondo il grande cartografo John Brian Harley, «le mappe sono state, al pari di pistole e armi da combattimento, gli strumenti dell’imperialismo» occidentale. Disegnano un mondo diverso che noi prendiamo per nostro e che diventa inevitabilmente il nostro mondo: un bel giorno abbiamo deciso che il Nord sarebbe stato in alto e il Sud in basso, Mercatore ci ha raccontato la storiella dell’Europa più grande del Sud America, e oggi abbiamo tutti una visione distorta del mondo. L’importanza e l’ambiguità delle mappe non rappresentano una novità ma tornano in agenda ogniqualvolta un confine di stato cambia o scompare, esattamente com’è avvenuto poche settimane fa in Europa.

Google Maps si trova in questi casi tra due fuochi: consapevole del potere politico delle sue linee tratteggiate, adegua le sue carte con calma e pazienza. Così la Crimea, nell’applicazione online, rientra ancora nei confini dello stato europeo

La Crimea è una penisola del Mar Nero disperatamente aggrappata al continente da un lembo di terra. Fino a poco tempo fa era una regione indipendente dell’Ucraina ma dopo le ultime mosse del presidente russo Vladimir Putin e un plebiscito popolare, è tornata a far parte della Russia. Le ultime notizie parlano di altre manifestazioni e piccole rivolte popolari tra i filo-russi locali che ambiscono a tornare sotto l’egida del Cremlino. Comunque vada a finire, la Crimea è stata annessa – la Società geografica russa, organismo cartografo ufficiale del Paese, l’ha già aggiunto alla lista dei possedimenti nazionali – e l’Occidente non ne è contento. Google Maps si trova in questi casi tra due fuochi e, consapevole del potere politico delle sue linee tratteggiate, adegua le sue carte con calma e pazienza. Così la Crimea, nel sito, rientra ancora nei confini dello stato europeo, come nulla fosse successo, anche sulla base della regola della cartografia contemporanea secondo cui una modifica territoriale può entrare a far parte di una mappa ufficiale solo dopo il riconoscimento dell’Onu. Penny Watson, direttore responsabile della Oxford Cartographers, ha spiegato a Mashable il procedimento, ammettendo anche una piccola debolezza del suo mestiere: «se avessi un cliente interessato a una mappa da regalare in Russia, e si trattasse fosse una mappa politica, la farei dando a Crimea e Russia lo stesso colore».

Ogni mappa è una piccola bugia. Forse anche per questo Google, spesso finito nei guai per le rappresentazioni soggettive delle sue mappe, ha deciso di cambiare approccio per il suo servizio di cartografia, mostrando semplicemente a ogni Paese l’idea di mondo che esso vuole. Per ora la Crimea è rimasta ucraina sia per gli utenti occidentali che per quelli russi, però, e l’affare è arrivato anche alla Duma dove un deputato ha chiesto al governo di chiedere a Google il motivo dell’inesattezza. Il colosso digitale è nel mezzo di una mini-guerra fredda: da una parte è il più importante e utilizzato servizio nel settore mappe del mondo, dall’altro è una compagnia statunitense, uno dei fiori all’occhiello della Silicon Valley. Uno strapotere che ha finito col dare valenza geopolitica al suo servizio: e allora, dove schierarsi? Quale “verità” raccontare, quella russa o quella statunitense?

A breve Google potrebbe cambiare il suo approccio alla questione3, seguendo un modello comportamentale che porta avanti da qualche anno: dare a ogni Paese l’idea di mondo che ha in mente. Arunachal Pradesh è uno stato all’estremo nord-est dell’India conteso dalla Cina. Arunachal Pradesh è stato anche il banco di prova della dottrina Giano Bifronte di Google Maps che si può riassumere in questo assioma:

in caso di territorio conteso da due o più nazioni, è necessario mostrare due o più versioni del mondo cercando di andare incontro al desiderio degli attori in campo.

Visitando la regione dalla versione indiana del sito, Google.co.In, la si vede rispettare i reali confini politici dell’area, con i caratteri della lingua cinese a dividere ulteriormente i due micro-mondi.

Usando invece la l’edizione cinese, google.cn, i confini rappresentati dalla linea continua nera cambiano profondamente, facendosi più ambigui, quasi a includere la regione Arunachal Pradesh.

Può sembrare una banale furbizia diplomatica tra superpotenze – politiche e digitali – ma è qualcosa di più: Google sta infatti creando diverse realtà e visioni del mondo evitando di rappresentarlo per quello che è, favorendo invece pruriti nazionalistici, irredentismi e ambizioni d’espansione. Il tutto per  seguire le diverse esigenze dei suoi “clienti”.

Anche i mari possono cambiare nome: il Golfo Persico rimane Golfo Persico in tutto il mondo ma non accedendo al sito degli Emirati Arabi Uniti, google.ae, dove diventa magicamente “Arabian Gulf”.

Associare la guerra a Google Maps pare un esercizio ridicolo, eppure i due concetti sono già entrati in collisione nel novembre del 2010, quando un errore del servizio online scatenò la reazione armata del Nicaragua, che invase il Costa Rica. Successe che un aggiornamento di Maps modificò i confini dei due Paesi spingendo un commando militare nicaraguense a conquistare una postazione del Paese confinante. All’epoca, sul New York Times, Frank Jacobs la definì la «prima guerra scatenata da Google Maps», ricordando che le linee disegnate da Google nelle sue mappe non hanno alcuna valenza ufficiale, «[e]ppure, a causa della sua ubiquità, [l’azienda] è spesso l’arbitro di prima istanza per confini e toponimi».

Google si scusò ufficialmente spiegando la svista e approfondendo la questione del confine tra i due Paesi, effettivamente molto confusa e discussa sin dal 1888, quando l’allora presidente Usa Grover Cleveland fu chiamato da Costa Rica e Nicaragua per chiarire in via definitiva la questione.

Sono tutti esempi molto chiari dell’enorme peso geopolitico ottenuto da Maps nel corso degli anni, grazie al servizio semplice, veloce, gratuito e – di solito – attendibile che offre. Tutte qualità che hanno creato un piccolo mostro quando dietro a quelle linee si celano rancori, ambizioni e sete di potere, ennesima conferma della valenza politica di Mountain View. «La cartografia è un compito complesso» disse nel 2010 Charlie Hale, specialista in geopolitica della società, «e i confini cambiano di continuo». Ma Google sembra aver capito come levarsi da ogni impiccio: disegnando mappe per tutti i gusti, per tutti i governi.

 

 

Immagini: screenshot da Google Maps; confronto tra Google Maps e Bing Maps (via); articolo dal New York Times del 25 Marzo 1888 (via); “La Crimea se ne va”, di Jacopo Marcolini