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Chi vuole liberare Britney Spears?

I motivi del movimento #FreeBritney, che su Twitter è tornato in tendenza, anche in Italia.

di Corinne Corci

Dal profilo di Britney Spears

Piroetta, giravolta, si rompe il metatarso del piede. È la sintesi del video di Britney Spears che a febbraio abbiamo guardato in molti, forse lo riguardiamo ciclicamente, condiviso sulle chat perché ci faceva ridere – “emblema della mia vita” – confinandoci in una strana posizione tra la partecipazione emotiva, il divertimento e l’inquietudine. Da oltre un anno il profilo Instagram di una delle più famose performer del ventunesimo secolo è diventato l’espressione di uno strano declino, di una strana Britney (ne parlavamo qui), così da farci domandare se fosse manipolata, sedata, lobotomizzata, una mannequin di cui tutti vorrebbero una pezzo (“You want a piece of me? / You want a piece of me”, cantava lei). Ma se fino a poco tempo fa per i fan meno devoti, Britney stava semplicemente abbandonando le spoglie di quella che per anni è stata definita da Forbes come una delle celebrità più potenti del mondo per diventare un meme vivente, nelle ultime settimane alcune nuove stranezze hanno riportato l’attenzione sulla delicata situazione in cui versa Spears, tanto che #FreeBritney è da giorni in tendenza su Twitter, anche in Italia.

#FreeBritney, Britney libera, è il modo con cui da tempo i fan esprimono la propria preoccupazione per la cantante che, a 38 anni, è soggetta alla cosiddetta “conservatorship”, concetto che consiste nell’affidamento di un tutore – in questo caso di Jamie Spears, suo padre, e di un avvocato – in quanto ritenuta incapace di intendere e di volere: una particolare forma di tutela legale che le è stata imposta nel 2008, a seguito dei problemi di salute mentale risalenti all’anno precedente, quando era apparsa in pubblico con la testa rasata, aveva provato a picchiare un paparazzo con un ombrello. Da allora, in California, alla popstar non è permesso sposarsi, disporre personalmente delle sue finanze (riceve infatti 1.500 dollari al mese, indicativamente finalizzati al cibo e a pagare le bollette), non può guidare, restare incinta, rilasciare dichiarazioni o gestire i propri social in modo autonomo, vedere i propri figli da sola, parlare con qualcuno che non appartenga alla sua famiglia, addirittura le sarebbe stato impedito di cantare con la sua “vera voce”, e quindi senza usare il falsetto, da bambina, a cui siamo abituati.

Da qui, il principale dubbio di quanti la seguono da sempre: se sta talmente male da necessitare una simile interdizione, com’è possibile che in questi 12 anni Britney abbia realizzato quattro album (Circus, Femme Fatale, Britney JeanGlory), tre tour mondiali, partecipato a X Factor in qualità di giudice, lanciato linee di profumi e di intimo? Tanto che la teoria largamente diffusasi è quella secondo cui suo padre, che per il suo ruolo di tutore incassa 130 mila dollari l’anno, utilizzi la figlia come “bancomat”, un oggetto da impiegare a piacimento per poi riporre da qualche parte, chiudere a chiave. Jamie Spears, inoltre, avrebbe di recente chiesto al Tribunale della California, dove ad agosto dovrebbero tenersi le nuove udienze sul rinnovo della tutela legale, di poter mantenere il suo ruolo.

Nuove polemiche, #FreeBritney in tendenza. Ma non c’è solo questo. «Britney, se ti serve aiuto, indossa una maglia gialla nel prossimo video», ha commentato un utente a un suo video di TikTok del 24 giugno. Lo stesso giorno su Instagram, la cantante ha postato una serie di foto, «le ho scattate due settimane fa», indossando proprio una maglietta gialla, così che in molti (tra cui il profilo @dietprada, che ha riaperto il dibattito) hanno iniziato a ravvisare in alcuni gesti e post di Britney messaggi in codice, richieste d’aiuto. E poi fiori, tantissimi, «siamo fragili come una rosa», la citazione di un romanzo indiano la cui protagonista cerca di fuggire dal padre, le sempre più frequenti sparizioni sui social (l’ultima volta a gennaio 2020) e dalla vita pubblica, monitorate da Tess Barker e Barbara Gray, che nel novembre del 2017 hanno lanciato il podcast “Britney Gram”. Le improvvise dimissioni del suo co-tutore, l’avvocato Andrew Wallet, che qualche tempo prima aveva chiesto e ottenuto un aumento sul suo stipendio annuale a 426.000 dollari, la diretta Instagram a febbraio 2020 in cui il figlio di Britney, usando un finto profilo, denunciava gli abusi del nonno nei confronti della madre. Poche ore fa, Sam Asghari, il fidanzato della popstar, ha scritto su Instagram: «Il luogo e il modo in cui sono cresciuto mi hanno sempre permesso di comprendere e sostenere i diritti delle donne, e credo che le donne debbano essere libere di fare le loro scelte».

Nel moltiplicarsi delle teorie, e delle riflessioni circa la necessità o meno di un “movimento” per liberare Britney, c’è chi ha assunto una posizione contraria come Emily Yahr sul Washington Post, che ha parlato di “teorie cospiratorie” citando un episodio del 2019, quando alcuni fan, ipotizzando che Britney si trovasse in una clinica di salute mentale («non fidatevi delle chiacchiere, sto bene», aveva assicurato lei in un video) contro la sua volontà, avevano rianimato la questione. «Anche se questa preoccupazione nasce da buone intenzioni, il movimento potrebbe portare maggiore confusione in una mente già delicata. Gli esperti di salute mentale affermano che la privacy è una parte essenziale del trattamento dei problemi psicologici. E Spears, in una simile condizione, ne ha davvero poca», ha scritto Yahr. Nel frattempo Britney è diventata marxista, pittrice, motivatrice, forse una vittima, ogni commento ai suoi post con l’hashtag #FreeBritney viene immediatamente rimosso. E noi non possiamo far altro che aspettare, guardare dallo spioncino virtuale nella sua stanza tutta per sé, spiare le sue coreografie, sperare che ritorni la Britney di un tempo, sempre che ci sia stata. Che Britney possa finalmente essere di nuovo Britney, one more time, ancora una volta.